Note di variazione IVA anche per ristrutturazioni mediante composizione negoziata – La lente sul fisco

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Le modifiche introdotte con il terzo correttivo al DLgs. 14/2019 hanno ampliato lo spettro delle misure premiali di cui alla composizione negoziata della crisi (CNC).

In tal senso, l’art. 25-bis del CCII è stato modificato stabilendo che, dalla pubblicazione nel Registro delle imprese degli accordi di cui all’art. 23 comma 1 lett. a), b) e c) dello stesso CCII, trova applicazione l’art. 26 comma 3-bis del DPR 633/72.
Quest’ultima disposizione consente al creditore di emettere note di variazione IVA relativamente ai crediti rimasti impagati in esito alla operazione di ristrutturazione posta in essere dal debitore. Tale facoltà, ora, è ammessa nonsolo per le ristrutturazioni che hanno luogo per il tramite di un vero e proprio strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza, ma anche per quelle condotte mediante composizione negoziata della crisi; in particolare, anche nei casi in cui la CNC si concluda positivamente mediante: la stipula di un contratto (fra il debitore, uno o più creditori o con altre parti interessate) idoneo, secondo la relazione dell’esperto, a garantire la continuità aziendale per un biennio; la conclusione di una convenzione di moratoria ex art. 62 del CCII o la concludere di un accordo sottoscritto dal debitore, dai creditori, da altre parti interessate e dall’esperto che produce effetti ex artt. 166 comma 3 lett. d) e 324 del CCII.

In questi casi il creditore è quindi autorizzato a rettificare la propria posizione IVA recuperando il credito relativo all’imposta a debito originariamente emersa in occasione dell’emissione delle fatture poi rimaste impagate. Nell’ipotesi in cui tale scelta si tramuti in un correlato ripristino di un debito IVA da parte del debitore, la nuova passività (estranea, evidentemente, a quelle sussistenti al momento di avvio della operazione di ristrutturazione) potrebbe essa stessa pregiudicare la continuità perseguita e/o comportare, anche nella liquidazione giudiziale e degli altri istituti che non hanno finalità di risanamento, la modifica ex post delle passività cristallizzate al momento dell’avvio del concorso.

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La necessità di evitare questo “corto circuito” è recepita dalla legge nel comma 5 dell’art. 26 del DPR 633/72: l’obbligo per il cessionario di registrare la nota di variazione ricevuta nei propri registri IVA esponendo a debito l’IVA già detratta sul credito rimasto impagato non trova applicazione nel caso in cui il cessionario-debitore sia assoggettato alle procedure concorsuali di cui al precedente comma 3-bis dello stesso art. 26.

La tecnica legislativa utilizzata per rendere applicabile la disciplina delle note di variazione IVA anche alla composizione negoziata della crisi presta il fianco a un possibile dubbio applicativo, visto che l’art. 25-bis comma 5 del CCII richiama l’applicazione dell’art. 26 del DPR 633/72 solo per il comma 3-bis e non anche per il comma 5. Ove tale mancato richiamo dovesse essere interpretato alla lettera, in caso di composizione negoziata della crisi, l’emissione delle note di variazione IVA da parte del creditore comporterebbe l’obbligo per il debitore di annotare dette note e di imputare a debito l’IVA delle note di variazione medesime. Ne deriverebbe una talvolta rilevante passività tributaria, capace da sola, come sopra accennato, di rendere il risanamento inattuabile, oltre che difficilmente coordinabile, tra l’altro, con la “transazione fiscale” nella CNC, anch’essa introdotta con il terzo correttivo al CCII.

Tale differente trattamento della CNC non sembra trovare una idonea motivazione nel fatto che l’impresa debitrice, con questo istituto, è destinata a proseguire la propria attività senza soluzioni di continuità (diretta o indiretta), in quanto, sotto il profilo in esame, non vi sono sostanziali differenze rispetto ai risanamenti attuati mediante concordato preventivo in continuità o accordi di ristrutturazione non liquidatori che invece consentono al debitore di applicare l’art. 26 comma 5 del DPR 633/72.

Dal punto di vista generale non apparirebbe, al contrario, fuori luogo ritenere che la disposizione di cui all’art. 25-bis comma 5 ultimo periodo del CCII, secondo cui dalla data di pubblicazione nel Registro delle imprese degli accordi ex art. 23 comma 1 del CCII trova applicazione l’art. 26 comma 3-bis del DPR 633/72, vada interpretata come una inclusione integrale della composizione negoziata della crisi (anche nei casi di sua positiva conclusione mediante gli strumenti di cui all’art. 23 comma 1 lett. a, b e c) fra gli istituti che consentono l’emissione delle note di credito per le esposizioni rimaste non soddisfatte, con conseguente applicabilità anche delle correlate disposizioni di cui al successivo comma 5, sollevando quindi le imprese in “uscita” dalla composizione negoziata dalla “rideterminazione” dei saldi erariali per l’IVA.

Questi temi saranno approfonditi nella diretta web “Note di variazione IVA nei contesti di crisi: come e quando possono essere emesse”, in programma il 18 febbraio.





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