I cattolici, i riformisti, il centro. Nel Pd si riapre una questione antica e mai risolta

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C’è una certa fibrillazione, forse sopratutto mediatica, su alcuni movimenti in atto in queste settimane nel PD. Nei giorni scorsi l’attenzione si è concentrata su due affollati convegni che hanno avuto come protagonisti alcuni importanti esponenti del mondo democratico: il primo, promosso da Graziano Delrio, ha riunito l’area dei cattolici democratici; il secondo ha riguardato Libertà Eguale, una delle componenti riformiste del Pd, in un altro partito e in un altro secolo si sarebbe detta l’area migliorista.

I due avvenimenti sono profondamente diversi l’uno dall’altro, ma segnalano una comune “insofferenza” verso l’attuale leadership democratica, o per meglio dire verso l’assenza di un reale dibattito interno sulle prospettive del maggior partito della sinistra italiana e della stessa opposizione.

Le critiche delle minoranze

Elly Schlein e il Partito Democratico chiudono la campagna elettorale per le europee. Foto di Stefano Ronchini / ipa-agency.net

Una breve premessa per così dire “storica”. I movimenti e le critiche delle minoranze non sono una cosa nuova nella sinistra, esistevano fin dai tempi del PCI (per non parlare del Psi e della stessa sinistra democristiana). C’è una tendenza a liquidarli sommariamente come “correntismo”, ma è appunto una lettura assai parziale: se si resta all’interno di una battaglia politica, di idee e di proposte e non semplicemente di potere, la sua funzione non può che essere positiva. Lo stesso tenore delle critiche nel tempo è alquanto ricorrente: le leadership (oggi quella di Elly Schlein) vengono accusate di essere poco inclini a misurarsi con la minoranza e a circondarsi di dirigenti “fedeli”, anziché coinvolgere le forze migliori.

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Non era successo nel PD con Letta, con Renzi, con Bersani, con lo stesso Veltroni? E non succede in qualche modo in tutti i partiti del socialismo europeo? Nel Labour party, per dire, Corbyn ha modellato a sua immagine la politica dei Laburisti all’opposizione e lo stesso sta facendo in direzione opposta, l’attuale leader-premier Starmer ora che governa.

Naturalmente questo non vuol dire sottovalutare il merito e l’entità delle critiche che anzi sarebbe bene affrontare subito, tanto più ora che si è abbastanza lontani dalle emergenze elettorali.

I due convegni

Milano, Elly Schlein. Foto di Alessandro Bremec / ipa-agency.net

Torniamo ai convegni. Come detto si è trattato di appuntamenti profondamente diversi: l’uno ha lamentato la marginalizzazione dei temi e degli esponenti cattolici nel PD attuale, l’altro ha denunciato un certo deficit di riformismo. Ma mentre nella riunione dei cattolici democratici non sono mancare le voci che non escludevano una possibile fuoriuscita dal PD per resuscitare una sorta di “Margherita”, il dibattito di Libertà Eguale non ha mai preso in considerazione una simile prospettiva: del resto – come ha ricordato Stefano Ceccanti, uno dei più autorevoli partecipanti – sono 25 anni che questa componente si confronta a Orvieto e l’unica differenza col passato è che questa volta la sala era molto più affollata.

La questione del centro

Critiche alla leadership a parte, a voler cercare un punto politico di contatto tra l’una e l’altra manifestazione, questo non può che essere il tema del cosidetto “centro”. Con un “campo largo” che si fonda unicamente – ma certo non per volontà di Elly Schlein – su forze di sinistra e in qualche caso ad alta vocazione populista, era inevitabile che il nodo venisse al pettine.

Il problema è se una impostazione più di centro (a Orvieto Paolo Gentiloni ha citato i temi della sicurezza e dei ceti medi) possa vivere all’interno del Pd oppure se sia davvero il momento di ri-affidarsi ad un partito modello Margherita per colmare il gap nella battaglia con la destra. In quest’ultimo caso sarebbe come azzerare tutta la storia del Partito democratico, nato appunto per riunificare le tradizioni del centrosinistra e far convivere riformismo e radicalismo in un unico grande contenitore. Non a caso, dal convegno dei cattolici democratici, l’appello più appassionato ad evitare nuove scissioni è venuto da Romano Prodi, che di quella stagione è stato uno dei maggiori simboli.

La questione è comunque sul tappeto e spetterà alla segretaria Elly Schlein raccoglierla. La sua prima interlocuzione è stata positiva: “Questi contributi sono segni di vitalità”, ha commentato. Ora però – anche dalla leadership – occorrerebbe passare ai fatti.



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