Benessere digitale: il vantaggio nascosto dei leader del futuro

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Venerdì 24 gennaio, dalle 12 alle 13, XLabor, divisione del mercato del lavoro manageriale di Manageritalia, ha organizzato un nuovo appuntamento per il ciclo Friday’s Manager, intitolato “Benessere digitale: il vantaggio nascosto dei leader del futuro” (CLICCA QUI PER REGISTRARTI). Il tema è quello della gestione del nostro rapporto con la tecnologia, con un approfondimento su come riacquistare focus energia per produrre risultati e guidare il cambiamento nell’era digitale. Un tema di estrema attualità che sarà approfondito da Alessio Carciofi, professore, autore e speaker, Corporate & Digital Wellbeing. A lui abbiamo posto alcune domande in vista del confronto.

Potrebbe spiegarci cosa si intende per benessere digitale e perché è sempre più importante soffermarci su questi temi?

«Il benessere digitale è la capacità di gestire il rapporto con la tecnologia in modo consapevole e strategico, per migliorare la qualità della vita e del lavoro. Non si tratta solo di ridurre l’uso degli strumenti digitali, ma di sviluppare una competenza, riconosciuta dal quadro europeo DigiComp 2.2., come essenziale per la cittadinanza e la vita lavorativa moderna.

Una provocazione? Per anni nei cv abbiamo elencato l’uso del pacchetto Office come competenza tecnologica, ma oggi queste abilità sono scontate. È un paradosso: mentre il digitale avanza, le competenze legate al suo utilizzo strategico, come il benessere digitale, sono ciò che realmente fa la differenza per preservare energia, concentrazione e serenità, sia per i singoli che per i gruppi».

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Quale impatto ha, sulle aziende, sui team e sulle persone, lavorare per la promozione del benessere digitale? Ha una ricaduta anche in termini di costi aziendali?

«Le distrazioni digitali, una cultura sempre on e il sovraccarico di email e video call non sono solo fastidi: sono costi nascosti che possono paralizzare la crescita di un’azienda. Quanto costa davvero avere team distratti per il 28% della loro giornata? O un burnout, che può arrivare a pesare fino a 2,5 volte la Ral annuale? Questi numeri non compaiono nei bilanci, ma incidono pesantemente su produttività, innovazione e clima aziendale. Ora pensiamoci: un team demotivato, distratto e senza energia è come una macchina di lusso senza carburante. Si può davvero competere così?

Un nostro cliente ha deciso di affrontare questo problema con politiche di benessere digitale. Il risultato? Una riduzione del 30% del tempo sprecato in riunioni inutili, una maggiore serenità nel team e un netto aumento della soddisfazione dei clienti. Non si tratta solo di risparmiare, ma di creare un vantaggio competitivo sostenibile. Il punto è semplice: il benessere digitale non è un lusso, è una necessità per proteggere ciò che davvero genera valore in azienda, le persone. Semplicemente le nuove generazioni».

Quanto il benessere digitale passa da un aiuto delle tecnologie per lavorare meglio, con produttività e benessere delle persone, e per servire meglio i clienti con soddisfazione e competitività aziendale?

«Il benessere digitale non è un concetto astratto, ma una leva strategica per la produttività e un vantaggio competitivo concreto. Quando le tecnologie vengono scelte e utilizzate in modo consapevole, non solo riducono le distrazioni e migliorano la concentrazione, ma liberano risorse mentali preziose per alimentare l’innovazione. Questo genera un impatto diretto e positivo sul clima aziendale, traducendo il benessere dei collaboratori in maggiore soddisfazione dei clienti e competitività sul mercato.

Il Future of Work ci insegna che, oggi, ciò che conta davvero non è tanto dove lavori, ma come lavori. E, soprattutto, come riesci a ricaricarti. Senza energia mentale e fisica, anche le migliori tecnologie perdono efficacia. Il benessere digitale agisce proprio qui: aiuta a preservare e rigenerare l’energia, aumentare l’attenzione e gestire il tempo in modo più efficace. Un tempo che, nella cultura del 24/7, sembra sempre più risucchiato dall’urgenza costante.

Lavorare meglio, senza dispersioni, non significa solo aumentare la produttività: significa costruire una cultura aziendale sostenibile, capace di valorizzare le persone e garantire risultati duraturi. Le aziende che lo comprendono proteggono il loro capitale umano e pongono le basi per un successo solido e competitivo nel lungo termine».

E come farlo nei due ambiti e mettere il tutto in sinergia?

«La chiave è agire su due livelli: personale e organizzativo, creando una sinergia che trasformi il benessere digitale in un asset strategico. A livello personale, dobbiamo riconoscere un fatto semplice ma cruciale: la tecnologia non è neutrale. Ogni notifica, email o video call non gestita consapevolmente prosciuga energie mentali. La maggior parte delle persone che incontro in azienda mi dice di non riuscire a staccare. Questa iperconnessione continua è la fatica mentale cronica dei nostri tempi, un vero e proprio diabete dellattenzione che compromette non solo la qualità della vita, ma anche la performance.

Sul fronte organizzativo, c’è un lavoro profondo da fare sulla company culture. Questo rappresenta un costo iniziale, perché investire sulla cultura aziendale significa puntare su qualcosa di cui il Roi non è immediatamente misurabile. Inoltre, manca ancora una visione strategica del corporate wellbeing: troppo spesso è considerato un elemento superficiale, residuale e senza un budget adeguato, limitato a corsi di yoga o mindfulness durante la pausa pranzo.

