Presidente Longhi, qual è il segreto dell’Aquila Basket?

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Nostra intervista esclusiva a Luigi Longhi, primo tifoso e storico dirigente della Dolomiti Energia Trentino

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Primo posto in coabitazione, un girone d’andata straordinario con 11 vittorie e quattro sconfitte, sei sold-out per una media spettatori che porta l’Aquila Dolomiti Energia ad essere di gran lunga l’evento sportivo più seguito in provincia.
Il basket trentino è sulle prime pagine confermandosi uno straordinario veicolo di emozioni e un catalizzatore di attenzione che va oltre lo sport.
 
L’Aquila quest’anno festeggia i 30 anni di attività e lo sta facendo nel migliore dei modi.
Dal 2012 a presiedere la società di via Libera è Luigi Longhi che non nasconde la soddisfazione del momento: «Premia il lavoro di tante persone e comunque non ci accontentiamo».
 
Non accontentarsi significa cercare di superare un gradino alla volta: «lo sport è il desiderio di mettersi in gioco e capire quali sono i nostri limiti».
Aquila Basket è una realtà ormai consolidata e garantisce lavoro extracampo per molti giovani, una ventina e vanta un settore giovanile con una foresteria che ospita una decina di promesse.

 

 
Presidente Longhi, qual è il segreto di quest’Aquila che vola in testa al campionato?

«Nessun segreto. È banale dirlo ma solo il lavoro ti porta ad ottenere dei risultati. Lavoro che deve avere alla base un’idea e un progetto.»
 
E quale progetto avete?

«Ci sono due direttrici: valorizzare i giovani e farli giocare per davvero; poi trovare giocatori con più esperienza che hanno fame e che a Trento possono trovare l’ambiente giusto per fare uno scatto della loro carriera.»
 
A chi va il merito di questi successi?

«Coach Paolo Galbiati, il suo staff e il direttore sportivo Rudi Gaddo sono gli artefici principali.
«Aggiungo però che è fondamentale che ogni soggetto che lavora in società sia responsabile e coinvolto nelle scelte di sua competenza. Senza alibi se le cose vanno male.
«Ma c’è anche un altro grande successo.»
 
Quale?

«Essere tredici anni in serie A e sempre ad alti livelli: una partita si vince anche per fattori imponderabili ma avere continuità in tutte queste stagioni è un risultato straordinario di cui la Società è orgogliosa.
«Significa che abbiamo seminato bene, radicandoci ed essere riconosciuti come persone e società seria nel mondo della pallacanestro anche internazionale.
«Da quando siamo in serie A solo noi, Milano e Venezia, abbiamo sempre fatto i playoff escluso l’anno in cui fu sospeso il campionato per il Covid.»
 
Lei è sempre molto contenuto durante le partite. Non sente l’adrenalina?

«La sento eccome. Solo che devo mantenere un certo comportamento perché rappresento una Società che ha dei valori che vogliamo trasmettere ai nostri giovani, al pubblico e direi anche all’opinione pubblica.
«Poi [ride – ndr] succede che qualche volta che una parola di troppo scappi…»
 
A proposito di valori, l’Aquila è nota anche per l’attività sociale. Perché lo fate?

«Perché crediamo fortemente nel ruolo sociale dello sport per veicolare valori positivi.
«Senza retorica ma è così altrimenti rimane uno sterile esercizio.
«Come diciamo sempre facciamo basket per il 51% dell’attività, il 49% è sociale.»
 
In cosa si esplicita l’attività sociale?

«Lavoriamo in tutti i campi sia interni che esterni. Mi spiego con un esempio: i nostri ragazzi dell’Under 19 fanno volontariato con Trentino Solidale una volta alla settimana perché è giusto che capiscano che la vita non è solo basket.
«I nostri allenatori fanno un corso di basket in carcere e i giocatori sono coinvolti in tantissime iniziative nelle scuole o nelle associazioni no profit con cui collaboriamo in maniera strutturale.
«La Fondazione Aquila poi con altri enti offre le borse di studio in ricordo di Manuel Bobicchio.
«C’è poi un altro aspetto: la sinergia tra il Cast, il Consorzio delle Aziende che ci supporta, Fondazione Aquila e AquilaLab per realizzare concreti aiuti alle Associazioni no profit. Senza dimenticare l’attività We need some basket in cui sono coinvolte persone con disabilità.
«Questo è solo un piccolo elenco di quello che facciamo grazie al lavoro di tantissime persone a partire da Massimo Komatz e Stefano Trainotti.»
 
Lo sport dunque come una grande rete comunitaria.

«Sì, questa è una definizione che mi piace. La nostra forza è che siamo in tanti a dividerci il lavoro e collaboriamo insieme.
«Non abbiamo il padrone che stacca gli assegni a fine anno e se si stufa del giocattolo cade tutto. Abbiamo una concezione diversa e direi moderna, rispetto a come funziona lo sport di alto livello in Italia.
«Può piacere o no ma noi siamo questi e cerchiamo di dimostrarlo ogni giorno.
«Ecco perché non mi piace lo slogan “Società della comunità” perché siamo parte della comunità, senza voler essere superiori agli altri ma offrendo e nel contempo ricevendo con chi vuole percorrere un pezzo di strada con noi.
«Penso poi ai tanti giovani che vengono da noi per l’attività scuola/lavoro: offriamo loro la possibilità di fare un’esperienza utile per il loro futuro.»
 
Come è nata la decisione di lavorare anche per il sociale?

«Quando sono diventato presidente nel 2012, ci siamo chiesti cosa dovesse fare l’Aquila per essere credibile da chi non ci conosceva.
«Ricordo che eravamo nella Terza serie nazionale e il basket in Trentino non era certo al primo posto.
«Dovevamo trovare i canali giusti per farci conoscere in mezzo a colossi sportivi ed economici che avevano ed hanno budget di gran lunga superiori al nostro.
«Un’idea ci è apparsa subito chiara: dovevamo seminare cultura sportiva ma anche sociale e in forme innovative. E così iniziammo.
«Tuttavia, avevo timore che fosse una cosa vista in maniera speculativa del tipo “si fanno belli con chi ha problemi” e invece i presidenti delle prime associazioni contattate furono felicissimi di poter collaborare.
«Allora capii che eravamo sulla strada giusta e fu la molla per cominciare. In casa poi avevamo e abbiamo un testimonial perfetto come il capitano Toto Forray che incarna perfettamente il modo di pensare e agire di Aquila.»
 
Quale è il sogno sportivo nel cassetto?

«Da tifoso sogno, da dirigente mi zavorro. Comunque un bel trofeo non sarebbe male, lo ammetto. Si gioca per vincere.
«Poi spero di veder sempre tanti sold-out al Palazzetto con tante famiglie, giovani, anziani che stanno insieme perché Aquila trasmette emozioni e benessere.
«Quando qualcuno mi dice che è venuto alla partita ed è stato bene, oltre la vittoria o la sconfitta, sono felicissimo.
«La passione del pubblico è fondamentale: è benzina per giocatori e dirigenti. E di questo abbiamo sempre bisogno.»

Guido de Mozzi – [email protected]

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