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Il cancelliere tedesco Olaf Scholz non è noto per la grinta, anzi: il suo stile comunicativo è quasi sempre compassato e molto istituzionale, cosa che ha contribuito a far calare i suoi consensi. Eppure da quando il suo governo è caduto lui e il Partito Socialdemocratico (SPD), di cui fa parte, hanno provato a cambiare qualcosa e a osare di più. Sanno che nella campagna elettorale per le elezioni del 23 febbraio serve un approccio meno ingessato, specie con un candidato così impopolare: Scholz ce la sta mettendo tutta, con risultati alterni.
L’SPD vorrebbe replicare la rimonta compiuta alle ultime elezioni, nel 2021, quando vinse di misura dopo essere stata terza nei sondaggi fino a poche settimane prima del voto (come oggi). Il candidato cancelliere era sempre Scholz, ma da allora sono cambiate tante cose, e ripetere un recupero così sarà assai difficile.
La campagna elettorale di Scholz è iniziata in un momento ben preciso: il dibattito al Bundestag, il parlamento federale, in cui a metà dicembre ha convocato una votazione sul suo governo e ha ricevuto la sfiducia. In quell’occasione Scholz ha rinfacciato ai suoi ex alleati, i Liberali (FDP), di aver «sabotato» la coalizione e di non avere «maturità morale». Negli ultimi tempi Scholz ha cambiato versione, e quindi narrazione di sé: rivendica di averli cacciati lui e si rammarica di non averlo fatto prima.
Negli stessi giorni della sfiducia Scholz ha storpiato il nome del suo principale avversario Friedrich Merz, chiamandolo «Fritze». Merz è il leader dell’Unione Cristiano-Democratica (CDU), di centrodestra, e con ogni probabilità sarà il prossimo cancelliere tedesco, dato che la CDU è parecchio avanti nei sondaggi. Usare un nomignolo per riferirsi a lui è stata una cosa abbastanza inedita per gli standard tedeschi, e soprattutto per quelli di Scholz. «Finalmente un po’ di vivacità al Bundestag», aveva commentato un editorialista sul quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, parlando di «ritorno alla normalità» dopo anni di campagne elettorali a suo dire soporifere.
Prima del lungo cancellierato di Angela Merkel, che durò dal 2005 al 2021 e fu una fase di stabilità politica, anche nella politica tedesca c’erano scontri accesi che però iniziavano e finivano in parlamento, o al massimo venivano ripresi dai giornali. Come ovunque nel mondo, i social network hanno stravolto questa dinamica e contribuito a dare molta rilevanza anche ai più piccoli screzi. Ed Turner, condirettore del Centre for Europe dell’Aston University di Birmingham e presidente dell’International Association for the Study of German Politics, spiega che questo è avvenuto in un contesto di generale polarizzazione del dibattito politico, favorita dalle proposte radicali del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) ma anche dai toni populisti adottati dai partiti più istituzionali, come l’SPD e la CDU.
Finora la SPD ha centrato la sua campagna sulla sicurezza, ma in termini quasi esclusivamente economici. Anche su questo però i toni di Scholz e del partito stanno cambiando. A dicembre, quando un uomo aveva investito e ucciso sei persone in un mercatino di Natale a Magdeburgo, Scholz aveva fatto un appello all’unità nazionale. Lo scorso mercoledì invece ha commentato un accoltellamento compiuto in Baviera da un richiedente asilo afghano dicendo di essere «stufo di questi crimini violenti ogni poche settimane, perpetrati da persone che vengono da noi cercando protezione».
Scholz è considerato, non solo nel suo partito, un candidato che dà il meglio di sé in campagna elettorale e negli eventi improvvisati. Nel mese prima delle elezioni ha fissato 70 eventi in 50 città; nella SPD chiamano questa versione di lui Draußen-Olaf, cioè «Olaf da esterno». Da cancelliere ha fatto i discorsi migliori quando è andato a braccio, invece di leggerli: uno dei più famosi fu nel settembre del 2022, dopo che Merz lo provocò sostenendo che non avesse una strategia per gestire la crisi energetica successiva all’invasione russa dell’Ucraina. Scholz mise da parte le decine di pagine preparate dal suo staff e fece uno dei suoi più combattivi interventi parlamentari. La campagna elettorale, con i comizi e gli eventi, moltiplica le occasioni in cui Scholz potrà provare a rifarlo.
