Il vero buco nero del Pnrr sono gli asili nido

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C’è un buco nero nel PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che doveva rilanciare il Paese dopo la crisi del Covid-19, e riguarda chi la pandemia non l’ha vissuta: i bambini da 0 a 6 anni. Per realizzare 150.480 nuovi posti negli asili nido e nelle scuole d’infanzia entro giugno 2026, l’Unione europea ha destinato all’Italia 3,24 miliardi di euro (che diventano 4,57 con l’integrazione delle risorse nazionali). Per raggiungerlo, arrivati questo punto avremmo già dovuto spendere 1,7 miliardi di euro. Eppure, l’Ufficio parlamentare di bilancio ha certificato che appena 816,7 milioni di euro sono stati utilizzati: la metà di quanto dovuto e appena il 25 per cento del totale delle risorse europee. Di questo passo, secondo l’Upb, il target finale sarà irraggiungibile anche nella migliore delle ipotesi: l’Italia dovrà piuttosto darsi da fare per contenere al minimo le perdite e ridurre il più possibile il divario tra aspettative e realtà.

Gli obiettivi iniziali del Pnrr erano in verità ancora più ambiziosi. Nella prima versione del piano, l’Italia sperava di creare in tempi brevi 264.480 nuovi posti tra asili nido e scuole dell’infanzia. Di fronte alle prime difficoltà l’Ue aveva accettato di ridimensionare il traguardo finale a poco più di 150 mila posti, concedendo fino alla metà del 2026 per realizzarli. Allo stato attuale, però, la meta sembra molto lontana. Su 3.199 progetti totali, 81 sono ancora in fase di progettazione, 2.240 si trovano ancora in piena esecuzione, mentre solo 420 sono avviati alla conclusione. Di 440, poi, non si ha alcuna informazione. Anche in questo caso le disparità geografiche sono notevoli: al Nord si concentra la maggior parte dei progetti in fase conclusiva, mentre il Sud è l’area più arretrata in quanto a lavori in esecuzione. Considerando che il tempo stimato per completare opere simili è di 2 anni e quattro mesi, l’Upb segnala che sarà impossibile ultimare entro giugno 2026 i lavori non ancora affidati.

Inizialmente la realizzazione del piano era stata frenata dalla modalità scelta per la distribuzione delle risorse. Nelle prime fasi del PNRR, infatti, i comuni potevano candidarsi liberamente ai bandi per il potenziamento di scuole d’infanzia e asili nido, senza discriminanti per i territori che potevano già vantare una buona copertura dei servizi. Per evitare queste distorsioni si è quindi passati a un approccio centralizzato, dove è stato il Ministero dell’Istruzione a individuare le aree più bisognose di questi interventi. Tuttavia, nemmeno questa strategia ha risolto il problema, dal momento che molti comuni destinatari delle risorse hanno rinunciato ai fondi. Di conseguenza, il 98 per centro dei piccoli centri con meno di 500 abitanti è rimasta fuori dalla distribuzione, lasciando intere aree senza alcuna offerta educativa per i più piccoli. Al contrario, l’89 per cento dei comuni con più di 100 mila abitanti è stato interessato da almeno un intervento.

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Nonostante i tentativi di miglioramento, l’Ufficio parlamentare di bilancio ha sottolineato che rimangono forti perplessità sul raggiungimento degli obiettivi, sia in termini quantitativi che temporali. Secondo nessuno scenario di stima, infatti, sarebbe possibile tagliare il traguardo di 150.480 posti entro giugno 2026. Nella migliore delle ipotesi lo scarto si dovrebbe limitare a circa 500 posti in meno delle previsioni, ma nella peggiore il divario potrebbe arrivare a 26.200 posti in meno. Nel mezzo si colloca lo scenario che prevede le minori correzioni rispetto ai dati dichiarati, per cui il gap si attesterebbe intorno ai 17.400 posti in meno del target.

A parziale consolazione, l’Upb segnala che se anche gli obiettivi del PNRR non dovessero essere raggiunti, quelli meno ambiziosi del Piano Strutturale di Bilancio non sarebbero compromessi. Per questi ultimi, essenziali per consentire l’estensione a 7 anni del periodo di aggiustamento dei conti pubblici, basterebbe infatti garantire un posto negli asili nido al 33 per cento dei bambini tra 0 e 3 anni a livello nazionale. Su scala regionale l’obiettivo minimo scenderebbe al 15 per cento della copertura, una soglia alla portata di tutti anche per “merito” del declino demografico. A non risolversi, in ogni caso, sarà il problema dell’accesso ai servizi per l’infanzia nei piccolissimi comuni e nelle aree periferiche, per cui nemmeno una completa realizzazione del PNRR sarebbe sufficiente.



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