la recensione del film con Timothee Chalamet

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Timothee Chalamet recita, canta, suona, si “scazza” e si impunta il giusto, e alla fine i panni di Bob Dylan li veste bene. È proprio il cantautore premio Nobel negli anni turbolenti della sua ascesa alla celebrità, il personaggio che l’attore interpreta nel nuovo film di James Mangold in uscita nei cinema italiani giovedì 23 gennaio “A complete unknown”. Accanto a lui nel cast ci sono: Edward Norton nei panni di Pete Seeger, Elle Fanning nel ruolo di Silvye-Suze, e la bravissima Monica Barbaro che interpreta Joan Baez, anche lei recitando, suonando e cantando.

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A Complete Unknown, la trama


È il 1961 é un ragazzo arriva a New York con la sua chitarra e con la speranza di incontrare il suo idolo, Woody Guthrie, il celebre cantante folk. Lo trova ormai gravemente malato in ospedale. Al suo capezzale c’è anche un altro noto eroe del folk, Pete Seeger. Il ragazzo imbraccia la chitarra e canta a Guthrie la canzone che ha composto in suo onore, “song to Woody”, folgorando sia il suo idolo che Seeger, che lo prende immediatamente sotto la sua ala e lo introduce nel giro del Village, dei locali e dei festival.


L’ascesa del giovane Bobbie è veloce, anche perché scrive in modo non comune e incrocia sulla sua strada tutto il gotha del suo ambiente, iniziando dalla magnetica e già affermatissima Joan Baez con cui intreccia un proficuo sodalizio sentimentale e artistico, mentre sforna i suoi capolavori più noti e viene travolto dalla fama. Il film copre il periodo della vita di Dylan che va dal 1961 al fatidico 1964, anno in cui parte per Londra e torna con il cuore e le orecchie pieno dei suoni dei gruppi che in America verranno definiti della British Invasion, Beatles in testa ma anche tanti altri, compresi i Kinks, esplicitamente citati nel film.


Il cambio di rotta stilistica però, non va giù ai discografici che hanno ben definito le caratteristiche del “prodotto” Dylan, e ancor meno all’ambiente del folk che vede con sospetto per non dire con ribrezzo, una chitarra attaccata alla presa di corrente. Dylan va per la sua strada, affronta la folla “tradita” sul palco del Festival, e alla fine, come si sa, ha ragione lui perché l’elettrica Like a Rolling Stone è ancora oggi una delle sue canzoni più riuscite, più amate, più cantate e più coverizzate del suo sterminato repertorio.


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A Complete Unknown, un biopic coinvolgente su Bob Dylan e il dovere degli artisti di “fare casino”


Un biopic dall’impianto classico ma capace di coinvolgere lo spettatore dal primo all’ultimo minuto e in cui Timothee Chalamet si cala perfettamente nei panni e nei tormenti del giovane Bob Dylan, restituendo le sue intuizioni, le sue zone d’ombra, le tante insofferenze e l’ossessione per la musica. Una storia lineare che racconta di un ragazzo folgorato dalla passione per la musica e per la scrittura che, una volta arrivato al successo, decide di sfidare le convenzioni e di rimescolare le carte correndo dietro al suo genio, inevitabilmente incompreso, da chi è abituato ad altro.


A Complete Unknown, che è un verso della canzone della “oltraggiosa” per i fan del folk, svolta elettrica di Dylan, “Like a Rolling Stone”, nelle intenzioni del regista si riferisce in parte all’enigmaticità di un personaggio che ha sempre tenuto a nascondere la vera essenza della persona Robert Zimmerman. Bob Dylan in un certo senso è in parte un alter ego con una vita avventurosa costruita, soprattutto all’inizio, a suon di clamorose balle, come quella rivelatrice di una grande fantasia, che lo vede trascorrere l’adolescenza lavorando in un circo. Un’usanza piuttosto diffusa nel mondo dello spettacolo e della musica di quegli anni e dei precedenti, tanto che moltissime biografie di quelle che oggi riteniamo grandi star mischiano abbondanti dosi di fantasia alla realtà.


Ma il racconto di Mangold si concentra non solo su Dylan che non si svela nemmeno nell’intimità domestica costruita con la sua compagna e musa Silvye, ma sulla sua arte. Il film infatti è un film musicale, costellato da un gran numero dei brani più noti di Dylan, opportunamente tradotti in italiano, visto che parliamo oltre che di un cantautore, di un futuro premio Nobel per la Letteratura. Il mistero più grande, in questo racconto della vita di Dylan, è proprio quello dell’ossessione che scatta in chi decide di seguire il proprio talento, il proprio genio, il proprio daimon. Già gli antichi lo sostenevano: tutti ne abbiamo uno, ma poche persone decidono di abbracciarlo, nutrirlo e seguirlo, perché una volta che si prende questa decisione, la vita cambia nella direzione di una totale pienezza, che costa sempre parecchio. Il giovane Dylan riconosce il suo talento, lo abbraccia e ne fa la sua ossessione e la sua prigione.


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E quando il suo talento gli impone di andare in direzione ostinata e contraria, lui lo fa, perché deve. Non a caso, nell’ambiente che sfida apertamente, chi comprende e anzi sostiene la sua svolta rischiosa è un altro disgraziato artista incatenato al suo talento, Johnny Cash. E anche, alla fine, Joan Baez amica, collega, amante, rivale ma comunque anche lei accesa dello stesso fuoco. A Complete Unknown è la storia di un giovane uomo che segue il suo genio e anche quello che è urgente per il suo tempo e, facendolo, affronta critiche, insulti e stroncature dallo stesso popolo che applaude la prima volta che ascolta “The times they Are a-changin”. Persone che evidentemente auspicano che i tempi cambino, ma solo se cambiano secondo le loro regole, nella direzione che intendono loro.


Il giovane Dylan invece la sceglie da solo e, come gli dice a un certo punto Johnny Cash “fa casino”, prendendosi dei rischi e imboccando la strada che precorre i tempi e illuminandola per tutti gli altri, come è dovere di ogni artista ispirato, giovane o meno giovane che sia. Ed è anche in questo messaggio che batte il cuore di questo bel film.


 Voto: 8


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