l’arte di Balli il Lanificio

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METTI UN OPIFICIO industriale del 1889, uniscilo all’esperienza del teatro sperimentale del regista Luca Ronconi alla fine degli anni Settanta al Fabbricone, area produttiva dismessa della medesima area produttiva, e alla riscoperta di bozzetti del padre del prêt-à-porter italiano Walter Albini ideati per un’opera mai andata in scena del maestro, e la magia di un percorso tra fashion, design e cultura tessile è servito. Un mix sorprendente frutto della lungimiranza dei titolari di Balli il Lanificio, i fratelli Leonardo e Rossano Raffaelli, concretizzatosi nella mostra “Omaggio a Walter Albini” allestita nella Sala Experience del Fabbricone storico: l’esposizione rappresenta il lancio di un nuova divisione del lanificio pratese, Fabbrica di cultura, una “fucina di idee e progetti e un braccio operativo dell’azienda che non fa solo business, ma produce cultura con una serie di iniziative aperte alla città in un dialogo tra passato, presente e futuro”, commenta Leonardo Raffaelli, managing director di Balli il Lanificio. Una tappa di un percorso di valorizzazione di un complesso industriale qual è il Fabbricone storico, sede di Balli il Lanificio, avviata nel 2023. “Qui il distretto pratese ha le sue origini – spiega Raffaelli – Qui si è scritta la nostra storia e uno dei nostri obiettivi è quello di riportare il Fabbricone storico al centro della quotidianità dei pratesi e non solo”.

Il primo passo verso la riapertura è stato un evento di respiro nazionale, che a settembre 2023 ha portato in città i big del tessile della moda e del lusso con l’appuntamento “4sustainability” per parlare di sostenibilità, trasparenza della filiera e passaporto digitale del prodotto. “Un’opportunità per il distretto di riappropriarsi della sua centralità in chiave di innovazione che ci vede storicamente protagonisti in tutto il mondo – ha sottolineato Raffaelli – E quale altro posto migliore del Fabbricone storico per rivendicarne questa identità? Un luogo identitario dal 1889 e la cui storia va preservata e portata nel futuro”. Come non ricordare nell’aprile scorso la Mille Miglia 2024 che ha attraversato luoghi iconici di Prato, facendo tappa con le sue 700 auto anche al Fabbricone storico oppure nell’autunno scorso l’evento Arte in fabbrica con l’asta di 72 opere per raccogliere fondi per Kepos onlus, facendo incontrare mondi paralleli come industria, arte e disabilità. Fino ad arrivare alla mostra con 12 disegni originali e 5 vestiti mai cuciti ideati da Albini per la commedia noir “Latina” scritta da Ronconi nel 1982 e mai andata in scena. I 5 capi sono reinterpretati con tessuti dall’ufficio stile dell’azienda, già inseriti nella collezione autunno-inverno 2026 del Lanificio. Un cappotto da donna, un completo Chanel, un giubbotto da bambino, una tunica e un vestito da donna accompagnato dal soprabito senza maniche. La mostra è stata ideata e co-curata per Balli il Lanificio dall’architetto Filippo Boretti in collaborazione con il Museo del Tessuto di Prato. Uno spin off che durante l’apertura al pubblico tra visitatori e studenti provenienti da tutta Italia conta oltre mille presenze (adesso è visitabile tramite appuntamento). Un risultato che sottolinea la validità del progetto “Fabbrica di cultura”, la strada giusta “per concretizzare la responsabilità di tramandare alla comunità storie di saperi e di persone. È stato un passaggio naturale quello da fabbrica produttiva a fabbrica di cultura – dice Raffaelli – La mostra dedicata ad Albini segna l’avvio di un progetto che anche nel nuovo anno ci porterà a puntare su cultura, arte ed iniziative rivolte alla città e al mondo economico”. Il co-curatore Boretti fa scoprire questa piccola gemma piccola “ambientata in un’installazione temporanea che rappresenta un unicum: la prima stanza museo aperta al pubblico dentro un lanificio con tutti i criteri della curatela museale – sottolinea – Fabbrica di Cultura, il dipartimento trasversale di Balli il Lanificio, non è solo fucina di progetti, ma un luogo immateriale che promuove l’azienda come impresa che produce cultura. C’è la volontà di mostrare come un’azienda privata possa riappropriarsi del suo ruolo, collaborando con un’istituzione pubblica come il Museo del Tessuto per un obiettivo comune: promuovere una vera cultura d’impresa e parlare di moda in modo nobile, ponendosi in dialogo alla pari con i grandi brand. Un’operazione che contrasta i meccanismi distruttivi che vedono le filiere schiacciate da un’immagine della moda concentrata solo all’apice del sistema, mentre i veri impulsi creativi sono ancora saldamente radicati nei territori e nei lanifici. Un omaggio che è molto più di una mostra: è un manifesto del valore della cultura d’impresa e della forza rigenerativa della tradizione”.

Balli il Lanificio, che ha traghettato l’anno con il nuovo logo, conta su quasi cento dipendenti fra lanificio e rifinizione, investendo molto sui giovani. Un’azienda che esporta tessuti di pregio in ogni angolo del mondo con attenzione massima a tutti i volti della sostenibilità. L’impresa da decenni si è focalizzata sul riciclo dei capi d’abbigliamento e di fibre provenienti da scarti di produzione per inserirsi in un moderno concetto di sostenibilità ambientale ed economica. Ed è proprio per questo motivo che il management aziendale sta investendo in innovazione, con scelte strategiche e operative integrate in un piano industriale ambizioso sia a livello di prodotto che di processi. Un esempio? Il co-generatore, i nuovi sistemi di combustione, controllo e tracciamento dei rifiuti, la riduzione dell’impatto energetico e chimico. Tra le ultime sfide per anticipare le nuove normative europee sulla tracciabilità delle filiere e dei prodotti tessili, con altre quattro aziende del distretto (i Lanifici Bigagli, Fortex, Mario Bellucci e Manifattura Tessile Risaliti) ha adottato “4trace”.

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