Almasri, un arresto che potrebbe svelare complicità italiane nei crimini libici contro i migranti

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Dopo essere stato individuato in base a una segnalazione dell’Interpol in esecuzione di un provvedimento della Corte penale internazionale adottato lo scorso 18 gennaio, è stato arrestato a Torino, presso l’hotel in cui alloggiava, il generale Njeem Osama Elmasry, ovvero Osama al-Najim, noto anche come Almasri, capo della Polizia giudiziaria libica, e vertice della potente milizia denominata RADA. Un gruppo paramilitare che opera nella regione di Tripoli a supporto del Governo di unità nazionale (GNA), riconosciuto a livello internazionale.

Almasri era responsabile di due centri di detenzione vicino Tripoli, ad Ain Zara ed a Mitiga, proprio nei pressi dell’aeroporto internazionale sul quale l’Italia ha recentemente riattivato collegamenti di linea, e veniva ricercato dalla Corte penale internazionale per le torture ed i crimini contro l’umanità commessi ai danni tanto di cittadini libici che di persone migranti detenute nei centri di detenzione che gestiva. Si tratta adesso di vedere bene quali sono i capi di imputazione che gli sono contestati nella richiesta di arresto e se il processo avrà il suo corso.

Secondo quanto riferisce l’agenzia NOVA, in Libia la notizia dell’arresto di Almasri è stata diffusa sulla pagina Facebook ufficiale della Fondazione per la riforma e la riabilitazione di Ain Zara, struttura carceraria di Tripoli, e rilanciata da diversi giornali libici, tra cui “Al Hadath Libya”. In un post pubblicato sulla pagina della Fondazione, il direttore della struttura, Abdel Moaz Nouri Bouaraqoub, ha condannato quello che ha definito un “arresto arbitrario” di Al Najim, generale di brigata, esortando le autorità libiche ad assumersi la responsabilità di questa situazione. “Il generale di brigata Osama al Najim è noto per il suo rigore, dedizione e professionalità nell’adempiere ai compiti che gli sono stati affidati per molti anni. Preghiamo Dio Onnipotente affinché possa tornare sano e salvo il prima possibile”, si legge nella dichiarazione.

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Sembra che le autorità italiane, in ccordinamento con la Corte penale internazionale, stiano ora gestendo le procedure necessarie per il trasferimento del potente capo della RADA verso la giurisdizione dell’Aja, dove dovrà rispondere delle accuse. Se davvero si procederà con la estradizione di Almasri, senza cedere a pressioni provenienti dalla Libia, il processo che si svolgerà a suo carico davanti alla Corte Penale Internazionale potrebbe fare emergere anche responsabilità italiane nella commissione di crimini contro l’umanità ai danni dei migranti intercettati in mare e riportati in Libia.

Come ha dichiarato all’AGI Riccardo Noury, presidente di Amnesty International Italia: “Premesso che la Corte giudica singoli individui e non può condannare l’Italia – prosegue – potrebbe accadere che nel corso di qualche deposizione salti fuori che l’Italia potrebbe aver favorito, attraverso la cooperazione con la Libia, gli addebiti penali mossi nei confronti di queste persone”. L’indagine della Cpi ha diverse diramazioni, per crimini di guerra riguardanti i libici e crimini contro l’umanità che hanno nel mirino i migranti: “Tutto ruota intorno a Mitiga – spiega Noury – la città che è stata sia il luogo di scontri furibondi per il controllo dell’aeroporto sia il sito in cui si trova un centro di detenzione che Osama al Najim ha diretto”.

In realtà se le torture ai danni dei migranti sono avvenute all’interno dei centri di detenzione controllati dalle milizie della RADA, non si può dimenticare che negli ultimi due anni decine di migliaia di persone sono state intercettate in mare e rigettate nell’inferno libico, con un sostanziale contributo delle autorità italiane impegnate nella “difesa dei confini” e nella lotta contro l’immigrazione “illegale”

Malgrado le condizioni meteo impossibili, a differenza della calma che ha caratterizzato i primi mesi del 2023, anno record degli arrivi in Italia sulla rotta del Mediterraneo centrale, le partenze e le deportazioni dalla Libia non sono mai cessate, ma tutto viene oscurato per non scalfire i “successi” del governo italiano. Come effetto di questi “successi” si segnala che al 18 gennaio scorso, almeno 31 persone sono già morte sulla rotta del Mediterraneo centrale dall’inizio dell’anno. Lo ha comunicato l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) in Libia nel suo ultimo aggiornamento pubblicato su X. Nello stesso periodo, precisa l’agenzia dell’Onu, i migranti intercettati in mare e riportati in Libia sono stati 493, di cui 429 uomini, 47 donne e 17 minori. Adesso saranno nelle mani di milizie armate come il gruppo RADA, se non di gruppi criminali che li sottoporranno ad ogni tipo di sevizie, anche a scopo estorsivo.

La Procura di Agrigento, più recentemente, e le Nazioni Unite, fin dal 2018, avevano già messo sotto indagine un altro esponente delle milizie che collaborano con il governo di Tripoli nel blocco delle partenze e nelle intercettazioni in mare, il comandante Bidja, arrestato a Tripoli nel 2020 e poi rilasciato e nominato dal premier Dbeibah come capo dell’Accademia navale. Sono indagini che devono proseguire, anche dopo che un gruppo armato ancora non individuato ha eliminato lo scorso anno questo importante testimone non solo delle violenze alle quali sono sottoposti i migranti che transitano, e continuano a transitare dalla Libia, ma anche custode di segreti ormai inconfessabili sui rapporti con le autorità italiane.

Ci auguriamo che il generale Njeem Osama Elmasry, venga estradato e processato davanti alla Corte Penale Internazionale, prima che qualcuno riesca a farlo rientrare in Libia, magari per nascondere i segreti che possiede, certamente anche sui rapporti tra le milizie, il governo di Tripoli e le autorità italiane ed europee.

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Un arresto che potrebbe svelare la complicità italiana nei crimini contro i migranti commessi in Libia – ADIF

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