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In dieci anni il segno meno, nel bilancio annuale del traffico del porto di Taranto, è quello nettamente dominante. E il 2024, concluso da poco, non si smentisce: -17,1 per cento. È il risultato più pesante del decennio. Nell’anno passato il calo è stato generalizzato, eccetto il traffico delle crociere cresciuto però di poco. In dettaglio, il movimento delle merci è passato da 14,610 milioni di tonnellate (2023) a 12,105 milioni. Un regresso netto di oltre 2 milioni e mezzo di tonnellate. Imbarchi calati del 21,7 per cento, sbarchi diminuiti del 10,7, navi in calo del 10,4, mentre il traffico delle crociere segna come passeggeri una modesta crescita del 2024 sul 2023: 0,7 per cento, da 138.548 a 139.511 passeggeri. Pesantissima la flessione dei container (teu): -60,3 per cento come totale e -77,9 come container movimentati via ferrovia. Oltre alle crociere, si salvano gli imbarchi delle rinfuse solide e liquide con +7,3 per cento. Negativo, inoltre, è stato l’ultimo mese del 2024: -6,3.

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I numeri

Questi dati non sono una novità, né una sorpresa. È da mesi che l’Authority ha individuato nel 2024 l’anno peggiore (per ora) del porto a seguito di due crisi che si sono ulteriormente avvitate: l’ex Ilva e il terminal container Yilport. La prima ha movimentato poco perché ha prodotto poco (2 milioni di tonnellate nel 2024). Il secondo, invece, dall’avvento ad oggi non ha mai dato una spinta alle attività, anche se Yilport sostiene che tutto dipende dai mancati dragaggi che impediscono l’attracco di navi più grandi e quindi lo sviluppo delle potenzialità dell’infrastruttura. E queste due crisi non hanno riguardato solo il 2024 ma hanno pesato molto anche negli anni precedenti.

Dieci anni, quindi, vissuti andando costantemente indietro con tre eccezioni che sono rappresentate dal 2023 sul 2022 (+0,3 per cento), dal 2021 sul 2020 (+11,9) e dal 2016 sul 2015 (+9,3). Per il resto è il segno negativo a dominare: -16,9 per cento nel 2022 (è sempre il dato complessivo del porto), -12,9 nel 2020, -11,3 nel 2019, -5,6 nel 2018, -12,2 nel 2017, -19 nel 2015 e -2,2 nel 2014.

Non a caso, alla luce di questi numeri pesanti, non potendo più inseguire il sogno dell’Ilva leader (basti pensare che le rinfuse solide, le materie prime per produrre acciaio, hanno visto sbarchi nel 2024 per 5,253 milioni di tonnellate mentre nel 2014 furono 13,890 milioni di tonnellate) e non vedendo nulla d’interessante per il traffico container, il porto sta pensando ad una nuova mission nell’eolico offshore. Diventando cantiere nazionale per la costruzione delle grandi strutture galleggianti dell’energia rinnovabile e individuando come hub il molo polisettoriale dove oggi è insediata Yilport. Quest’ultimo insieme ad un operatore specializzato dovrebbe gestire il cantiere da mettere a disposizione delle aziende che devono costruire gli impianti eolici da posizionare in mare, molto al largo.

È qualche mese che si dice che Taranto, con Brindisi, è nel novero delle aree scelte per l’offshore, solo che il decreto del ministero dell’Ambiente non vede ancora la luce. E se non c’è il decreto, se non c’è la conferma della scelta di Taranto come una delle piattaforme nazionali, non si può fare nulla, a partire dalla revisione della concessione assegnata a Yilport, visto che con l’eolico offshore una buona parte delle aree, si parla del 50 per cento su un milione di metri quadrati, sarebbe asservita a questa funzione. In ogni caso, poiché il Mase prima o poi il decreto lo emetterà, l’Authority si sta preparando al riesame degli accordi con Yilport, dove, peraltro, a parte il flop dei container, il futuro non sembra molto chiaro dopo il “divorzio” tra i fratelli Robert Yuksel Yildirim e Ali Riza Yildirim. Questi, infatti, non sono più insieme nella società che porta il loro nome e che tra le varie attività controlla Yilport, gruppo che ha in concessione il terminal attraverso la società San Cataldo Container Terminal. In Yildirim Group of Companies, Robert Yuksel è presidente e ceo (amministratore delegato) mentre Ali Riza chairman of the board (presidente del consiglio). Ma era così sino ai primi di dicembre. Poi Riza si è staccato da Robert Yuksel annunciando la nuova società Ary.

Per la revisione della concessione a Yilport, l’Authority ha incaricato il professor Stefano Zunarelli, docente di diritto della navigazione e dei trasporti all’Università di Bologna. La revisione terrà conto sia della valutazione del Mase dell’istanza relativa all’hub di cantieristica navale per l’energia eolica in mare, che della questione dei dragaggi nello specchio acqueo antistante il terminal. Dragaggi che si sono bloccati per il fatto che la vasca di colmata, a seguito della verifica tecnica, non si è rivelata in grado di accogliere i sedimenti marini dragati. Ciò ha spinto l’Authority a rivedere il piano dei dragaggi optando per una soluzione minore e candidando l’intervento al Just Transition Fund per circa 50 milioni (si veda Quotidiano del 3 dicembre).

Infine, per i 320 dipendenti ex TCT-Evergreen attualmente in carico all’Agenzia del lavoro portuale, messa in sicurezza col decreto legge “Emergenze” la corresponsione dell’Ima (Indennità di mancato avviamento, una cassa integrazione) per il. 2025 e il 2026, si attende che Regione Puglia e Authority firmino l’accordo con le risorse per far partire la riqualificazione professionale di questi lavoratori.

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