Scuola 2025: ripensare l’educazione nell’era della complessità digitale

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Ogni società definisce le finalità della propria scuola. Ad esempio, nella società italiana del secolo scorso, la scuola ha avuto una funzione primaria riguardante l’alfabetizzazione delle masse (“sapere leggere, scrivere e far di conto”) e una secondaria relativa alla selezione e formazione della classe dirigente.

Oggi la società è diversa e diverse dovrebbero essere le finalità, ma la struttura, l’organizzazione, i modi di apprendere e i contenuti sono pressoché uguali a quelli di una volta.

Trasformazioni sociali e sfide educative

Le trasformazioni sociali in atto suggeriscono come la scuola dovrebbe cambiare non solo per assecondarle, ma anche per contrastarne gli aspetti negativi, creando modelli di vita compatibili con una società giusta, etica e sostenibile.
Questa è la sfida che la scuola deve fronteggiare.

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L’economia attuale si caratterizza per la globalizzazione, l’automazione e la delocalizzazione dei processi produttivi e distributivi, la finanziarizzazione, la concentrazione delle ricchezze e del potere nelle mani di pochi con un forte aumento delle diseguaglianze e della precarietà. Nella produzione del valore delle merci, è diventato determinante il ruolo della conoscenza e quello delle tecnologie digitali. Cresce il terziario, è stabile il secondario, diminuisce drasticamente il settore primario. Si producono sempre più beni per una popolazione che è quattro volte quella del secolo scorso, consumando in modo irreversibile le risorse del pianeta.

L’intensificarsi di eventi naturali catastrofici rendono evidenti i problemi ambientali, ponendo con forza il problema di favorire modelli di vita che permettano uno sviluppo equo e sostenibile.

In politica, si assiste al declino dei partiti tradizionali, al diffondersi del populismo e dei nazionalismi, all’incremento dell’astensionismo e alla crescita di movimenti per i diritti civili e movimenti ambientalisti.

Le guerre mettono a rischio la sopravvivenza del genere umano. Nuovi modelli di famiglia affiancano quella tradizionale. Avanza l’emancipazione femminile. La natalità diminuisce e invecchia la popolazione. I fenomeni migratori modificano la composizione sociale. Si affermano nuovi valori culturali con prevalenza di un forte individualismo, di un esasperato consumismo, di una secolarizzazione diffusa, di un diminuito desiderio di partecipazione alla vita sociale.

I giovani soffrono particolarmente di questa situazione. Galimberti scrive:

«Chi più sconta la sostanziale assenza di futuro che modella l’età della tecnica sono i giovani, contagiati da una progressiva e sempre più profonda insicurezza, condannati a una deriva dell’esistere che coincide con il loro assistere allo scorrere della vita in terza persona. I giovani rischiano di vivere parcheggiati nella terra di nessuno dove la famiglia e la scuola non ‘lavorano’ più, dove il tempo è vuoto e non esiste più un ‘noi’ motivazionale».

Impatti della rivoluzione digitale

I nativi digitali trascorrono oltre sei ore al giorno con dispositivi digitali: giocano, navigano, ascoltano musica, restano connessi con gli amici, fruiscono e producono contenuti multimediali più o meno leciti. Ma non sono esperti nel fare ricerche, non sanno strutturare una comunicazione, sono estranei al pensiero computazionale. Paradossalmente, i mezzi creati per connettere possono indurre un senso di isolamento.

La rivoluzione digitale è uno dei motori principali del cambiamento. Il digitale demolisce il monopolio degli scritti nella produzione, conservazione e diffusione del sapere e integra gli scritti nelle infrastrutture regolatrici dei rapporti sociali (burocrazia, banche, comunicazione, commercio ecc.). Gli illuministi ritenevano che tutta la conoscenza umana potesse essere contenuta negli scritti, oggi possiamo ragionevolmente affermare che buona parte della conoscenza esplicita dell’umanità è contenuta in rete sotto forma di oggetti digitali, costituiti da risorse, come file, documenti, testi, immagini, video, APP, software o insiemi di dati, immagazzinati nei dispositivi digitali e nei cloud disseminati nel mondo.

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La rivoluzione digitale distrugge il monopolio degli scritti nella gestione del sapere, agendo a ondate, come uno tsunami, con innovazioni devastanti che si propagano velocemente a tutta la società. Nel 1968, la prima ondata fu innescata da Federico Faggin, che integrò una CPU in un solo chip, dando origine a generazioni di microprocessori, sempre più performanti, che permisero lo sviluppo e la diffusione di dispositivi di largo consumo, tra cui PC e smartphone. Una vasta utenza oggi dispone di potenti dispositivi (hardware) e oggetti digitali (software) che hanno un enorme impatto sull’infrastruttura sociale che regola i rapporti umani, sui modi di comunicare e su come la conoscenza è prodotta e disseminata. Oggi, in qualsiasi campo, chi vuole apprendere non può prescindere dal digitale.

