Santanchè, Meloni in pressing su La Russa: pranzo per indurla alle dimissioni. Ma la ministra: «Non lascio»

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Non si dimette. Non ancora. Ma – è la previsione che gira a sera tra i Fratelli d’Italia – potrebbe farlo presto. Prima del previsto, considerato il pressing di Giorgia Meloni per spingerla a lasciare. È appeso a un filo il futuro nel governo di Daniela Santanchè. Che le cose per lei non si mettessero bene, la ministra del Turismo lo aveva capito fin dai giorni scorsi. Da quando il suo partito ha evitato di farle scudo dopo il rinvio a giudizio per falso in bilancio nel caso Visibilia, lasciando agli alleati la difesa dell’esponente meloniana. Ma forse neanche la “Santa”, come la chiamano gli amici, si aspettava l’accelerazione di ieri. Con la premier appena rientrata da Washington decisa a chiudere il caso prima di partire per l’Arabia Saudita questo fine settimana. Viaggio al quale, non a caso, è prevista – ma a questo punto sarebbe forse più corretto dire era – la partecipazione anche di Santanchè.

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IL SEGNALE

Il segnale del cambio di passo arriva all’ora di pranzo. Quando Meloni vede a Palazzo Chigi Ignazio La Russa, il presidente del Senato ma soprattutto l’esponente di FdI forse più vicino alla ministra. E per quanto il pranzo sarebbe stato «programmato da tempo», assicura chi era a conoscenza dell’appuntamento, il piatto forte del menù è il destino della titolare del Turismo. Su cui, almeno da parte della leader di via della Scrofa, non ci sono più dubbi. «Convincila tu a lasciare», è in sostanza la richiesta che la premier consegna a La Russa. Un’opera di moral suasion che viene quindi affidata a un amico di lunga data, con più chances – si ritiene – di convincere la ministra al passo indietro.

Il percorso che auspica Meloni è quello di un’uscita soft. Che metta fine a una vicenda che – confessa qualcuno dei Fratelli – «sta diventando imbarazzante per tutti». Seguita da una sostituzione lampo, sul modello della staffetta alla Cultura tra Gennaro Sangiuliano e Alessandro Giuli. Con la guida del Turismo affidata a un altro esponente di FdI: in pole il già consigliere del ministero Gianluca Caramanna o un altro deputato, Manlio Messina (ma si fa il nome anche dell’assessora piemontese Marina Chiarelli). Ma se i consigli di La Russa non avranno effetto, non è escluso che Santanchè possa essere convocata a Palazzo Chigi nelle prossime ore. Oggi, intanto, la ministra sarà a Roma per una serie di appuntamenti.

Quel che pare certo a via della Scrofa, in ogni caso, è che la titolare del Turismo non sia intenzionata a cedere tanto facilmente. Per tutto il pomeriggio di ieri si rincorrono voci di un imminente faccia a faccia con Meloni a Palazzo Chigi. Ma lei, contattata dal Messaggero, smentisce: «Veramente sono a Milano per alcune riunioni importanti, non ho nessun appuntamento con Giorgia oggi». E le dimissioni? «Sto lavorando. Non ho nulla da dire». Clic.

Santanchè a processo, il «vediamo» di Meloni e il gelo FdI: ora la ministra è appesa ad un filo

Passa meno di un’ora e le agenzie battono il lancio di una comunicazione del ministero di Santanchè: la ministra, viene fatto sapere, sarà a Gedda il 27 gennaio per le attività del Villaggio Italia in occasione della tappa saudita dell’Amerigo Vespucci. Messaggio che dentro FdI viene letto come la prova di un braccio di ferro in corso. Tanto più che la premier aveva appena modificato la sua agenda, anticipando di due giorni la tappa di Gedda della missione saudita in calendario il prossimo fine settimana, con quello che da qualcuno veniva interpretato proprio come un guanto di sfida alla ministra. La quale, evidentemente, sceglie di raccoglierlo. «È chiaro – la riassume a sera chi dentro FdI incarna il Meloni-pensiero – che non si farà dimettere tanto facilmente». Un meloniano al governo ipotizza che si possa aspettare il 29 gennaio, giorno in cui si saprà se un’altra indagine a carico della ministra, quella per truffa ai danni dell’Inps, resterà a Milano o passerà a Roma (allungando i tempi del possibile nuovo rinvio a giudizio). «Ma – è la sintesi – o si decide di attendere il verdetto di primo grado, oppure la vedo segnata».

LA DIFESA

Non tutti però nel partito della premier sono a favore della linea dura. Un assist alla ministra a processo arriva dal collega Guido Crosetto: «Un rinvio a giudizio non significa nulla – è lo scudo del ministro della Difesa – si è innocenti fino al terzo grado di giudizio: l’ho detto in passato per gli avversari, lo dico oggi per Santanchè». Anche Matteo Salvini, tra i primi a prendere le parti della ministra, conferma la fiducia: «Per quanto mi riguarda, non cambia nulla: perché dovrebbe dimettersi?». Ma sono in pochi, nell’esecutivo come a via della Scrofa, a sostenere questa linea. E la premier ormai non pare essere tra questi.

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