«Vigneti e frutteti, le economie di scala per mantenere il reddito»

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Inflazione, cambiamento climatico, speculazione. Philip Thurn Valsassina, laurea in Economia alla Bocconi, presidente di Confagricoltura Friuli Venezia Giulia e presidente nazionale per il settore cereali di Confagricoltura individua subito i pericoli per la redditività dei terreni. Che, ammette, non è più quella di un tempo. «Ma grazie a economie di scala, specializzazione delle colture e tecnologia, l’imprenditore agricolo del Nord Est potrà avere soddisfazioni anche in futuro».

Presidente nel 2024 il valore nominale di un ettaro di terra è aumentato, ma vale di meno rispetto a 10 o 20 anni fa. È colpa di cosa?

«Un certo aumento l’anno scorso c’è stato, ma inferiore all’inflazione registrata nel 2022 e 2023. Negli anni ’70 e ’80 pur con un caro vita a doppia cifra, i terreni recuperavano in modo costante tutto il loro valore. Avere un campo è stato sempre considerato un investimento redditizio e sicuro. Invece adesso si nota che c’è una contrazione di questo mercato».

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Il clima che muta sta minando pure i prezzi dei terreni, così dicono gli esperti: concorda?

«È vero. Il 2024, per esempio, è stato un anno molto piovoso, ma è stato comunque problematico per le ondate di calore con oltre 35 gradi, che hanno messo in crisi tutte le piante. Non è tanto la siccità a fare danni, ma le difficoltà dovute alle alte temperature: le piante vanno in auto protezione e bloccano il ciclo vegetativo, con le conseguenze del caso. Risultato? C’è stata una divaricazione, rispetto al passato, delle quotazioni dei terreni. Quelli più vocati sono sempre di meno e quindi aumentano di valore. Ma quelli non irrigui e “leggeri”, che in pianura sono tantissimi ed erano dedicati in genere ai cereali, hanno una redditività molto più bassa e un valore che è calato tanto».

L’agrivoltaico e il fotovoltaico che stanno dilagando un po’ dappertutto sono una carta da giocare o rischiano di essere dannosi?

«Quello che oggi aumenta di più il valore del terreno è la vicinanza a una stazione di trasformazione di Terna, tanto che negli ultimi anni abbiamo avuto campi che si sono rivalutati del 50%. Ma si tratta di operazioni finanziarie, alla lunga quei terreni potrebbero impoverirsi».

Se lei dovesse consigliare un imprenditore a investire nella terra, dove lo indirizzerebbe?

«La grande speranza dei vignaioli veneti, trentini e friulani è ancora il vigneto, perchè vuol dire che il vino, nonostante tutto, si vende. Emblematica la spinta del Prosecco che nella zona di Conegliano ha fatto lievitare i prezzi dei terreni proprio perché sopra c’è la Glera. Per fare il prezzo finale valgono le zone, le Denominazioni di origine, il tipo di vino. La valorizzazione data dal patrimonio Unesco è stata fondamentale per Conegliano. Anche Collio e Brda sloveno potrebbe avere questa opportunità in futuro, è fondamentale raccontare la componente storico culturale di un territorio e dell’agricoltura».

Il seminativo però fa sempre la parte del leone: solo in Veneto ci sono 100 mila ettari coltivati a mais…

«I cereali rappresentano la base del mercato. Ci sono vari fattori che incidono sul valore di un terreno da semina, in particolare le caratteristiche fisiche e geografiche. Essere vicino a una stalla, per esempio, è sempre stato un elemento favorevole, perchè le stalle hanno necessità di distribuire i reflui zootecnici, quindi la concimazione del terreno, per l’agricoltore, diventa molto meno dispendiosa».

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I frutteti sono un asso nella manica per chi vuole investire? I prezzi della frutta sono sempre più elevati per il consumatore.

«In questo caso il mercato incide parecchio ed è più dinamico rispetto ad altri settori. Il frutteto è altamente specializzato. Bisogna proteggersi dalle gelate, avere le reti anti grandine, le reti anti insetti, evitare quanto possibile l’utilizzo di fitofarmaci e così via. È una coltura molto dispendiosa per l’agricoltore, anche se le Regioni erogano contributi ad hoc. Il prodotto di qualità costa perchè servono specializzazione e macchinari sofisticati».

Lavorare un terreno oggi è ancora redditizio per un’azienda?

«Dipende. Bisogna sicuramente parlare di economie di scala, ma in genere la redditività è inferiore rispetto al passato. Fondamentale è specializzarsi e avere tecnologia. Nel settore dei seminativi le aziende devono crescere, essere grandi e strutturate. Non c’è una coltura che fa diventare ricchi: importanti sono sperimentazione e ricerca». 



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