Ruffini: comunicare non è a senso unico, il suo valore grande sta nella relazione

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Il prefetto dei media vaticani parla del Giubileo del Mondo della Comunicazione, in programma dal 24 al 26 gennaio: l’Anno Santo è l’occasione per interrogarsi e ricominciare a ritrovare il senso più profondo, iniziale, della nostra vocazione di comunicatori

Andrea De Angelis – Città del Vaticano

“Noi non vogliamo fare altro che condividere una interpretazione del mondo. È una verità che ci è stata rivelata e desideriamo cercarla nella nostra storia con tutte le nostre forze”. Lo afferma Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione, che questa mattina, 21 gennaio, ha presentato il Giubileo del Mondo della Comunicazione – in programma dal 24 al 26 gennaio – nel corso della trasmissione Radio Vaticana con Voi. Un evento – quello del prossimo fine settimana, con un corollario di appuntamenti in quella successiva – che sarà il primo dei numerosi previsti nel corso dell’Anno Santo. Il Giubileo del mondo dei media coincide con la ricorrenza del patrono dei giornalisti, San Francesco di Sales, che cade il 24 gennaio. 

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La relazione, chiave del buon giornalismo

Sollecitato sul fatto che i giornalisti sono chiamati ad essere portatori di speranza e verità, Ruffini ricorda che “senza relazione non c’è speranza, siamo chiusi in noi stessi. La relazione è un affidarsi all’altro e credere che si può entrare in relazione con l’altro anche quando magari non la pensa come noi. La relazione può prevedere anche delle cose molto faticose come il perdono, cioè il ricominciare. Come Papa Francesco ha detto, a volte – ricorda Ruffini – si rompe una relazione, ma poi si può ricominciare anche in maniera diversa, ma sempre. Quella relazione, in fondo, nasce dal fidarsi gli uni degli altri e la speranza è l’affidarsi e fidarsi gli uni negli altri e poi costruirla”. In questo senso anche la “concezione della comunicazione non è a senso unico, ma basata sull’amore, sull’affidamento, sulla relazione”. 

Numerosi appuntamenti

La tre giorni dedicata al Giubileo del Mondo della Comunicazione prevede numerosi appuntamenti, che il prefetto ricorda nel corso dell’intervista. “Sì, sono tanti appuntamenti e posso dire che sono nati spontaneamente, dalla voglia di fare un esame di coscienza, interrogarsi e forse ricominciare a trovare anche il senso più profondo iniziale, sorgivo della nostra vocazione”, quella dei giornalisti. Quindi comunicare, scegliere la comunicazione come professione è a tutti gli effetti una vocazione. Tra i tanti eventi, “il più importante dei quali è l’udienza con Papa Francesco e il pellegrinaggio per attraversare insieme la Porta Santa e meditare su dove siamo e dove vogliamo andare, quindi su dove si trovano le radici della nostra speranza”.

I media vaticani

I media vaticani sono chiamati a raccontare il Giubileo in che modo? “Cercando di andare – osserva Ruffini – nel profondo del Giubileo, che non è – il Papa l’ha detto meglio di me – un evento, non è un fuoco d’artificio, non è un qualcosa di un istante, ma è un cammino che continua e che riguarda tutti, che riguarda noi che crediamo, ma chiunque vuole trovarci un segno di cambiamento”. Tra quello che occorre comunicare, certamente c’è il fatto che l’Anno Santo non è uno strano prodigio, “non si passa la Porta Santa e per magia succede qualcosa”. Invece è “credere che è un segno, recuperando le ragioni profonde della nostra fede, quelle che ci fanno membra gli uni degli altri. Così possiamo intraprendere un cammino diverso e ricominciare. Fare un esame di coscienza e capire, come ha detto il Papa Francesco nel periodo terribile della pandemia”.

Il ruolo centrale delle storie

Nel corso della diretta telefonica, le persone in ascolto hanno chiesto di porre in evidenza l’importanza delle storie di vita vissuta. “Le storie – sottolinea Ruffini – siamo noi, noi siamo le storie che raccontiamo e le storie che viviamo. L’intelligenza umana è un combinato di intelligenza del cuore ed intelligenza della mente. Senza il cuore non riusciamo a intelligere davvero tutto”. Poi il prefetto vaticano si sofferma sulle tempistiche della comunicazione. “Un punto chiave – sostiene – è la rapidità del nostro tempo. Per capire le cose c’è bisogno anche di un po’ di lentezza, c’è bisogno anche di fermarsi ogni tanto per ritrovare le nostre anime, per cogliere l’anima dell’altro se vogliamo fare bene i giornalisti. Quando il Papa dice consumare le suole delle scarpe, dice appunto anche di un tempo lento di cui a volte abbiamo bisogno per capire e raccontare storie, per cogliere”. 

La memoria

“Coltivare la memoria – afferma ancora il prefetto dei media vaticani – è avere la capacità di riconnettere le cose per offrire una prospettiva che sia una prospettiva di bene. È il compito dei giornalisti, altrimenti, diciamo, vivremmo distanti, smemorati e senza senso. Questo è un po’ il lavoro dei giornalisti ed è ciò che forse stiamo perdendo nella rapidità di un tempo che sembra consumarsi nell’istante stesso. È poi fondamentale un’interpretazione della verità in maniera trasparente. Noi, conclude Ruffini, “non vogliamo fare altro che condividere una interpretazione del mondo. È una verità che ci è stata rivelata e cerchiamo nella nostra storia con tutte le nostre forze”, nella relazione, per trovare insieme “nuovi modi e nuove strade”.



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