Dall’inviato a Strasburgo – Come prevedibile, l’insediamento ufficiale di Donald Trump come 47esimo presidente degli Stati Uniti ha travolto la politica europea. Che si è letteralmente spaccata in tre campi: chi celebra il ritorno alla Casa Bianca di un patriota, chi critica l’arrivo al potere della “destra radicale” e chi prova a ridimensionare le preoccupazioni e a guardare al bicchiere mezzo pieno.
Alleanza strategica (ma senza compromessi)
Questo approccio è quello scelto dalle due principali formazioni politiche dell’Eurocamera. A margine dei lavori della plenaria in corso a Strasburgo, il capogruppo del Partito popolare europeo (Ppe) Manfred Weber ha sottolineato oggi (21 gennaio) che il compito di Bruxelles nell’era del Trump bis sarà quello di “cooperare e trovare soluzioni comuni” con Washington sulle questioni che interessano entrambe le sponde dell’Atlantico, ad esempio “come limitare le ambizioni globali della Cina”.
“Lavoriamo insieme“, ha scandito il presidente-padrone dei Popolari, “ma mostriamo anche la nostra forza“, implementando senza paura le nostre regole come quelle sui servizi digitali – raccolte nel Dsa, oggetto di un altro acceso dibattito in Aula, connesso al ruolo chiave che svolgerà il proprietario di X, Elon Musk, nella nuova amministrazione statunitense. Soprattutto, ha sottolineato, “serve forza e unità anche di fronte ai possibili dazi doganali” che Trump ha millantato di imporre sugli import europei.
Un approccio condiviso anche dalla presidenza polacca del Consiglio, rappresentata in Aula dal ministro agli Affari europei di Varsavia Adam Szłapka: “Vogliamo lanciare un confronto costruttivo con la nuova amministrazione”, ha dichiarato, sostenendo che serve “una riflessione collettiva su come sostenere questo partenariato in tutte le circostanze che sicuramente richiede unità da entrambe le parti”. Per la Commissione europea ha parlato Maroš Šefčovič, vicepresidente esecutivo per il Green deal: “L’Ue crede più che mai in questa amicizia” (da cui, dice, dipende oltre il 42 per cento del Pil globale), ma l’esecutivo comunitario “non cederà di un millimetro nel difendere gli interessi europei“.
Attenzione ai valori
Sulla stessa linea anche i Socialisti (S&D), i quali mostrano tuttavia maggiore cautela. Per la capogruppo Iratxe García Pérez “l’arrivo di Trump ci pone delle sfide importanti” e “gli auspici non sono positivi ma anzi sono preoccupanti“, a cominciare dalle prime misure adottate ieri dal nuovo presidente, tra cui spiccano il ritiro degli Stati Uniti dagli accordi di Parigi sul clima e dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nonché un inasprimento delle politiche migratorie.
“Serve unità da parte europea”, ha scandito la spagnola, “per rafforzare la nostra leadership a livello globale e la nostra autonomia strategica“, mettendo al sicuro dalle “minacce” del tycoon newyorkese l’economia e l’industria del Vecchio continente. “Gli Usa sono un alleato strategico dell’Ue e viceversa”, ha continuato, “ma le nostre relazioni vanno chiarite e basate sul rispetto reciproco e la difesa del multilateralismo“.
Per l’eurodeputato Pd Brando Benifei, capo della delegazione dell’emiciclo per i rapporti con gli Stati Uniti, “dobbiamo pretendere rispetto” da Washington, un messaggio che “dev’essere mandato con chiarezza” poiché costituisce “la base per un rapporto costruttivo” tra le due sponde dell’Atlantico. “L’Europa dev’essere aperta al dialogo con la nuova amministrazione ma sempre consapevole di se stessa e dei propri valori“, ha aggiunto intervenendo durante il dibattito in plenaria.
Gli ha fatto eco la compagna di partito e vice-capogruppo dei socialdemocratici in Aula, Camilla Laureti: “Saremo determinati nel difendere i valori e i princìpi fondanti dell’Ue“, ha dichiarato, perché contro il discorso di Trump che “riflette la logica della chiusura e dei muri” i Ventisette devono “costruire un argine politico ad una deriva che rischia di inghiottire gli equilibri mondiali“.
Tenere testa a Trump
Ancora più critici i commenti arrivati da liberali, ambientalisti e sinistra radicale. “Donald Trump è tornato e vuole già ribaltare il mondo“, ha sentenziato la capogruppo di Renew Valérie Hayer, lamentando che durante il discorso d’insediamento di ieri “abbiamo sentito parlare di America first ma nessuna parola sull’Europa, nessuna sull’Ucraina”.
Le relazioni transatlantiche dovrebbero essere forti nell’interesse tanto degli Usa quanto dell’Ue, ha ragionato, ma ci troviamo di fronte ad “una nuova era di politiche reazionarie” che spaziano dal negazionismo climatico alla stretta sui diritti riproduttivi e sessuali. Passando per “il protezionismo e la guerra commerciale” con cui il nuovo inquilino della Casa Bianca minaccia i Ventisette, davanti alla quale Bruxelles deve “alzare la voce”: “Trump gioca al braccio di ferro e noi dovremo stare al gioco“, ha annunciato.