È un po’ diverso sui social network, imprescindibili nella comunicazione politica di oggi. La campagna della SPD è basata sulla figura di Scholz: «Siamo in crescita su tutte le piattaforme e ci stiamo concentrando maggiormente sui contenuti video», dice al Post un portavoce del partito. Non tutti però sono convinti che sia la strategia migliore: «Una campagna imperniata sul cancelliere, quando ne hai uno impopolare, è una scommessa rischiosa se punti a vincere le elezioni», fa notare Turner.
Lo scorso aprile lo staff di Scholz gli aveva aperto un profilo su TikTok, nel tentativo di renderlo più familiare e appetibile per i giovani. Lui aveva promesso di non ballare (riferendosi al tipo di video per cui era diventato popolare il social network). Per la campagna elettorale ne è stato aperto un secondo con contenuti più partitici, da candidato, e meno istituzionali del primo, che è quello di un capo di governo. Per andare forte sui social aiuta essere controversi o divertenti, e secondo la giornalista di Welt Marlene Barduhn il cancelliere non è nessuna delle due cose: «Devi convincere gli utenti a smettere di scrollare, mentre lui parla in modo molto generico ed è difficile starlo ad ascoltare per più di un minuto».
Barduhn paragona Scholz al meme del “ragazzo chill”, un cane antropomorfo serafico e tranquillo, che non ha preoccupazioni: «Ha quest’immagine, ma essere solo un “ragazzo chill” sui social non è abbastanza. È una cosa noiosa». L’unico contenuto finora davvero virale di Scholz non riguarda la politica, ma è una clip di un’intervista a un podcast in cui racconta di essersi innamorato della moglie Britta Ernst dal primo momento in cui l’ha vista, ma d’aver pensato che lei non l’avrebbe mai considerato.
Scholz ha partecipato ad altri podcast e videopodcast, tra cui il molto seguito show su YouTube World Wide Wohnzimmer in cui per esempio gli hanno chiesto chi considerasse più forte tra i calciatori Lionel Messi e Cristiano Ronaldo (una dicotomia su cui gli appassionati dibattono da oltre un decennio: Scholz ha risposto Messi). Non è sempre sembrato a suo agio con i format dei nuovi media, ma il senso di queste ospitate è umanizzare la sua figura, sburocratizzarla anche alleggerendo i toni, come ha fatto il 10 gennaio con un discorso autoironico al carnevale di Colonia.
Una leader ritenuta molto efficace sui social è invece Alice Weidel, la candidata cancelliera di AfD e quindi diretta avversaria di Scholz. Anche il governatore della Baviera, Markus Söder dell’ala locale della CDU (che in Baviera si chiama CSU), è conosciuto per come alterna i contenuti seri con quelli faceti, seguendo anche i trend di TikTok (per esempio ha fatto la classifica dei piatti tipici tedeschi). Jasmin Riedl, professoressa di Scienze Politiche all’Universität der Bundeswehr di Monaco, spiega che non è che la SPD e i partiti più istituzionali non presidino i social: il numero di contenuti pubblicati è più o meno lo stesso di AfD, ma i loro circolano di meno, ottenendo quindi meno visualizzazioni e commenti.
– Leggi anche: Il curioso caso dei Liberali tedeschi
Al di là del funzionamento dei social network, i cui algoritmi premiano i contenuti polarizzanti perché generano più interazioni, ci sono ragioni storiche. I politici populisti, e in particolare quelli di estrema destra, hanno successo su piattaforme come TikTok perché spesso hanno iniziato a usarle prima degli altri, come alternativa ai media tradizionali accusati di essere parte dell’establishment. In Germania i partiti che vanno meglio su TikTok – oltre ad AfD, la sinistra sovranista dell’Alleanza Sahra Wagenknecht (BSW) – sono stati anche tra quelli più votati nella fascia elettorale 18-24 anni alle elezioni statali in Turingia e Sassonia dello scorso autunno: ci si aspetta qualcosa di simile alle politiche di febbraio. Nel 2021 i Liberali e i Verdi erano stati i partiti più votati dai giovani.
Le elezioni non si vincono grazie a una buona campagna sui social, ma i social possono contribuire a fartele perdere. «Puoi perdere voti: se non interagisci, non sei presente [sui social], o se dici su internet le cose sbagliate», ricorda Riedl che cita il caso di Armin Laschet, il candidato cancelliere della CDU nel 2021. Fu filmato mentre rideva a una battuta durante una visita a una città colpita da una grave inondazione e questo danneggiò la sua reputazione. La clip spuntò su X (che all’epoca si chiamava ancora Twitter) prima di venire ripresa dai media generalisti. Per i partiti i social sono, infine, un luogo dove sperimentare slogan e proposte: se funzionano lì vengono ripresi nella tattica politica generale, in un meccanismo che si autoalimenta.
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