Delmastro show davanti alla scuola di Carmagnola, dalle «stupidaggini» di Brecht al «Padrino»

Appena lasciano il microfono ad Andrea Delmastro, per entusiasmo, foga, tono, non c’è partita. Dalla difesa delle forze dell’ordine — «attaccate da delinquenti e sbandati, anche qui a Torino, scene da Sudamerica» — alla lotta alla criminalità organizzata — «una serpe perdente» — fino al cinema: «La mia generazione era quella che aveva il film Il Padrino, oggi invece l’Italia esporta l’antimafia».

C’è pure una parentesi di teatro: «Quando leggevo la frase di Bertold Brecht (“Beato quel Paese che non ha bisogno di eroi”, ndr) mi sembrava una stupidaggine: perché il mito è nato da Falcone e Borsellino, due eroi nazionali».

Davanti agli studenti dell’istituto superiore «Baldessano Roccati» di Carmagnola, si celebra la «Giornata regionale della gratitudine alle forze dell’ordine per il contrasto alle mafie». 

Non è un posto qualunque, se in queste terre s’era infiltrata la ‘ndrangheta, colpita dall’inchiesta Fenice-Carminius, poi diventata maxiprocesso e condanne, alcune già sigillate dalla Cassazione. Per questo, sempre sul palco, ci sono uomini e donne di polizia, carabinieri e guardia di finanza, che in tempi diversi hanno contribuito all’indagine. 

E c’è il pubblico ministero Paolo Toso, per una vita alla Dda, uno dei magistrati che quell’inchiesta hanno coordinato. Oltre, last but not least, un dirigente della polizia penitenziaria, perché «il sottosegretario alla Giustizia ci teneva»; e l’assessore regionale Maurizio Marrone. 

Con orgoglio, rivendica le vittorie dello Stato: «Falcone e Borsellino hanno vinto; Messina Denaro avrà anche avuto 27 Rolex, ma dentro a un caveau, vivendo come un topo». Morale: «È cambiata l’aria». Da «Il Padrino», all’antimafia: «Il mondo studia la nostra normativa: la droga non passa per i porti italiani, ma per quelli del Nord perché sanno che le nostre forze dell’ordine sono avanti». Eppure, Gioia Tauro pare non essere estraneo a traffici illeciti. Ribadisce la massima fermezza nel carcere duro per i mafiosi: «Se hai sciolto un bambino nell’acido non esci, ti tombo lì dentro». 

Altro strumento, le misure di prevenzione: «Lo Stato aggredisce subito il patrimonio della malavita, quei soldi fatti con il pizzo, lo spaccio di droga: io non aspetto le condanne in Cassazione, ma ti porto via tutto». Nonostante più di un avvocato, stessa professione del sottosegretario di Fratelli d’Italia, qualche domanda sulla costituzionalità della normativa se la ponga. Macché: «Prima l’Europa ci criticava, oggi ci studia».

Ben più pacato, nei toni e nei giudizi, Toso: «Non dobbiamo dimenticarci che un magistrato al nord, Bruno Caccia, fu ucciso dalla ‘ndrangheta, che ha preso il controllo della criminalità a Torino, costruendo una rete, disgregata da una serie di operazioni, ma tutt’altro che sconfitta». 

Non è solo una questione di diritto penale, ma di educazione civica: «La legalità non è un valore, ma una condizione, e significa il rispetto delle regole, della Costituzione, per la quale siamo tutti uguali davanti alla legge». Messaggio ai ragazzi che l’ascoltano: «La mafia sfrutta gli sfigati: chi si fa comandare per 100 euro e non vi riconosce un valore, con fanno invece i vostri insegnanti o l’allenatore con il quale fare sport». 

Insomma, «se la ‘ndrangheta non troverà sfigati, per lei sarà sempre più dura: possono avere mitra e cocaina, ma senza mano d’opera non ce la fanno». Tocca a tutti, a partire dai giovani: «Tutto ha senso solo se i ragazzi contribuiranno, facendo i cittadini. Una barriera per i mafiosi, che sì, sono degli sfigati».

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