È vero che, per via delle sanzioni alla Russia, l’America è diventata il principale fornitore di gas liquefatto. Ma alcuni paesi europei stanno pagando per le scelte energetiche sbagliate fatte a casa propria
L’Italia e l’Europa affrontano una nuova crisi energetica. In realtà non è proprio nuova, è solo l’ultima puntata di una crisi ormai endemica, costante. Le concause scatenanti di questo episodio recente sono almeno tre: le ondate di gelo che in Nordamerica e in Nordeuropa hanno fatto aumentare i consumi stagionali di gas; dei problemi alle infrastrutture norvegesi; il mancato rinnovo di un accordo fra Russia e Ucraina per il transito di gas verso Ovest. Non c’è una penuria (a differenza di quanto rischiò di accadere nell’inverno 2022-23) perché le scorte sono abbondanti; c’è però un problema di prezzi in rialzo. Prendersela con la speculazione non serve: la finanza specula quando può sfruttare degli squilibri reali fra la domanda e l’offerta.
Immancabile, torna una teoria del complotto: è l’America la vera profittatrice, che aumenterà le sue esportazioni di gas verso l’Europa a caro prezzo, incassando ulteriori profitti. La dietrologia acquisisce tanta più verosimiglianza, in quanto Donald Trump ha detto esplicitamente agli europei (Giorgia Meloni inclusa): se volete evitare i miei dazi sulle vostre merci, dovete ridurre il vostro avanzo commerciale comprando più gas americano.
Questa teoria del complotto riaffiora regolarmente, da quando Putin invase l’Ucraina nel febbario 2022, ormai quasi tre anni fa. Non appena l’Occidente (più alcuni alleati orientali come Giappone e Corea del Sud) si unì per varare sanzioni e ridurre gli acquisti di energia russa, ci fu proposta questa contro-verità: l’America strumentalizzava la guerra per i propri biechi interessi economici, costringeva l’Europa a rinunciare all’energia meno cara (quella russa) per approvvigionarsi oltre l’Atlantico con un costo molto più elevato. Alla fine il vero profittatore non è Putin ma il malvagio Zio Sam, che mette in ginocchio l’Europa e arricchisce i suoi petrolieri-gasieri. Gli europei starebbero molto meglio se non avessero adottato le sanzioni, se avessero acconsentito all’aggressione, e continuato a comprare da Mosca il gas meno caro.
Come sempre, anche nelle dietrologie più faziose può esserci un elemento di verità. Vale pure in questo caso. Le sanzioni contro la Russia hanno contribuito a indebolire la competitività europea, a cominciare da quella della Germania, “il grande malato” di questa fase storica. Anche se l’Europa tuttora non smette di comprare energie fossili dalla Russia (le sanzioni sono molto severe di quanto si dice o si vuol far credere), tuttavia ha ridotto sostanzialmente i propri acquisti; per sostituire quella fonte di approvvigionamento l’America è diventata il principale fornitore di gas naturale liquefatto (LNG è l’acronimo inglese). Quel gas comprato dagli Stati Uniti costa molto più caro rispetto a quello che gli europei comprano ancora da Mosca. Risultato: anche, ma non solo per effetto delle sanzioni, oggi un’azienda italiana può avere una bolletta energetica che pesa dal quadruplo al quintuplo rispetto a una concorrente Usa. Un divario tremendo. Cito l’esempio delle aziende non per sottovalutare l’impatto del caro-bollette sulle famiglie. C’è anche un problema energetico che riguarda i bassi redditi. L’impatto sulle aziende però non viene attutito da aiuti e ammortizzatori sociali; inoltre lo pagano tutti, consumatori e lavoratori. Il fatto che le imprese italiane siano tartassate da costi energetici superiori si traduce non solo in una generica e astratta perdita di competitività, ma concretamente penalizza l’occupazione, i salari, i prezzi finali e il carovita.
Avendo riconosciuto quel che c’è di vero nella “teoria del complotto”, bisogna aggiungere però altri elementi per avere un quadro completo. Anzitutto, quando si dice che l’America in seguito alle sanzioni è diventata il primo fornitore di gas a Germania e Italia, questo è inesatto. Il primo fornitore è la Norvegia, seguita a seconda dei casi da Algeria e Qatar. Gli Stati Uniti sono saliti al primo posto solo per le vendite di gas naturale liquefatto (LNG), quello che in assenza di gasdotti viene trasportato con una serie di passaggi complessi e costosi: prima viene refrigerato e ridotto allo stato liquido, poi caricato sulle apposite navi, infine scaricato in un terminal attrezzato per essere riconvertito allo stato gassoso e trasportato all’utente finale.
I produttori di gas americano stanno facendo buoni affari, senza dubbio. Però non sono per forza interessati ad aumentare le loro vendite in Europa. La loro capacità di estrazione, nonché la capacità di liquefare e trasportare via nave, incontrano dei limiti strutturali; per superare questi limiti bisogna fare nuovi investimenti che potrebbero rivelarsi eccessivi a lungo termine se la congiuntura cambia. Per soddisfare la domanda europea talvolta i produttori americani hanno dovuto dire di no ad altri clienti, in Estremo Oriente. E c’è una robusta componente dell’industria americana che preme per limitare queste esportazioni: preferisce che il gas rimanga negli Stati Uniti, per avere un’offerta abbondante che tenga bassi i prezzi interni. Un bel pezzo di economia americana cercherà di dissuadere Trump dalla sua campagna per vendere più gas agli europei.
Infine, e soprattutto, le sanzioni alla Russia hanno creato difficoltà ad alcuni paesi europei più che ad altri. Quelli che sono stati maggiormente penalizzati, pagano non solo per le sanzioni ma anche per le scelte energetiche che hanno fatto a casa propria. E qui gli americani non c’entrano affatto. Esistono riserve di gas naturale in Europa che non sono state sfruttate, per un malinteso “ambientalismo”. La Germania è un caso limite: ha tanto gas naturale nel proprio sottosuolo, che si rifiuta di estrarre perché non vuole usare una tecnolgia come il fracking, demonizzata con campagne che non hanno nulla di scientifico e in certi casi, si è scoperto, sono state foraggiate da Putin. Col paradosso che la Germania è andata a comprare più carbone all’estero, un’energia fossile molto più inquinante del gas naturale. Lo stesso dicasi per tutti quei paesi, come l’Italia, che hanno rinunciato al nucleare.
La Cina classifica il nucleare tra le sue energie rinnovabili, una denominazione che è stata accettata dall’Onu. In America le principali correnti dell’ambientalismo hanno rivalutato il nucleare, che conosce un rilancio anche grazie agli investimenti di BigTech (Microsoft, Google, Amazon). La nuova generazione di reattori nucleari offre livelli di sicurezza elevatissimi. Altre energie rinnovabili come eolica e solare continueranno a svilupparsi, com’è auspicabile, ma sarà una crescita graduale e non c’è all’orizzonte una sostituzione integrale delle energie fossili (né a breve né a medio termine). Nella lunga transizione il gas naturale è il sostituto meno inquinante di carbone e gasolio. La bolletta energetica italiana e tedesca possono scendere, se si faranno scelte diverse, e nessun complotto americano impedisce di fare queste scelte.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link