L’ultimo titolo «green» offerto dal Tesoro ha raccolto ordini per 130 miliardi a fronte di un’offerta di 5 grazie a una cedola del 4,1%
Sono una pattuglia di 5 emissioni, con scadenze che vanno dall’ottobre 2031 (quindi con una vita residua di circa 6 anni), fino all’ultima arrivata, con data di rimborso prevista nell’aprile del 2046, una durata di poco superiore ai 20 anni. Parliamo delle emissioni «green» del Tesoro italiano, quei «Green Bond» che nei giorni scorsi sono saliti alla ribalta delle cronache dopo il clamoroso successo del titolo con scadenza 30 aprile 2046 e una generosa cedola del 4,1% pagata semestralmente che a fronte di un ammontare offerto di 5 miliardi ha raccolto ordini per 130 miliardi di euro. Ma perché i Green Bond piacciono tanto? E a chi convengono?
L’effetto cedola
I primi «Green Bond» compaiono in Italia nel 2014, con una emissione da 500 milioni lanciata dalla multi-utility Hera. Il Tesoro italiano presenta invece il suo primo titolo green nel marzo del 2021, una durata di circa 25 anni, con rimborso previsto nell’aprile del 2045. Si tratta della emissione più grande in termini di offerta della sua categoria, con una raccolta di 13,5 miliardi. In totale le cinque emissioni di «Green Bond» lanciate dal Tesoro hanno raccolto la cospicua somma di 51, 7 miliardi. Un collocamento fortunato che tuttavia non ha portato fortuna ai sottoscrittori. Emesso in un periodo di tassi di mercato molto bassi, il Green Bond con scadenza aprile 2024 ha una cedola modesta, di appena l’1,5% annuo contro rendimenti lordi che attualmente si aggirano intorno al 4%. Il risultato è che il prezzo di questa emissione è crollato a 65,4. Chi dovesse vendere il titolo adesso realizzerebbe una perdita (minusvalenza) molto pesante, mentre il rimborso è alla pari per chi avrà la pazienza di aspettare l’aprile del 2024, la data di scadenza del titolo.
Le migliori occasioni: ma i rendimenti sono allineati ai Btp di pari scadenza
Questo esempio serve a mettere in chiaro le cose: i Green Bond non hanno nulla di diverso rispetto alle emissioni tradizionali di Btp. Cedola fissa, taglio minimo di mille euro (come tutti i Btp), una commissione standard del 5Xmille per l’acquisto o la vendita sul secondario di titoli che hanno una vita residua superiore a 1 anno. Quello che fa la convenienza per l’investitore è dunque la cedola (fissa) e l’andamento dei tassi di mercato. L’ultima emissione di Green Bond, quella che ha fatto il botto con ordini per 130 miliardi, è piaciuta per la sua cedola generosa del 4,10 e un prezzo di collocamento leggermente sotto la pari a 99,465, che ha spinto il rendimento del titolo al 4,17%. Oggi quell’emissione è quotata 100,26. Il mercato ha apprezzato il rendimento e il prezzo è già salito, seppur di poco al di sopra della pari. Un destino molto diverso da quello della emissione (quasi) gemella con scadenza 2045 e cedola all’1,5% precipitata a una quotazione, come abbiamo visto di poco superiore a 65.
Tra le emissioni più fortunate ricordiamo il Btp Green con scadenza ottobre 2031, cedola al 4% e prezzo corrente a 104,8 e il Btp Green aprile 2035, cedola 4% e prezzo a 103,5. Naturalmente a questo prezzo (superiore alla pari) il rendimento è allineato a quello dei Btp tradizionali di pari scadenza
Obiettivo sostenibilità
La vera differenza dei Btp Green rispetto alle emissioni di Btp tradizionali non è dunque né nella struttura finanziaria del titolo ma nel suo «scopo». I green bond servono infatti a finanziari progetti legati alla sostenibilità, ad esempio a progetti di efficientamento energetico o di investimento nel settore dei trasporti, finalizzati a ridurre le emissioni di CO2. Oppure i fondi raccolti sono destinati all’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare.
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