L’irruzione dell’intelligenza artificiale

Nel novembre del 2022, si è generata una nuova ondata, quando OpenAI rilasciò ChatGPT che in una settimana ebbe più di un milione di utenti. Un settore dell’informatica, rimasto sotto la cenere per lungo tempo, cominciò a manifestarsi alla pubblica opinione: l’Intelligenza Artificiale (IA). Non che applicazioni dell’IA non fossero già largamente diffuse in tutti i campi, tuttavia, è con le chatbot che il grande pubblico prende coscienza dell’esistenza dell’Intelligenza Artificiale, delle sue potenzialità e delle problematiche connesse. Le enormi potenzialità offerte dall’IA sono oggi disponibili per chiunque abbia un dispositivo digitale connesso in rete e in modo particolare per studenti e docenti.

A fronte di queste trasformazioni non bastano interventi settoriali che modificano qualche aspetto della scuola, ma è necessaria una scuola nuova, diversa da quella che conosciamo. Dunque, la sfida per il futuro è elaborare una visione di come deve essere questa nuova scuola, definire tappe e cammino per arrivarci e inserire gli interventi annuali in questo quadro di riferimento. Visione che è mancata nella definizione delle azioni del PNRR.

La necessità di una nuova visione educativa

Ecco qualche idea per avviarsi su questa strada.

La scuola è un sistema complesso e per progettare una scuola nuova bisogna tenere presente tutte le componenti, di cui le principali sono:

    • Studenti;
    • Finalità;
    • Struttura, organizzazione
    • Spazi e infrastruttura tecnologica;
    • Curricula, didattica e modi di apprendere;
    • Formazione docenti.

Dei ragazzi si è detto. Per questi giovani non hanno valore le finalità della scuola tradizionale. Per vivere nella società attuale tutti i cittadini devono essere digital literate. Il Quadro delle Competenze Digitali per i Cittadini (DigComp), elaborato dalla Commissione Europea, dà un’idea di cosa voglia dire essere digital literate (figura 1).

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Figura Competenze di un digital literate

Anche l’organizzazione scolastica classista che chiedeva alla scuola di selezionare i dirigenti nei licei, i quadri, negli istituti tecnici e gli operai, nelle professionali, è travolta dalla rivoluzione digitale che rende imprevedibili lavori, competenze e ruoli futuri in una società liquida caratterizzata da veloci trasformazioni. Oggi la selezione segue nuove vie, spesso legate al censo e alla fedeltà a chi comanda. Ma se le esigenze a cui rispondeva non sono più valide, dobbiamo chiederci a che cosa serva la scuola oggi.

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A cosa serve la scuola oggi:componenti della nuova scuola

La scuola ideale di una società ideale è un’istituzione che mira a mettere in grado i giovani di vivere e operare con soddisfazione nel contesto sociale in cui vivono, contribuendo allo sviluppo della società e al benessere collettivo. Come è possibile approssimarsi a questo ideale? Innanzitutto i giovani dovranno acquisire quelle che la comunità europea chiama competenze chiave (figura 2)

Sviluppare competenze per affrontare i cambiamenti – Creativ Learning

Figura Competenze chiave

Poi è necessaria una scuola capace di fare emergere il talento (il daimon dei greci) di ogni studente e di potenziarlo per metterlo in grado di vivere una vita soddisfacente in armonia con l’ambiente sociale e biofisico. Questo è l’unico modo di motivare i ragazzi che oggi, se studiano, è principalmente per paura dell’interrogazione. Amartya Sen chiama capabilities la possibilità di scegliere i modi di essere e di fare degli individui durante la loro esistenza. Questo approccio, proposto per valutare il benessere delle nazioni, può essere trasferito alla scuola e costituire la sua primaria finalità.

Ciò richiede una struttura e un’organizzazione differente da quella attuale (figura 3), con quattro livelli scolari e la separazione tra licei, istituti tecnici e formazione professionale, funzionale a formare dirigenti, quadri e operai. Per soddisfare le nuove esigenze ci vuole una scuola diversa in cui i primi anni siano dedicati a sviluppare le competenze base e a scoprire i talenti individuali, mentre gli anni successivi servirebbero per potenziare queste qualità. A tal fine ci vorrebbe una scuola unitaria che lasci una certa libertà di scelta dei corsi, come ad esempio nel sistema finlandese (figura 4). Al termine di questo percorso i ragazzi potrebbero accedere a istituti tipo gli attuali ITS, estesi anche all’ambito umanistico. Ecco una sfida per il 2025 compatibile con questa visione.

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Figura Struttura della scuola italiana

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Figura Struttura del sistema scolastico finlandese

Organizzazione dei curricula e metodi didattici

L’organizzazione dei curricula, tipica della scuola attuale, ossificata nelle cosiddette linee guida e nei libri di testo, crolla non solo di fronte dell’enorme disponibilità di risorse facilmente accessibili in rete, ma anche per la sua inadeguatezza nel catturare e rendere coscienti i giovani della crescente complessità del mondo in cui vivono. Mentre la scuola attuale riflette i connotati di una cultura libresca, frazionata, monomediale, chiusa, lineare, unidirezionale, individuale, la scuola nuova fa proprie le caratteristiche di una cultura digitale le cui caratteristiche sono la multimedialità, l’apertura, la reticolarità, l’interattività e la collaborazione.

