Il mondo finirà in mano ai tech bro? Il termine, che è usato correntemente da alcuni anni negli Stati Uniti e sta cominciando a circolare anche in Italia, indica un ruolo ma anche, e soprattutto, una mentalità. Elon Musk è senz’altro un tech bro, così come lo sono Mark Zuckerberg, Jeff Bezos e gli altri capi di grandi gruppi tecnologici di San Francisco e della Silicon Valley. Imprenditori e leader aziendali che hanno portato l’innovazione disruptive nella nostra società e nelle nostre vite e che, oggi, sembrano aver acquisito un potere ancora maggiore rispetto al passato. Vediamo intanto di riflettere sull’origine e sulla natura del termine, oltre che sulla sua evoluzione. Perché, se anni fa un “tech bro” era sostanzialmente un nerd introverso, oggi ha rotto le catene del proprio imbarazzo sociale e, forte della comunità di riferimento, ha tirato fuori l’autostima e, in certi casi, una discreta dose di tracotanza.
Cosa significa “tech bro”
Tech bro è, come si può facilmente capire, la contrazione dei termini “tecnology” e “brothers”.
Secondo il Cambridge Dictionary, tech bro è “qualcuno, di solito un uomo, che lavora nell’industria tecnologica e digitale, specialmente negli Stati Uniti. Talvolta si ritiene che non abbia buone attitudini sociali e non sia troppo fiducioso nelle sue capacità”. Una definizione, in realtà, che appare a molti limitativa e poco attuale.
Più centrata – secondo gli esperti – è la spiegazione del Dizionario Collins: “Si definisce tech bro un uomo che lavora nell’industria tecnologica innovativa” e che “ha un’opinione molto elevata di se stesso e spesso scarse attitudini sociali”.
Conferma in parte questa lettura del fenomeno Michelle Wucker, studiosa statunitense autrice di vari saggi, commentatrice e analista politica: “La parola indica persone giovani ed estremamente fiduciose nelle proprie capacità, che ritengono di sapere più di quanto sanno realmente. Ce ne sono molti nel tech world – dice Wucker a EconomyUp – ma anche in altri ambienti. Persone come Elon Musk, per esempio, sono spesso associate a questa definizione. L’amministrazione Trump potrebbe promuovere gli interessi di gente come Musk e, in generale, di coloro che possiedono una mentalità del tipo ‘move fast and break things’, muoviti velocemente e rompi le cose”.
Come è nato il termine
Il termine “tech bro” è apparso per la prima volta nell’Urban Dictionary nel 2013. Trae le sue origini dalla cultura dei “bro”, gli studenti dei college americani membri di una “fraternity”, ovvero quel tipo di alloggi universitari che li vedono riuniti sotto lo stesso tetto. Secondo il sito hackernoon.com , “tech bro” avrebbe ha iniziato a diffondersi nel 2017 quando l’ingegnere di Google James Damore fu licenziato per un manifesto in cui sosteneva che le disuguaglianze di genere sul lavoro fossero dovute a differenze biologiche. Siccome Damore era da tutti indicato come un “tech bro”, questo episodio avrebbe conferito al termine una connotazione derisoria, poi usata per descrivere dipendenti dell’industria IT coinvolti in scandali o comportamenti insoliti. Nonostante nel 2019 una pubblicazione di Seattle avesse dichiarato la definizione “obsoleta” perché non inclusiva, è ancora utilizzata, talvolta in modo lievemente dispregiativo, per figure del settore IT.
Tuttavia, come si è visto, può essere soggetta a interpretazioni diverse e non riflette necessariamente la realtà di tutti i professionisti nel settore IT.
L’ambiente culturale
Il tech bro è spesso associato a una mentalità da startup: veloce, snella e sempre in movimento. Il suo ambiente culturale è caratterizzato dall’assunzione di rischi, dalla competizione e talvolta anche dall’arroganza, con la convinzione che chi si impegna moltissimo in quello che fa alla fine raggiungerà il successo.
Chi è stato il primo tech bro della storia?
Secondo Wired Usa, il primo tech bro della storia potrebbe essere Michael Bloomberg, perché incarna molti degli aspetti tipici di questo stereotipo, sebbene appartenga a una generazione precedente rispetto agli attuali imprenditori della Silicon Valley. Fondatore negli anni ’80 di una società tecnologica sviluppatrice di terminali finanziari che fornivano dati e strumenti analitici avanzati ai trader, è stato sindaco di New York City per tre mandati ed è noto per la sua filantropia e per la partecipazione a campagne politiche, inclusa una corsa presidenziale.
A contraddistinguerlo è il suo approccio disinvolto e rivoluzionario, tipico di molti giovani imprenditori tecnologici: Bloomberg, scrive Wired, è conosciuto per la fiducia in sé stesso e nella sua capacità di risolvere problemi sociali attraverso l’innovazione, analogamente ai fondatori delle startup di oggi. Questo approccio strategico e il suo atteggiamento verso le normative, spesso considerate un ostacolo piuttosto che una guida, sono caratteristiche che lo avvicinano ai “tech bro” contemporanei.
Una “confraternita” sempre più potente
Negli ultimi mesi “tech bro” si è caricato di ulteriori significati, probabilmente a seguito dell’ulteriore potere acquisito da un tech bro d’eccezione come Musk, che sta lavorando al fianco del presidente degli Usa Donald Trump. Altri tech bro, come Mark Zuckerberg e Jeff Bezos, si sono avvicinati a Trump, dando proprio l’impressione di essere una “confraternita” che vuole esercitare un potere non solo economico. Vedremo se questa sarà o meno l’era in cui i tech bro governeranno il mondo.
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