Lavoro, nei prossimi mesi nel Mantovano a rischio 500 posti

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MANTOVA – Nel Mantovano, nei prossimi tre mesi, si potrebbero perdere circa 500 posti di lavoro. E’ questo il dato che emerge dall’indagine presentata oggi dalla Cgia di Mestre, che ha messo in luce uno dei paradossi attuali del mondo del lavoro: attualmente in Italia sono a rischio 120mila posti di lavoro, ma altri 190mila restano inevasi, cioè non si trovano addetti.

E la nostra provincia è agli ultimi posti di questa particolare classifica: a fronte di 10.130 nel periodo gennaio-marzo 2024, nel 2025 si passa a 9.630, dunque -500 posti.

I NUMERI IN ITALIA: NONOSTANTE LE CRISI AZIENDALI IN UN CASO SU DUE SUSSISTE IL RISCHIO DI NON POTER ASSUMERE PER MANCANZA DI CANDIDATI

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Nonostante, dunque, le numerose crisi aziendali che affliggono il Paese stiano mettendo a rischio quasi 120mila posti di lavoro, entro i prossimi tre mesi le imprese italiane hanno dichiarato all’Unioncamere/Ministero del Lavoro l’intenzione di assumere 1,37 milioni di lavoratori, di cui 380mila circa a tempo indeterminato. Tuttavia, in un caso su due, sussiste il rischio di non poter procedere alle assunzioni a causa della carenza di candidati o dell’impreparazione delle persone che si presentano ai colloqui. Pertanto, a fronte di 120mila lavoratori che potrebbero perdere il posto, nei primi tre mesi di quest’anno le imprese non sarebbero nelle condizioni di coprire, nemmeno offrendo un posto fisso, almeno 190mila posizioni lavorative. Con un costante decremento della popolazione giovanile e un incremento significativo della fascia più anziana, gli imprenditori manifestano una crescente preoccupazione per la mancanza di personale che è decisamente superiore ai possibili effetti di una nuova crisi che, tuttavia, si sta diffondendo in buona parte dell’Unione Europea.

SEMPRE MENO GIOVANI ENTRANO NEL MONDO DEL LAVORO

Il numero dei giovani presenti nel mercato del lavoro è in costante diminuzione, un trend che, comunque, sta interessando la gran parte dei principali paesi del mondo occidentale. In Italia, però, la situazione è molto più critica: “…La fascia di età 25-34 è passata da circa 8,5 milioni di persone nel 2004 ai 6,2 milioni attuali. Si tratta di un crollo inedito rispetto al passato e tra i più accentuati in Europa. La forte riduzione del rinnovo della popolazione attiva va trascinare via via verso il basso la forza lavoro potenziale. In particolare la fascia 35-49 è passata da oltre 14 milioni di residenti nel 2014 a meno di 11,5 milioni nel 2024, con la previsione di scendere a meno 10 milioni entro il 2040″.

Auspicando che le crisi industriali scoppiate in questi ultimi mesi si concludano con soluzioni che garantiscano la continuità aziendale e la salvaguardia dei posti di lavoro interessati, con pochi giovani e il conseguente invecchiamento della popolazione in atto nel nostro Paese provocheranno nei prossimi anni moltissime criticità, anche al sistema economico e produttivo del Paese. Squilibri che nessuno, in tempi ragionevolmente brevi, sembra avere gli strumenti appropriati per affrontare con successo. Il fabbisogno occupazionale delle imprese pubbliche e private presenti in Italia in questo quinquennio dovrebbe attestarsi attorno ai 3,6 milioni di occupati. Di questi, l’83 per cento circa, pari in valore assoluto a quasi 3 milioni di addetti, dovrebbe sostituire chi è destinato a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età. Pertanto, considerando le difficoltà nel reperimento di personale e il numero esiguo di giovani alla ricerca della prima occupazione, nel prossimo decennio la vera sfida non consisterà tanto nella reintegrazione di coloro che hanno perso il lavoro a causa di crisi aziendali, quanto piuttosto nella copertura dei posti vacanti.

Se a novembre c’è stato il record storico di dipendenti col posto fisso, 16.264.000 addetti, per contro, i lavoratori a termine sono in flessione; sempre nello scorso novembre si attestano attorno alla stessa soglia che avevamo a novembre del 2020, vale a dire 2.652.000 occupati. Un risultato importante che, comunque, va analizzato attentamente. Il livello retributivo in Italia si presenta mediamente inferiore rispetto a quello riconosciuto ai dipendenti dei paesi con cui competiamo quotidianamente. E sebbene un lavoratore possa beneficiare del cosiddetto posto fisso, non è da escludere che, a causa di uno stipendio molto contenuto, si trovi invischiato nelle nuove forme di povertà sempre più diffuse soprattutto nelle grandi aree urbane.

SOLO IL MEZZOGIORNO CON IL SEGNO PIÙ, GRAZIE AL TRAINO DI ZES E PNRR

Ad eccezione di Benevento e Chieti, in tutte le province del Mezzogiorno nel primo trimestre di quest’anno è previsto un aumento delle assunzioni rispetto alle previsioni riferite allo stesso periodo del 2024.
Nel resto d’Italia, invece, per 45 province del Nord e del Centro le variazioni saranno anticipate dal segno meno. La situazione più virtuosa è attesa a Siracusa con il +29,8 per cento (+1.770 entrate). Seguono Foggia con il +25,9 (+2.070), Matera con il +23,6 (+670), Vibo Valentia con il + 20,1 (+350) e Messina con il + 19,1 (+1.700). Nonostante il depotenziamento previsto per il 2025, la decontribuzione relativa alle assunzioni nella Zona Economica Speciale (ZES) unica per il Mezzogiorno e l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresentano i due elementi fondamentali in grado di “giustificare” l’eccellente performance occupazionale attesa nel Mezzogiorno in questi primi mesi dell’anno.



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