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Per sradicare  il lavoro minore “non possiamo essere complici”. Nell’udienza del 15 gennaio scorso Papa Francesco è intervenuto duramente ancora una volta sullo sfruttamento dei bambini appellandosi a tutti. Essere complici – ha spiegato il Papa – è “ad esempio quando acquistiamo prodotti che impiegano il lavoro dei bambini. Come  posso mangiare e vestirmi sapendo che dietro quel cibo e quegli abiti ci sono bambini sfruttati che lavorano invece di andare a scuola? La consapevolezza su quello che acquistiamo è un primo atto per non essere complici. Vedete da dove vengono quei prodotti”. E poi un riferimento preciso alla raccolta in un Paese in America Latina di un frutto che si chiama arandano, una specie di mirtillo. “Per fare la raccolta dell’arandano  – ha affermato Papa Francesco – ci vogliono mani tenere e la fanno fare ai bambini, li schiavizzano da bambini per la raccolta”. Un intervento che colpisce le coscienze e riaccende i riflettori su un’emergenza gravissima. L’appello del Papa a non diventare complici di chi compie un atroce reato riporta in primo piano  il tema caldo degli acquisti di prodotti alimentari da Paesi terzi dove si sfruttano i minori e si utilizzano fitofarmaci dannosi per la salute di tutti.Per sradicare  il lavoro minore “non possiamo essere complici”. Nell’udienza del 15 gennaio scorso Papa Francesco è intervenuto duramente ancora una volta sullo sfruttamento dei bambini appellandosi a tutti.

Essere complici – ha spiegato il Papa – è “ad esempio quando acquistiamo prodotti che impiegano il lavoro dei bambini. Come  posso mangiare e vestirmi sapendo che dietro quel cibo e quegli abiti ci sono bambini sfruttati che lavorano invece di andare a scuola? La consapevolezza su quello che acquistiamo è un primo atto per non essere complici. Vedete da dove vengono quei prodotti”.

E poi un riferimento preciso alla raccolta in un Paese in America Latina di un frutto che si chiama arandano, una specie di mirtillo. “Per fare la raccolta dell’arandano  – ha affermato Papa Francesco – ci vogliono mani tenere e la fanno fare ai bambini, li schiavizzano da bambini per la raccolta”. Un intervento che colpisce le coscienze e riaccende i riflettori su un’emergenza gravissima. L’appello del Papa a non diventare complici di chi compie un atroce reato riporta in primo piano  il tema caldo degli acquisti di prodotti alimentari da Paesi terzi dove si sfruttano i minori e si utilizzano fitofarmaci dannosi per la salute di tutti. Tema rilanciato con  l’accordo Ue-Mercosur fortemente contestato dalla Coldiretti per la mancanza di reciprocità sia sulle modalità di produzione che sul rispetto dei diritti dei lavoratori.

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Saldo e stralcio

 

Da qui la richiesta di rivedere l’intesa inserendo in modo chiaro l’obbligo di rispettare per i prodotti esportati da quei Paesi (Argentina, Venezuela, Brasile, Paraguay e Uruguay) le stesse regole vigenti nell’Unione europea. La lista dei prodotti realizzati nei  Paesi nei quali si fa largo ricorso al lavoro dei più piccoli è lunga. Si va dalle banane del Brasile alle nocciole turche, dai fagioli messicani ai pomodori cinesi fino alle fragole argentine e ai gamberetti tailandesi. Tanti dunque i cibi sporchi del sudore ( e a volte del sangue)  dei bambini indicati dalla Coldiretti sulla base del report  del Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti. Si tratta di cibi che a volte risultano addirittura made in Italy grazie al Codice doganale che consente l’attribuzione del  passaporto tricolore  anche con una lavorazione minima sul territorio italiano. Anche Bruxelles è scesa in campo sulla delicata questione del lavoro cosiddetto forzato con il divieto di aprire le frontiere europee alle merci ottenute con il lavoro di schiavi nel quale rientrano anche i minori.

Ma nell’accordo Ue-Mercosur questa questione non è stata presa in considerazione. Per anni la Ue ha agevolato importazioni di  prodotti agroalimentari ottenuti dallo sfruttamento dei bambini, dal riso del Vietnam e della Birmania ai fiori dell’Ecuador. Secondo l’analisi realizzata da Coldiretti a rischio sono le produzioni di uva, fragole, mirtilli e aglio  in Argentina, allevamenti bovini e avicoli,  banane, mais e caffè in Brasile, zucchero di canna, fagioli e lattuga in Paraguay. Per tutti i cibi che arrivano sulle tavole italiane  Coldiretti rivendica pertanto un percorso di qualità che  deve riguardare la tutela dei minori oltre all’ambiente e alla salute. Per Coldiretti e Filiera Italia dunque il no all’intesa non è solo  determinato da motivi economici per la “rottamazione” dell’agroalimentare italiano ed europeo, ma anche da valutazioni etiche, in primis il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori (anche minori) che si affianca all’uso di pesticidi vietati nella Ue, antibiotici e altre sostanze usati come promotori della crescita negli allevamenti anche questi banditi in Europa. Guardare con attenzione quello che si porta in tavola, rispettando l’esortazione di Papa Francesco, è l’unico modo per garantire  una tutela ai più deboli. Ma per fare questo serve  quella trasparenza totale che potrà essere assicurata solo da una etichettatura che indichi l’origine della materia prima di tutti gli alimenti e non solo in Italia, ma in tutta l’Europa. L’obiettivo al quale punta Coldiretti che sta raccogliendo le firme per  una legge di iniziativa popolare.  



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