L’Italia è diventata la patria dei predicozzi, un luogo dove i sermoni televisivi riempiono le serate e i buoni propositi si sprecano, ma dove l’ipocrisia domina incontrastata. Recentemente ho assistito a un episodio emblematico: Fabio Fazio, durante una puntata del suo programma “Che tempo che fa”, ha intervistato Papa Francesco. Tra i temi trattati, si è parlato di povertà e delle ingiustizie globali. Il Santo Padre ha evidenziato che basterebbe fermare il mercato delle armi per ridurre drasticamente la povertà nel mondo. Un concetto semplice e condivisibile, che tuttavia si scontra con una realtà assai più complessa. Ma c’è un dettaglio che rende questa intervista una perfetta rappresentazione delle contraddizioni del nostro Paese. Sapete quanto guadagna Fabio Fazio? Parliamo di circa 2,5 milioni di euro all’anno, che diventano 10 milioni nel quadriennio del contratto firmato con Warner Bros. Discovery per portare il suo programma sul canale Nove. E allora, di cosa parliamo? Di povertà? Di solidarietà? Di equità sociale?
Il “Sistema Fazio”: La ristretta cerchia dei privilegiati
Questo non è un attacco personale a Fabio Fazio, ma a ciò che rappresenta. In Italia si è consolidato un sistema, chiamiamolo pure il “Sistema Fazio”, che vede una cerchia ristretta di individui accedere a guadagni astronomici, mentre il resto del Paese tira avanti con stipendi sempre più insufficienti. Non è solo una questione di televisione: lo stesso discorso vale per il mondo del calcio, dello spettacolo, della politica. Un calciatore può guadagnare decine di milioni di euro in una sola stagione, mentre un medico, che salva vite ogni giorno, si deve accontentare del classico stipendio statale. E la ricerca? Si sente dire continuamente che non ci sono fondi. In compenso, per produrre spettacoli o contratti milionari, i soldi si trovano sempre. Questo è il grande squilibrio che sta logorando la nostra società. E non è un discorso “di sinistra” o “di destra”. Qui non si tratta di ideologie, ma di giustizia sociale.
Dove sono i mezzi di comunicazione?
La domanda è semplice: perché i grandi mezzi di comunicazione non avviano una seria battaglia sociale su questi temi? La risposta, purtroppo, è altrettanto semplice: nessuno è disposto a mettere in discussione i grandi capitali. È più facile apparire in televisione per fare la parte dei buoni, parlando di solidarietà, di povertà e di giustizia sociale, piuttosto che affrontare il problema alla radice. La disuguaglianza economica è il grande non detto della nostra epoca. E così, mentre in TV ci si riempie la bocca di buone intenzioni, si continua a ignorare la realtà. Nessuno parla dei privilegi di pochi. Nessuno mette in discussione il fatto che un conduttore televisivo possa guadagnare 10 milioni di euro in quattro anni, che un calciatore possa incassare cifre astronomiche, mentre milioni di italiani faticano ad arrivare alla terza settimana del mese.
Un sistema da cambiare
È ora di dire basta. Non è accettabile che in un Paese come l’Italia ci sia un tale squilibrio tra ricchi e poveri. È necessario avviare un processo di riequilibrio dei salari, che tenga conto degli aspetti meritocratici, non penalizzi chi lavora duramente e che redistribuisca le risorse in modo più equo. La vera solidarietà inizia dal mettersi in discussione, dal riconoscere che questo sistema è profondamente sbagliato. È necessario ripensare il modello economico, che oggi premia in modo sproporzionato alcuni settori a discapito di altri. La ricerca, l’istruzione, la sanità devono essere prioritarie. E i grandi guadagni? Devono essere tassati in modo adeguato e redistribuiti per sostenere chi è in difficoltà. Questo non significa penalizzare il merito o la creatività, ma garantire che nessuno rimanga indietro.
Un appello ai ricchi: rinunciate ai privilegi
La vera giustizia sociale non si fa con le parole, ma con i fatti. E questo vale soprattutto per chi è in una posizione di privilegio. Chi guadagna milioni dovrebbe essere il primo a mettersi in discussione, a dare l’esempio. Non si tratta di demonizzare i ricchi, ma di chiedere loro un impegno concreto per ridurre le disuguaglianze. La carità è un gesto nobile, ma non è sufficiente. Serve un cambiamento strutturale.
Conclusione: basta Ipocrisie, serve giustizia sociale
Non è più tempo di predicozzi. L’Italia ha bisogno di un cambiamento radicale, che metta al centro l’equità e la giustizia sociale. E questo cambiamento deve partire dai grandi protagonisti della nostra società: dai politici, dai manager, dai conduttori televisivi, dai calciatori. Basta con le ipocrisie, basta con i sermoni vuoti. Se vogliamo davvero un mondo più giusto, dobbiamo essere disposti a cambiare. E il cambiamento inizia dal riconoscere che i privilegi di pochi non possono essere mantenuti a scapito di molti.
Matteo Lauria – Direttore I&C
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