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La frammentazione disciplinare, la scansione oraria del tempo scolastico e una didattica basata su lezioni, studio a casa e interrogazioni è estranea ai modi di essere e di apprendere dei nativi digitali che vivono in un universo multimediale, aperto, connesso, interattivo e sociale, disponendo anche di potenti strumenti di Intelligenza Artificiale. Nella scuola nuova l’apprendimento riguarda non solo lo sviluppo di capacità relative a specifici domini di conoscenza, ma anche la comprensione di ciò che avviene nel mondo, suscitando curiosità, desiderio di capire, coinvolgimento emotivo, voglia di acquisire gli strumenti culturali, scientifici e tecnologici necessari.

E, in questo contesto, l’apprendimento è in primo luogo il risultato di una didattica attiva (didattica per progetti, debating, flipped classroom, apprendimento cooperativo, giochi di ruolo, simulazioni, didattica laboratoriale, serious game ecc.) in cui lo studio individuale è stimolato da un reale desiderio di capire e di interagire con gli altri, compresi gli insegnanti che fanno lezione. I modi di apprendere e i contenuti della scuola nuova dovrebbero contribuire a creare modelli di vita compatibili con uno sviluppo sostenibile di una società fondata sull’empatia, il rispetto, la collaborazione e la comprensione di quanto avviene nel mondo.

Spazi e infrastrutture scolastiche

Una didattica, centrata sugli studenti, richiede spazi diversi dagli edifici scolastici attuali e tempi diversi da quelli scanditi da una frammentazione oraria del tempo passato a scuola. Le linee guida del Ministero su come costruire e ristrutturare gli edifici scolastici sono un buon inizio, ma la sfida è ora attuarle per le nuove scuole e la ristrutturazione di quelle esistenti. A questo proposito va ricordato il finanziamento del PNRR ai comuni per la costruzione di scuole per la prima infanzia, specialmente nel sud. Qui la sfida per il 2025 è riuscire a costruire queste strutture nei tempi previsti, in accordo con le linee guida e, soprattutto, assumere il personale necessario per farle funzionare.

Tecnologia e formazione del personale docente

Con il PNRR, la maggioranza delle scuole è stata dotata di connessioni, monitor touch screen, LIM e proiettori, nonché di maree di tablet e laptop. Una sfida per il 2025 è completare i programmi di connessione degli istituti scolastici, ed anche definire come estendere e rendere sostenibile nel tempo la dotazione di dispositivi digitali per i ragazzi. Sarebbe utile avviare un’indagine per verificare l’impatto di queste azioni sulla didattica e i curricoli.

Ma questo non basta a colmare il digital divide tra gli studenti. Le connessioni e i dispositivi sono condizioni necessarie, ma non sufficienti, se non cambiano contemporaneamente tutti gli altri elementi che costituiscono il sistema scuola, e in primo luogo la formazione iniziale e l’aggiornamento dei docenti in servizio, a cui è sempre meno richiesto di essere trasmettitori di contenuti e sempre più educatori empatici e progettisti di ambienti di apprendimento, capaci di sfruttare le potenzialità del digitale e dell’intelligenza artificiale.

Infatti, il profilo professionale degli insegnanti si sta rapidamente modificando ed esistono diversi quadri di riferimento che tentano di descriverlo per aiutare i docenti a verificare il proprio livello di competenza pedagogica digitale e di svilupparla ulteriormente. Uno di questi è il quadro di riferimento europeo per le competenze digitali dei docenti, denominato ‘DigCompEdu’. Un altro è il quadro delle competenze ICT per gli insegnanti (ICT CFT) definito dall’UNESCO per indirizzare la formazione degli insegnanti in servizio e pre-servizio sull’uso delle tecnologie digitali nell’educazione. Da questi profili emerge una figura di docente come professionista con alta professionalità, che merita il riconoscimento di uno status sociale e di un trattamento economico diversi da quelli attuali.

Una visione futura

In mancanza di una visione innovativa, il PNRR ha previsto un grosso finanziamento a pioggia alle scuole per le azioni di aggiornamento degli insegnanti in servizio. Nel 2025, sarebbe utile un’indagine per verificare che cosa è cambiato.

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La sfida per il futuro è, dunque, ripensare l’intero sistema educativo, in modo che, partendo dalla consapevolezza dei problemi del mondo, coltivi individui in grado di migliorarlo, vivendo vite in armonia con l’ambiente e la società. Farlo richiede l’elaborazione di una visione di una scuola nuova, che può scaturire dalla considerazione dell’esperienza dei Paesi che già hanno affrontato questa sfida, dalla conoscenza dello stato dell’arte delle ricerche sull’innovazione scolastica, e, soprattutto, da un confronto tra tutti i soggetti interessati alla felicità e al benessere dei nostri ragazzi.

Note

U. Galimberti, L’ospite Inquietante, Feltrinelli, 2007



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