Sciopero magistratura ultimo sussulto di una corporazione

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Ucronia. Il tempo come avrebbe dovuto essere e non รจ stato. La sostituzione dei fatti con le aspirazioni e con le congetture per costruire una storia diversa, o meglio una storiografia differente, da quella che il tempo ha realmente dipanato. Se Napoleone non fosse stato sconfitto a Waterloo, se Hitler avesse espugnato Stalingrado, se Cesare avesse dato ascolto alle premonizioni di Calpurnia.

Non รจ necessario aver letto il libro/ saggio di Emmanuel Carrรจre per comprendere con quale arretratezza culturale e istituzionale si stia dipanando lo scontro tra politica e magistratura al tempo della separazione delle carriere.

Da una parte e dallโ€™altra si scuotono simbolismi vetusti, si agitano principi decotti, si muovono leve slabbrate. Lโ€™idea della protesta con la coccarda tricolore al petto e con la copia della Costituzione in mano, lo spettro di Berlusconi, lโ€™esilio di Craxi, le manette a Tortora, la voragine di Capaci, le macerie di via Dโ€™Amelio. Immagini di un tempo trascorso, di unโ€™epoca tramontata, di un passato chiaroscurale, glorioso e ingiusto, di vittime e carnefici, il tutto evocato come un mantra, recitato come un esorcismo.

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Liturgie impolverate, riti come sedute spiritiche, parabole come narrazione confortevole di una stagione ideale che possa riportare indietro la storia per ricostruirla, annullarla nel suo ineluttabile svolgimento, che possa arretrare le lancette di un orologio che batte un tempo che non aggrada e spaventa. Proporre, cosรฌ, un mondo ideale in cui la storia riparte ciclicamente: Utopia.

La magistratura italiana โ€“ meglio la percezione collettiva che se ne ha che, poi, รจ sostanza nelle pagine della storia โ€“ รจ rimasta impantanata nel 2019 tra le macerie polverose dellโ€™Hotel Champagne, tra conversazioni intercettate e conversazioni manipolate, tra lโ€™on e lโ€™off di registrazioni scaltre e ondivaghe.

Le polveri non si sono dissolte, si sono piuttosto adagiate sul corpo infermo della magistratura italiana, coprendolo, devitalizzandolo, oscurandolo. Qualunque sole, qualunque luce, qualunque bagliore (che pur vi รจ stato) รจ stato rifratto dalla difficoltร  intima per la corporazione di comprendere la necessitร  di un cambio di passo, di uscire dalla nostalgia trionfante degli anni โ€™ 90, di dismettere celebrazioni ed esaltazioni da lanciare sulla bilancia del consenso come la spada di Brenno.

Ci si รจ acconciati a riforme parziali, a micro-aggiustamenti spesso suggeriti a una politica incolta, che non hanno intaccato la sostanza dei rapporti di forza tra le toghe e fra queste e il potere politico. Si รจ solo girata una clessidra nella quale scorre la medesima polvere contaminata da qualche decennio di anomia correntizia e di anarchia autoreferenziale.

Le parole piรน dure, e dannatamente piรน efficaci, le ha spese Ferdinando Adornato (Separare le carriere e anche i poteri, Il Messaggero, 8 gennaio). Con una luciditร  contundente, ha semplicemente proclamato che lo scopo legittimo della riforma costituzionale sulla separazione delle carriere รจ quello di spacchettare il potere giudiziario, di frazionarlo, di scinderlo. Un poโ€™ come si รจ fatto in Usa con le industrie petrolifere e del tabacco un secolo or sono. Unโ€™operazione antimonopolistica per segmentare un potere che, tenuto insieme nella sua dimensione inquirente e giudicante, sembra esondare e non essere contenuto dagli altri. Nรฉ la componente laica del Csm, nรฉ la stessa presidenza della Repubblica, in questโ€™ottica, sono apparse strumenti capaci di ricomporre lโ€™equilibrio democratico costruito nel 1947.

Ecco perchรฉ lo sventolio della Costituzione per la prossima inaugurazione dellโ€™anno giudiziario appare un mezzo legittimo, commovente, ma antico, remoto, un feticcio lontano dalla realtร  che non scuote la coltre polverosa che, a tratti, rende la cittadella giudiziaria simile a una Pompei โ€œfrizzataโ€ da una colata piroclastica.

Occorrerebbe dimostrare nei fatti che la separazione delle carriere รจ unโ€™operazione chiaramente sbagliata, tardiva, inefficace, finanche pericolosa. Ma lโ€™abbecedario delle toghe contiene parole che suonano stanche, usurate, avvolte nelle nebbie di una nostalgia retrรฒ. Si scontrano due passati che non si rassegnano alla modernitร , allโ€™incedere veloce di una societร  multilivello che esprime istanze di giustizia asimmetriche, pulviscolari, puntiformi e che non sopporta le liturgie di apparati autoreferenziali, paludati, a volte parrucconi, inclini alla retorica e travolti dalla melanconia.

Il passato della politica cerca una rivincita tardiva e non percepisce i prodromi della propria fine annunciata dallโ€™irrompere della tecnocrazia elitaria di Elon Musk che la vilipende e la asservisce. La magistratura – una parte della magistratura – si trincera dietro le lapidi dei propri eroi, si arrocca nei mausolei che ne ricordano i fasti, brandisce codicilli e commi che non incontrano piรน la sostanza di diritti che cercano tutela o che non rendono piรน coercibili i doveri privati e pubblici che condizionano la vita quotidiana.

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In un Paese con centinaia di morti sul lavoro, sfruttamenti stipendiali, evasione fiscale, emarginazione, collasso sanitario, corruzione, la magistratura evoca catastrofi costituzionali disperata dalla percepibile indifferenza popolare alle proprie sorti. Appare la corporazione a non riuscire a cogliere le ragioni della propria crisi nella modernitร  e a non comprendere la dimensione delle effettive difficoltร  e dei bisogni che la societร  esprime e per le quali invoca ormai soluzioni qualunque, abbandonandosi al sogno etologico del capobranco.

In questo anfiteatro crepato e cadente, sembra consumarsi a tratti una battaglia tra due spettri che sono distanti da molto di quel Popolo italiano il cui nome, lโ€™una, invoca spudoratamente con passo demagogico e, lโ€™altra, sussurra ormai sottovoce nelle proprie sentenze, minata dalla propria avvolgente autoreferenzialitร .

Lโ€™opzione dello sciopero rischia di apparire come il sussulto di un โ€˜ 900 morente, praticamente archiviato dalla storia politica e sociale del Paese, in cui si sciopera di venerdรฌ per rendere tutto piรน attrattivo. La protesta delle toghe si scaglia contro lโ€™evocazione enfatica della legittimazione costituente di un Parlamento invece logoro, vituperato, sommerso dalla decretazione dโ€™urgenza del governo e relegato a un ruolo marginale nella proliferazione normativa, che non riesce neppure a reggere la fatica delle poche prerogative rimaste ancora intatte (v. la mancata elezione dei giudici costituzionali o le due rielezioni presidenziali o lโ€™iter della legge di bilancio). Due utopie sorrette da due ucronie.



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