Una “foresta” itinerante da Firenze a Barcellona per raffigurare l’urgenza della riforestazione

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L’evento di apertura di IMForest si è tenuto il 14 gennaio a Firenze. «Stiamo morendo arsi e affogati, fra alluvioni e incendi, eppure si fa finta di niente», dice la curatrice Annacaterina Piras del network LWCircus-Onlus

«Mentr’ero di vedetta in cima al colle ho rivolto lo sguardo verso Birnam e m’è parso, d’un tratto, che si muovesse l’intera foresta» dice una staffetta a Macbeth, annunciando la sua disfatta. È la profezia che si avvera: tre streghe avevano assicurato al tiranno che non avrebbe dovuto temere nulla finché non avesse visto la foresta di Birnam muovere Dunsinane. Ed ora eccola in marcia, una foresta con sotto un esercito.

Una ben più pacifica foresta, ma altrettanto determinata, è partita pochi giorni fa da un vivaio di Firenze. Si muoverà lentamente ma attraverserà l’Europa meridionale e raggiungerà Valencia.

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Il progetto si chiama IMForest: si legge «Io sono foresta» e sta per International mediterranean forest. Per ora conta un corbezzolo e dodici lecci, quasi come un’Ultima Cena di alberi riuniti nel chiostro del Museo Sant’Orsola di Firenze, non lontano dal mercato di San Lorenzo e dalla stazione di Santa Maria Novella: ex convento, poi manifattura tabacchi, infine abbandonato per quarant’anni, ora cantiere di una lunga ristrutturazione.

I lavori sono in mano al gruppo Artea, ma nell’attesa di portarli a termine lo spazio è già stato in parte restituito alla città e ora per circa sei mesi ospiterà i 13 alberi.

L’evento di apertura di IMForest si è tenuto il 14 gennaio con talk sul tema delle foreste urbane e concerti. Fra gli ospiti c’erano paesaggisti, esploratori polari, ma anche un litofonista francese (scultore e suonatore di pietre), performer e attori del Laboratorio Silenzio di Milano. «Questa foresta è un organismo mutante, verde e in movimento» racconta a Domani la curatrice, Annacaterina Piras, del network LWCircus-Onlus.

LWCircus è attivo dal 2017 e si definisce comunità creativa. Lavora fra Firenze, Città del Messico e il Parco Naturale dell’Asinara ma ha portato i propri workshop anche in alcuni villaggi rurali dello Yucatan e in Cina. Ne fanno parte artisti, filmmaker, paesaggisti e i loro motori sono la sostenibilità ambientale, l’inclusione sociale e la reinterpretazione del paesaggio.

Tanto che nel Parco dell’Asinara hanno fondato una biennale di Resilienza, Arte e Paesaggio (che si terrà dal 18 al 28 settembre 2025). Nel 2021, in occasione della Biennale di architettura a Venezia, avevano coinvolto il Parco dell’Asinara. «Volevamo mettere in chiaro che architettura e paesaggio devono dialogare, non c’è l’una senza l’altra, quindi abbiamo portato il parco alla biennale» spiega Piras.

«Due anni dopo, alla Biennale del 2023, abbiamo organizzato un’installazione nel giardino Carlo Scarpa di Venezia, con un laboratorio aperto per sei mesi. Avevamo portato delle palme che in seguito sono state trasferite alla Biennale del Paesaggio di Barcellona: ci sembrava un modo per unire i due mondi, architettura e paesaggio. Ecco, l’idea della foresta itinerante nasce da queste due esperienze».

Sensibilizzazioni

L’obiettivo è sensibilizzare sul cambiamento climatico perché per Annacaterina Piras non se ne parla abbastanza: «Stiamo morendo arsi e affogati, fra alluvioni e incendi, eppure si fa finta di niente».

Il messaggio della foresta itinerante è l’urgenza di una riforestazione globale, per immagazzinare anidride carbonica in risposta al cambiamento climatico ma anche per reimmaginare lo spazio urbano in modo completamente diverso. Per questo nel loro cammino gli alberi di LWCircus andranno a integrarsi nei paesaggi urbani delle città che attraverseranno.

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A questi primi tredici se ne aggiungeranno altri, si pensa a un centinaio di alberi a partire dalla seconda tappa: fino a fine giugno resteranno a Sant’Orsola, poi nel corso dell’Estate fiorentina gli alberi si sposteranno ed entreranno nello spazio urbano come baluardo verde contro le isole di calore estive. Terminato questo compito, migreranno verso la Biennale Paesaggio di Barcellona.

«Spero che riusciremo a raggiungere abbastanza fondi per raggiungere infine Valencia: una sorta di omaggio, di pegno da pagare in quanto esseri umani per ripristinare la naturalità violata con l’alluvione di Valencia» spiega Piras.

Questa sarà una foresta che attraverserà persino il mare e la sua battaglia è contro il cemento, contro un’idea di città che non si integra con il bosco. Quelli del Macbeth sono uomini travestiti da alberi o mezzi uomini e mezzi alberi, esseri ibridi come ibridi sono in realtà tutti gli esseri, umani e non umani, e ibride dovrebbero diventare le città per non trasformarsi in isole di calore e di cemento pronte a crollare sotto il peso di un’alluvione o a bruciare in incendi come quello di Los Angeles.

L’esercito-foresta che invade le città racconta il mondo meno manicheo che dovremmo costruire – o ricostruire – e i confini fra città e campagna che andrebbero almeno smussati. Racconta una possibilità di città come organismo altrettanto mutante, verde e in movimento, non chiuso da mura di pietra ma capace di adattarsi alla crisi climatica, di trasformarsi e ibridarsi per non bruciare né affogare.

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