Sos capitale umano. Enti locali e Provincia a corto di amministratori e di personale


Pubblicato il 20 gennaio 2025 alle 15:11

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Comuni, Unioni montane, Provincia: è allarme rosso su e giù per le valli bellunesi. Nei vari livelli di governo locale manca capitale umano: si tratti di staff tecnico-amministrativi o di ceto politico. Non passa occasione che non si ponga l’accento su questo aspetto critico. Commenta Marco Bussone, presidente dell’Uncem, il “sindacato” delle istituzioni della montagna italiana: «Lamentarsi per mancanza di personale, fondi o segretari comunali è un esercizio di stile figlio del passato. Scegliamo di non lamentarci di fronte a tante mancanze, e costruiamo riforme vere».

La sua proposta: «Lavorare con Governo e Parlamento per soluzioni organizzative vere, durature, in linea con altri Paesi Ue che hanno ben più Comuni dell’Italia, ma hanno saputo farli lavorare insieme. Le zone montane avrebbero urgenza, nel quadro di una riorganizzazione degli ambiti amministrativi territoriali, anche di una fiscalità differenziata e peculiare, in primis per il sistema pubblico degli enti locali, che permetta di far fronte a sovraccosti di servizi e investimenti, montati dai Comuni di Alpi e Appennini».

Gli enti locali bellunesi ne sono consapevoli, e si interrogano. Secondo un’indagine della Conferenza dei sindaci, il numero dei dipendenti degli enti locali in provincia ha subìto una vera e propria cura dimagrante passando da 1.579 addetti del 2018 a 1.462 del 2022, arrivando in alcuni municipi a una emorragia nell’ordine del 20 per cento. Nella recente tornata elettorale amministrativa, quasi la metà dei 31 Comuni al voto in provincia ha visto concorrere una lista sola, il che accende una spia inquietante sulla partecipazione alla vita pubblica, sulle competenze necessarie a mettersi in …pista e – perché no – sul reticolo territoriale più appropriato per superare la frammentazione che vede tanti Comuni-polvere.

L’assessore regionale Francesco Calzavara sollecita a guardare al Piano regionale di riordino territoriale “Veneto 2030” (500 Comuni, 7 Province, 21 Ambiti intercomunali, recita il sottotitolo del documento) e – per rispondere a Bussone sul tema “riforme” – invita a puntare con convinzione sul superamento dei piccoli Comuni e sullo sviluppo dell’associazionismo intercomunale, «anche per fare massa critica dal punto di vista del personale».

Secondo Veneto Lavoro, braccio operativo della Regione, il rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica è in crisi. Pur con contratti a tempo indeterminato, il tasso di permanenza a tre anni sta registrando una brusca frenata, e molti concorsi vanno deserti (a questo punto sarebbe da chiedersi perché, ne uscirebbe un’analisi interessante). Fatto sta – denuncia Ennio Vigne, amministratore locale feltrino di lungo corso – che «sul territorio ci sono risorse economiche non utilizzate perché si è indebolita la capacità, politica e tecnica, di gestirle in modo lungimirante».

Ma, per efficientare la macchina, basta ridurre, accorpandoli, gli enti che hanno il fiato corto? Avverte il sociologo Aldo Bonomi, esperto di comunità ed economie locali: «Nelle economie dei territori nessuno si salva da solo». Per dire che bisogna avere vista lunga, prospettive, capacità di fare rete e costruire coesione.

Due notizie, allora, che incoraggiano a diffidare di operazioni ingegneristiche calate dall’alto, due notizie meritevoli di essere evidenziate in questo contesto problematico.

La prima: l’Ulss 1 Dolomiti ha pubblicato bandi volti a reclutare giovani con meno di 32 anni – con contratti di formazione lavoro della durata di 24 mesi, al termine dei quali potranno essere assunti – per l’area economica controllo di gestione, logistica, contabilità, finanza e auditing, e per il settore giuridico privacy.

Seconda notizia: l’Ipa Prealpi Dolomiti, con sede a Borgo Valbelluna, ha anch’essa aperto un bando per giovani laureati interessati a un progetto di tirocinio di inserimento lavorativo nelle cinque Unioni montane che partecipano all’Ipa. Il bando è denominato “A brave deal”, «ovvero, chiosa il direttore dell’Ipa, Matteo Aguanno, un patto sfidante, coraggioso, ambizioso tra la Pa e i giovani» con un percorso di alta formazione, in collaborazione con il dipartimento Tesaf dell’Università di Padova, della durata di sei mesi. «Bisogna che portiamo a partecipare gente convinta e volenterosa» auspica Aguanno. «Non servono geni ma ragazzi consapevoli di poter fare la differenza».

Le iniziative appena citate sono sperimentazioni importanti, alle quali augurare successo proprio per dare impulso al capitale sociale della nostra comunità provinciale. Un progetto da ampliare – al più presto – nei confronti degli amministratori locali. Non si può improvvisare! Sindaci e amministratori comunali devono tornare sui … banchi di scuola, per acquisire buone pratiche e un “know how” all’altezza delle sfide che li attendono sul campo.

Maurizio Busatta

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