Per la co-capogruppo dei Verdi (Greens/Efa) Terry Reintke, “la seconda presidenza Trump farà ancora più danni rispetto alla precedente” e il nuovo leader statunitense “vuole attaccare l’ordine mondiale, lo Stato di diritto, la democrazia, i diritti umani“. E si spinge a sostenere che tanto il tycoon quanto il presidente russo Vladimir Putin “attaccano le nostre democrazie e la nostra integrità elettorale“, riferendosi alle ingerenze di Musk nelle imminenti elezioni tedesche a favore dell’ultradestra di Alternative für Deutschland. Per il suo omologo Bas Eickhout, sotto la nuova amministrazione quello a stelle e strisce “non è più l’alleato classico con cui possiamo dialogare“.
L’insediamento di Trump è “una minaccia che pesa su tutta l’Ue” secondo la co-capogruppo della Sinistra (The Left) Manon Aubry. Un’Ue che, dice, “si sta ridicolizzando” e corre il rischio di diventare il “burattino” del nuovo presidente: anziché la richiesta di un approfondimento delle relazioni transatlantiche, sostiene, “ci voleva una ferma condanna da parte dei leader europei” di fronte alle sparate di Trump sull’annessione della Groenlandia e all’insofferenza di Musk sulle regole che Bruxelles ha elaborato per i giganti del digitale. “L’Ue deve riguadagnare la sua indipendenza” da Washington, ha concluso, “e affrontare le minacce poste dagli Stati Uniti all’equilibrio internazionale” poiché il Vecchio continente “non è un far West senza regole“.
Internazionale reazionaria?
Oltre alla necessità di difendere l’economia e l’industria europee, un altro punto ricorrente nelle reazioni dei gruppi politici dell’Aula – almeno quelli che vanno dal Ppe verso sinistra – è stato il filo rosso (o meglio nero) che si dipana dalla Casa Bianca ai quartieri generali dell’estrema destra nostrana. Per García Pérez, “non è certo positivo che Trump non abbia invitato alcun leader delle istituzioni Ue” alla cerimonia d’insediamento ma abbia invece accolto in gran numero “singoli esponenti dell’estrema destra europea“, un chiaro segnale della traiettoria politica della nuova amministrazione. Per inciso, l’unico capo di governo europeo era la premier italiana Giorgia Meloni, a riprova della relazione personale forgiata col tycoon e col suo braccio destro Musk.
Eickhout ha messo in guardia da quella che ha definito “l’estrema destra che ignora la scienza“, mentre Hayer ha sottolineato come durante il discorso d’insediamento “abbiamo sentito un presidente reazionario, autoritario, radicale” e addirittura “imperialista”. Secondo Aubry, “sarà un anno di resistenza” contro un’amministrazione – i cui membri si esibiscono in “saluti nazisti” (Musk è sembrato fare un saluto romano durante la cerimonia d’insediamento di ieri) – che, dato lo sbilanciamento a destra avvenuto anche in Europa, rischia di trasformare le relazioni transatlantiche in “un’internazionale reazionaria“.
Anche dai Popolari, infine, è arrivato un monito al nuovo presidente Usa tramite il capogruppo Weber, secondo cui “i Patrioti non sono davvero amici e partner dell’America“, trattandosi in realtà di “amici stretti di Putin“. L’affondo del politico bavarese – membro di quell’Unione cristiano-democratica (Cdu/Csu) che, secondo tutti i sondaggi, esprimerà nella persona del leader Friedrich Merz il prossimo cancelliere federale a Berlino – si è concentrato soprattutto contro l’AfD (l’ultradestra post-nazista e filorussa tedesca che, però, non fa parte dei Patrioti ma dell’Europa delle nazioni sovrane), definendola “l’altoparlante di Putin“.
Chi sta con Trump
Non tutti però sono ostili a Trump. Per il co-capogruppo dei Conservatori e riformisti (Ecr) Nicola Procaccini, “il nuovo presidente è un leader conservatore, noi siamo un gruppo conservatore, quindi abbiamo tanti punti in comune” nei rispettivi programmi politici. Anche secondo il suo omologo Patryk Jaki “l’Ecr condivide diverse priorità con l’amministrazione Trump, tra cui la sicurezza, la crescita economica e la migrazione che dev’essere legale“.
Il capodelegazione di Fratelli d’Italia a Strasburgo Carlo Fidanza ha salutato la rielezione di Trump come “uno schiaffone fortissimo” alla sinistra che “pone fine all’egemonia woke, demolisce l’ideologia gender e ripristina la libertà di espressione sui social media“. Inoltre, per il capopattuglia meloniano “la presidenza Trump ci offre l’occasione per riallineare le nostre scelte industriali verso l’Atlantico anziché consegnarci mani e piedi alla Cina con le follie ideologiche che hanno inquinato il Green deal con buona pace della tanto declamata autonomia strategica”. “Ieri è nata una nuova America, ora è tempo che nasca una nuova Europa“, ha concluso.
In linea coi Conservatori anche gli interventi dei Patrioti. Secondo l’eurodeputata leghista Isabella Tovaglieri dovremmo adottare “anche noi la ricetta di Trump” e rendere l’Europa di nuovo grande. I propositi di Trump sarebbero “frasi di buon senso che credo ogni europeo vorrebbe venissero pronunciate anche qua”.
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