Fino a quando il benessere aziendale non sarà trattato come un asset strategico e non solo come una competenza del reparto HR, sarà difficile coglierne i veri benefici. Il benessere digitale è molto di più: è la chiave per costruire un’organizzazione capace di affrontare le sfide del futuro con team energici, concentrati e motivati.

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Se vogliamo risultati sostenibili, dobbiamo iniziare a trattare il benessere come un pilastro della strategia aziendale, non come un accessorio opzionale. Solo così potremo garantire performance durature e un vero vantaggio competitivo».

Cosa significa guidare il cambiamento nell’era digitale?

«Guidare il cambiamento nell’era digitale non significa rincorrere la tecnologia, perché il ritmo del digitale è troppo veloce, mentre l’essere umano ha bisogno di tempo. Il rischio è chiaro: stare dietro al cambiamento senza una direzione significa perdere il controllo e la capacità di innovare.

Oggi, il cambiamento non è solo una questione di strumenti, ma di pensiero, valori e cultura. E qui entra in gioco il ruolo del leader come role model. Un vero leader non si limita a dettare linee guida, ma mostra con l’esempio che è possibile lavorare in modo diverso. Ho conosciuto un manager che ha iniziato a prendersi una pausa pranzo senza smartphone o evitare di mangiare davanti al computer. Quel gesto, apparentemente semplice, ha ispirato il suo team a seguirlo, migliorando il clima lavorativo.

Essere un role model significa dimostrare che il cambiamento è fattibile e che inizia da noi. Questo crea fiducia, incoraggia i collaboratori a uscire dalla zona di comfort e genera un effetto domino positivo in tutta l’organizzazione.

Il cambiamento è un atto di leadership consapevole. Chiediti: cosa puoi fare da subito per diventare il role model che ispira il tuo team? Perché guidare il cambiamento non è mai stato solo una questione di strategie, ma di azioni che dimostrano che è possibile».

Ci sono delle strategie che ha identificato che possono utilizzare i manager per lo sviluppo dei loro team e per attrarre talenti?

«Attrarre e sviluppare talenti non è più solo una questione di regole o processi, ma di mentalità e cultura aziendale. Oggi ci troviamo in mezzo a una vera e propria tempesta di valori, dove i paradigmi tradizionali vengono messi in discussione. Parliamo spesso di inclusione e diversità – un tema centrale e necessario – ma raramente affrontiamo la diversità generazionale, un fattore sempre più rilevante nelle aziende.

Il concetto di lavoro è profondamente diverso per un Millennial o per la Gen Z rispetto a quello di generazioni precedenti. Per molti giovani professionisti, il lavoro non è più al centro della loro identità, ma un mezzo per realizzare un equilibrio tra vita personale e professionale. Il 76% dei giovani considera le politiche di work-life balance un criterio decisivo nella scelta del datore di lavoro.

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Questo significa che per attrarre e sviluppare i nuovi talenti, è necessario essere pronti ad affrontare temi come il benessere, l’autonomia e la flessibilità. Non sto dicendo che questa sia l’unica via, ma è chiaro che il vecchio modello non è più sufficiente.

Investire in questa direzione ha un costo – il tempo necessario per cambiare mentalità e abitudini – ma non farlo ne ha uno ancora maggiore: restare indietro in un mercato dove i talenti scelgono aziende che rispecchiano i loro valori.

Un leader che ispira fiducia, che adotta pratiche di benessere e che è capace di adattarsi alle nuove esigenze diventa un magnete per i talenti. Non è solo una questione di creare un team motivato e produttivo, ma di costruire una cultura aziendale capace di attrarre le migliori risorse e di prosperare in un contesto in continua evoluzione. La domanda non è più se cambiare, ma quando iniziare. E la risposta è: il momento è adesso».

Luso consapevole della tecnologia può essere una leva anche per la gestione attiva di carriera per un manager?

«Assolutamente sì. Ma andiamo oltre la semplice gestione operativa: oggi il digitale è un ambiente che frequentiamo per 7 ore al giorno in media, un luogo virtuale dove lavoriamo, comunichiamo e spesso prendiamo decisioni chiave per la nostra carriera. Tuttavia, proprio come per il pianeta, anche il nostro ambiente mentale può essere inquinato: e lo è già, da notifiche, sovraccarico di informazioni e continue richieste digitali. Nessuno ci sta insegnando come vivere in questo ambiente senza “inquinare” la nostra mente.

Il vero punto di svolta è comprendere che il benessere digitale è la base per costruire una carriera sostenibile. Perché? Perché non si tratta solo di lavorare di più o meglio, ma di mantenere energia mentale, creatività e resilienza nel tempo. Questo è particolarmente vero per le nuove generazioni, che non cercano solo un lavoro, ma un percorso che rispetti i loro valori di equilibrio e crescita personale.

Oggi non si può parlare di carriera senza considerare il concetto di sostenibilità personale e professionale. Il futuro del lavoro non appartiene solo a chi innova, ma a chi sa costruire un percorso equilibrato, capace di durare nel tempo e di adattarsi senza andare in burnout. Essere manager oggi significa anche saper navigare questo nuovo ambiente digitale in modo strategico e sostenibile».

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Friday’s Manager venerdì 25 gennaio 12-13 – BENESSERE DIGITALE: IL VANTAGGIO NASCOSTO DEI LEADER DEL FUTURO (Clicca qui per registrarti).

 



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