Zuppi: “il Giubileo è il tempo per rimettere i debiti, riparare le ingiustizie sociali e costruire finalmente la pace” (S. C.)

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Roma 25–9-2023

Cei – Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana.
Prolusione del Card. Presidente
S.E. Matteo Maria Zuppi

Ph: Cristian Gennari/Siciliani

“Il Giubileo può diventare un’occasione per tornare a bussare alla porta dei Paesi ricchi, compresa l’Italia, perché rimettano i debiti dei Paesi poveri, che non hanno modo di ripagarli”. Lo ha affermato il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, che, introducendo il Consiglio permanente dei vescovi italiani, ha ricordato come nei Paesi poveri “vivono milioni di persone in condizioni di vita prive di dignità”. “Si badi che i debiti degli Stati sono talora contratti con privati: la Chiesa non può non far sentire la sua voce perché si stabilisca un’equità sociale e i pochi straricchi non profittino della loro posizione di vantaggio per influenzare la politica per i propri interessi”, ha aggiunto Zuppi. Senza dimenticare, come ha recentemente ricordato Papa Francesco, che c’è “una nuova forma di iniquità di cui oggi siamo sempre più consapevoli: il debito ecologico”, in particolare tra il Nord e il Sud. Di qui la necessità di “individuare modalità efficaci per convertire il debito estero dei Paesi poveri in politiche e programmi efficaci, creativi e responsabili di sviluppo umano integrale”.

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La condivisione dei beni, del resto, è un atteggiamento etico che ha radici bibliche proprio nell’antico giubileo.
I poveri “non sono una categoria: sono il nostro prossimo e noi lo siamo per loro”, ha ribadito il card. Zuppi. “Troppo spesso abbiamo istituzionalizzato il servizio ai poveri, che certamente richiede un livello di organizzazione e professionalità, ma troppo poco ci siamo avvicinati fisicamente e umanamente ai poveri”, ha denunciato il cardinale, aggiungendo che “non basta contribuire economicamente alle istituzioni preposte: tutti siamo chiamati a essere amici dei poveri e anche i nostri percorsi di catechesi non possono non educare all’amore per i poveri. È il sacramento del povero con cui condividere il pane della terra, dopo avere condiviso quello del cielo. Sono l’altro lato dello stesso altare eucaristico”.

“Se la percezione che abbiamo avuto, all’apertura del Giubileo o in altre occasioni, ha un qualche fondamento, l’anno giubilare può essere un momento opportuno per rinnovare il rapporto con quella che alcuni sociologi definiscono l’area grigia: un’estroversione non occasionale delle nostre comunità”, ha osservato Zuppi. “Non si tratta di mirare a piccoli risultati, ma di riprendere con tutti e con speranza paziente il filo grande di un discorso parzialmente interrotto. La speranza è attraente e qualifica il nostro parlare, mentre la rassegnazione o lo scetticismo lo svuotano di tanto”.

L’altro grande dono da invocare nel giubileo è la pace. “La Chiesa italiana innalza a Dio la preghiera perché il Giubileo offra l’opportunità per raggiungere i tanto attesi e indispensabili negoziati che trovino soluzioni giuste e durature, con una forte ripresa della presenza della comunità internazionale e del multilateralismo e degli strumenti necessari per garantire il diritto e non il ricorso alle armi per risolvere i conflitti”. A dare voce a tutti i vescovi italiani è il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, che, aprendo il Consiglio permanente, ha auspicato che “la tregua raggiunta in Terra Santa rafforzi la pace e avvii un nuovo processo che porti a un futuro concreto”. “La Chiesa in Italia è vicina a Israele perché possa riabbracciare finalmente i propri cari rapiti, avere la sicurezza necessaria e continuare a lottare contro l’antisemitismo che si manifesta dentro forme subdole e ambigue”, ha assicurato Zuppi, ricordando che “la recente Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei ha avuto come tema proprio il Giubileo, nella consapevolezza che solo l’amicizia e il dialogo continueranno a rendere saldo il nostro rapporto, per quanto ci riguarda costante e affatto indebolito”. “Già in passato sono intervenuto con chiarezza condannando fenomeni di risorgente antisemitismo, mai accettabili”, ha ribadito il cardinale.

“La Chiesa in Italia – ha proseguito – è vicina ai palestinesi e alla loro sofferenza perché si possa finalmente avviare un percorso che permetta a questo popolo di essere riconosciuto nella sua piena dignità e libertà”. Poi la condanna della produzione e del commercio delle armi, in cui “sono in gioco interessi sempre più elevati”, come ha denunciato più volte Papa Francesco: “il disarmo è un dovere morale”, così come la proposta del Santo Padre di “creare un fondo di lotta alla povertà invece di riempire gli arsenali”.

Sante Cavalleri



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