Un’eroina venerata dal popolo ma perseguitata dal Palazzo. Un ricatto diplomatico sulla pelle di un italiano. Un giuramento per due Presidenti. Una invasione armata di conquista territoriale già proclamata. C’è tutto questo e molto altro negli ultimi incalzanti eventi che riguardano il Venezuela.
Fuga dal Venezuela
Il Paese sudamericano affacciato sul Mar dei Caraibi, già lacerato da una crisi economica e sociale decennale, sta vivendo nell’ultimo periodo una situazione politica e istituzionale molto delicata. Il contesto è quello di un territorio contrassegnato dal più massiccio esodo interno della storia del continente, con quasi il 25% della popolazione che negli ultimi anni ha fatto le valige e si è trasferito altrove. Il 65% delle famiglie versa in condizione di povertà con limitato accesso al cibo, istruzione e accesso ai servizi pubblici. Sicuramente uno dei peggiori quadri sociali al mondo, per un Paese non in guerra. Decenni di spesa pubblica incontrollata, clientelismo, politiche economiche dirigiste e ideologie geopolitiche paiono giustificare difficilmente il collasso del Venezuela che a metà del Novecento era il quarto Paese più ricco al mondo e il più ricco di tutto il Sudamerica, grazie alle sue riserve infinite di petrolio. La realtà a volte, tuttavia, sa essere crudelmente banale. Come banali sono state del resto le elezioni presidenziali venezuelane dell’estate 2024.
Maduro e le elezioni con brogli
Nicolas Maduro, l’erede di Chavez, al potere da oltre undici anni aveva pianificato tutto per il meglio. Nessuna sorpresa, quindi, se i risultati annunciati dal Consiglio elettorale, controllato dal Governo, avevano assegnato la vittoria al Presidente in carica. Pur senza fornire documenti a sostegno della proclamazione, sostenendo di averli persi in un attacco informatico. Le opposizioni hanno invece fornito verbali dei propri scrutatori dai quali emerge una vittoria del suo rivale, Edmundo Gonzalez, con il 67% dei voti.
Su di lui pende una taglia da cento mila dollari e a settembre è stato costretto a fuggire dal Paese, sfruttando l’occasione per un tour internazionale alla ricerca alla ricerca di consenso diplomatico. Ha incontrato Biden, Milei e altri Capi di Stato sudamericani che riconoscono la sua vittoria. Gonzalez sostiene che la Presidenza gli sia stata strappata per mezzo di brogli elettorali. Nessuna sorpresa del resto.
L’Esequibo
Per provare a recuperare consenso che sapeva di non avere, oltre un anno fa ormai, Maduro aveva fatto leva sulla suggestione nazionalista e sulle mire espansionistiche, annunciando di essere pronto ad invadere con l’esercito la confinante Guyana, pur di annettersi la regione dell’Esequibo. Una vasta area ricca di risorse naturali, idriche e soprattutto petrolio, al centro di una disputa territoriale che va avanti ormai da metà Ottocento. Nonostante i proclami di conquista, le elezioni di luglio 2024 non hanno consegnato il risultato sperato per il Presidente. Ma si sa, i risultati elettorali valgono fino a un certo punto.
Maduro si insedia
Come da protocollo, il 10 gennaio 2025, Nicolas Maduro si è recato in Parlamento per prestare giuramento e insediare il suo terzo mandato, questa volta di sei anni.
Tutto, mentre fuori dal Palazzo, la capitale Caracas era una città blindata con le autorità che avevano allestito un piano di sicurezza senza precedenti per arginare le manifestazioni delle opposizioni anti-chaviste, annunciate dalla leader Maria Corina Machado, che per partecipare è uscita dalla clandestinità in cui vive da oltre 5 mesi.
Maria Corina Machado, chi è
È lei la vera trascinatrice dell’opposizione al regime venezuelano.Liberale, pasionaria, attivista civile prima di diventare deputata nel 2011, fatta decadere tre anni dopo per aver preso parte a un evento dell’Organizzazione degli Stati Sudamericani. Ha guidato le proteste ed è diventata col tempo il punto di riferimento dell’opposizione. Osannata dal popolo e rispettata dagli altri schieramenti politici, aveva vinto a man basse le primarie, ma il Governo l’ha bandita da ogni incarico pubblico per i prossimi 15 anni. Machado non si era data per vinta e così ha sostenuto la candidatura dell’anziano Edmundo Gonzalez, trascinandolo alla vittoria elettorale dell’estate appena trascorsa, ribaltata dai brogli di Maduro.
«La tirannia cadrà», con queste parale Machado aveva invitato la popolazione a scendere in strada, in quattro punti simbolici della capitale. E lo stesso ha fatto anche lei, tornando a farsi veder in pubblico, sfidando l’arresto per non perdere quella che definisce una giornata storica. In blue jeans, cintura in vista e maglietta bianca con una manica interamente colorata con le tinte della bandiera venezuelana, Machado ha arringato la folla su un palco improvvisato, brandendo un microfono incastonato in un bouquet di fiori bianchi. Subito dopo la sua prima apparizione, la leader dell’opposizione è stata arrestata, il suo convoglio è stato intercettato da agenti armati che hanno sparato contro le moto che la trasportavano. Ciononostante, poche ore dopo, funzionari governativi hanno negato il suo arresto, definendolo una mossa dell’opposizione per generare sostegno.
Nello stesso periodo, nel Paese, erano stati messi a punto altri centinaia di arresti fra gli oppositori, su cui spiccava quello dell’ex candidato alla presidenza Enrique Marquez, colpevole di essersi rifiutato di firmare i verbali della Corte Suprema che ratificavano la vittoria di Maduro. In questo dramma nazionale ai danni del popolo venezuelano, tuttavia, c’è spazio anche per un episodio che riguarda l’Italia.
Alberto Trentini, prigioniero di Maduro e i diplomatici italiani espulsi
Dal 15 novembre non si hanno più notizie su Alberto Trentini, un cooperante di quarantacinque anni, che operava nel Paese per conto di una Ong che assiste i disabili. La diplomazia italiana ha ottenuto la notizia della sua detenzione dalla nostra intelligence e non da fonti ufficiali di Caracas. Non si conoscono né il luogo di prigionia, né le motivazioni del fermo, né le sue attuali condizioni. Appena il Governo italiano ha acceso i riflettori sul caso, dal Governo Maduro è arrivato l’annuncio dell’espulsione di tre diplomatici italiani. Lo stesso trattamento è stato annunciato per i diplomatici di Francia e Olanda, considerati esponenti di amministrazioni ostili, al pari di quella italiana e della quasi totalità del mondo occidentale che non riconosce la vittoria di Nicolas Maduro, come del resto ribadito da Giorgia Meloni durante la conferenza stampa di inizio anno.
Un intrigo internazionale giocato sulla pelle di Alberto Trentini, cui va la nostra solidarietà e l’auspicio di un rimpatrio imminente. A pochi giorni dalla liberazione di Cecilia Sala, la Farnesina si ritrova sul tavolo un dossier se possibile ancora più complicato.
foto: la fotografia è presa da fb, Venezuela libre. Consultare i gruppi fb dei venezuelani restituisce un’immagine significativa di cosa è il loro Paese in questo momento.
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