Il decreto n. 85 del 29 maggio 2024 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha ridisegnato la disciplina del salvamento acquatico italiano, scatenando un’ondata di critiche da parte degli operatori del settore, in primis dalla Federazione italiana salvamento acquatico.
Sin dalla sua nascita, la Fisa si è sempre occupata della formazione professionale degli assistenti bagnanti e non solo. Anche l’idea della riforma del salvamento è partita dalla Fisa, che più di tutti voleva una regolamentazione in questo settore. Il decreto avrebbe dovuto essere il risultato di un percorso costruttivo tra tutti i referenti del salvamento acquatico italiano, cioè enti formatori, soccorritori acquatici, fornitori diretti di servizio di assistenza e salvataggio, insieme agli enti pubblici come la guardia costiera. Ma così non è stato. Non c’è stato alcun tavolo di discussione, e la cosa grave è che è stata data alla norma una connotazione prettamente sportiva. Lo sport a tutela e soccorso della vita umana?
Questo decreto avrebbe dovuto riflettere le reali esigenze professionali e le competenze richieste in un settore cruciale per la sicurezza pubblica. Invece il provvedimento privilegia alcuni aspetti pericolosi, come allungare la validità dei brevetti e rimuovere la guardia costiera dalle commissioni valutative per il rilascio dei brevetti. Come presidente Fisa sono molto preoccupato per le future generazioni, verso le quali abbiamo grandi responsabilità e a cui devono essere lasciate delle leggi fatte da professionisti, a vantaggio della popolazione.
Il decreto n. 85/2024 prevede di far sparire la figura del maestro di salvamento. Di conseguenza tutti coloro che erano già professionalmente addestrati, con un bagaglio in termini di esperienza e preparazione, vengono sostituiti dalla nuova figura sportiva di allenatore di nuoto per salvamento, nonostante questa figura sia nata e svolga la sua attività in piscina.
Un altro aspetto contro cui punto il dito riguarda le modalità d’esame e di rinnovo dei brevetti. A questo proposito, avrebbero dovuto essere ben altri i punti su cui discutere. Prendiamo come esempio i reparti operativi dello Stato nell’ambito del soccorso e salvataggio, come i vigili del fuoco: questi devono fare prove annuali, visite mediche e prove di efficienza fisica con equipaggiamento tecnico avanzato e, a loro supporto, elicotteri e motovedette. Al contrario, oggi i bagnini devono coprire 150-200 metri di costa con responsabilità enormi, sfruttati e sottopagati da questo sistema, senza nemmeno l’esistenza di un albo. Insomma, si tratta di una situazione davvero incredibile e su questo si sarebbe potuto discutere. Oltretutto, un bagnino che viene formato a livello sportivo ma non professionale è un rischio. Infatti, il nuoto tecnico operativo di salvamento è diverso dal nuoto classico.
Come Fisa avevamo chiesto di affrontare queste e altre criticità, come per esempio la necessità di studiare un equipaggiamento idoneo per tutti gli assistenti bagnanti e di prevedere moto d’acqua e rescue board ogni determinato numero di metri, in considerazione della conformazione della costa. Insomma, chiedevamo una riforma che avesse un respiro complessivo e mettesse il mondo del salvataggio italiano al passo con quanto avviene in altri paesi come Usa, Australia e Spagna. Al contrario, questa riforma rappresenta un passo indietro anche sulla didattica. Non da ultimo con il nodo dell’età, tra lo stop ai ragazzi di 16 anni nel mondo del lavoro e agli over 50.
Un bagnino cinquantenne ha esperienza, sa cosa può accedere prima dell’inevitabile. Invece, purtroppo si è innescato un meccanismo per cui viene eliminato chi ha un occhio più critico e responsabile, con capacità fisiche idonee, e riesce a prevenire eventuali incidenti. Allo stesso modo, ci sono ragazzi di 16 anni che hanno ottime capacità natatorie e che, se formati professionalmente, possono salvare vite.
La Fisa si sta comunque adeguando al decreto, auspicando che non sia stato fatto volutamente per danneggiare la nostra federazione. La legge va comunque rispettata, in attesa che il governo verifichi i suoi regolamenti.
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