Abuso edilizio: quando è possibile pagare una multa al posto della demolizione? | Articoli

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E’ il privato interessato che deve richiedere la fiscalizzazione dell’abuso edilizio dimostrando, in modo rigoroso e nella fase esecutiva, l’obiettiva impossibilità di ottemperare all’ordine di demolizione senza pregiudizio per la parte conforme.

Gli articoli 33 e 34 del Testo Unico Edilizia regolamentano la fiscalizzazione dell’abuso edilizio, che è una procedura tramite la quale la demolizione dell’abuso viene tramutata in sanzione pecuniaria.

Ovviamente, perché ciò sia possibile, bisogna rispettare precise condizioni, in quanto si tratta di un meccanismo non automatico ma riservato esclusivamente a determinate casistiche.

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Nella sentenza 288/2025 dell’8 gennaio del Tar Lazio si forniscono alcune spiegazioni in merito, ma prima di addentrarci nel caso specifico, ricordiamo i ‘paletti’ fondamentali che bisogna conoscere prima di presentare una richiesta per la ‘trasformazione’ della demolizione in semplice – ma magari salata – multa.

 

Le regole principali della fiscalizzazione

In primis, come indicato dall’articolo 34 del dpr 380/2001, per quanto riguarda le nuove costruzioni si deve trattare di paziale difformità dal titolo abilitativo. Per questo motivo, in caso di abuso maggiore, cioè ad esempio in totale difformità o in assenza di permesso di costruire, la fiscalizzazione non può essere richiesta.

Se, invece, si tratta di ristrutturazione edilizia, l’articolo 33 del Testo Unico Edilizia dispone, al comma 2, che “qualora, sulla base di motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il dirigente o il responsabile dell’ufficio irroga una sanzione pecunaria pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile, conseguente alla realizzazione delle opere, determinato, con riferimento alla data di ultimazione dei lavori, in base ai criteri previsti dalla legge 27 luglio 1978, n. 392, e con riferimento all’ultimo costo di produzione determinato con decreto ministeriale, aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso, sulla base dell’indice ISTAT del costo di costruzione“.

In questo caso, ci si riferisce (comma 1) ad interventi e opere di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 10, comma 1, eseguiti in assenza di permesso o in totale difformità da esso.

L’ultima, ma determinante condizione, è che deve sussistere l’oggettiva impossibilità di demolire l’abuso (nel caso dell’art.33, ripristino dello stato dei luoghi) o l’impossibilità di demolire la parte non conforme senza pregiudizio di quella conforme (art.34, parziale difformità). In pratica, se si procedesse con la demolizione, si rischierebbe di arrecare un danno alla parte realizzata regolarmente.

 

Il caso: demolizione per abusi edilizi

Viene impugnata un’ordinanza di demolizione realizzate in assenza di idoneo titolo edilizio:

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  • fabbricato in muratura, con coperta piana, a destinazione d’uso commerciale;
  • posa in opera di un box tipo container (ex cella frigorifera del camion);
  • realizzazione di una struttura prefabbricata in ferro;
  • posa in opera di un gazebo poggiante su 4 pilastrini in ferro e copertura in tela;
  • sistemazioni esterne costituite da piazzali e strade (cementati e/o pavimentati).

Il ricorso si fonda su due punti: in primis, ci sarebbe un atto di sanatoria ‘pendente’ non ancora definito. Poi, il comune non avrebbe valutato l’incidenza del provvedimento ablatorio sulla parte di immobile già oggetto di concessione edilizia. Quest’ultima osservazione porta proprio alla fiscalizzazione dell’abuso.

 

Accertamento di conformità pendente

Secondo i ricorrenti, quindi, l’ordinanza di demolizione sarebbe illegittima in quanto al momento della sua adozione sarebbe stato ancora pendente il procedimento di accertamento di conformità avviato per ottenere il permesso di costruire in sanatoria degli abusi realizzati.

Per il TAR, siccome alla data di adozione dell’ordinanza di demolizione erano trascorsi addirittura 9 anni dalla presentazione dell’istanza per la riattivazione del procedimento di sanatoria, sia che si consideri una rinuncia tacita da parte dei ricorrenti sia che si consideri formato il silenzio-rigetto sull’istanza di rilascio del permesso di costruire in sanatoria, non si può sostenere la pendenza dell’accertamento. Di conseguenza, “l’ordinanza di demolizione è valida ed efficace“.

 

Fiscalizzazione dell’abuso edilizio: è il privato che deve fornire le prove

Il TAR evidenzia come il potere di disporre la fiscalizzazione degli abusi ha “valore eccezionale e derogatorio” e si intende nel senso che non compete all’amministrazione valutare, prima dell’emissione dell’ordine di demolizione, se la misura possa essere applicata ma incombe sul privato la dimostrazione, “in modo rigoroso e nella fase esecutiva, della obiettiva impossibilità di ottemperare all’ordine stesso senza pregiudizio per la parte conforme“.

 

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Le tempistiche della fiscalizzazione: si decide solo nella fase esecutiva dell’ordine di demolizione

Il TAR ricorda anche che, nel caso in cui una demolizione non possa avvenire senza pregiudizio per la parte conforme alle regole, in ogni caso la valutazione delle condizioni per applicare la fiscalizzazione non costituiscono condizione di legittimità dell’ordine di demolizione.

Ci si focalizza, quindi, sulle tempistiche della fiscalizzazione: l’applicazione della sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione, infatti, va decisa solamente in fase esecutiva dell’ordine di demolizione (cioè dopo l’emanazione dell’ordinanza stessa), “nella quale gli interessati ben possono dedurre lo stato di pericolo per la stabilità dell’edificio, e sulla base di un motivato accertamento tecnico“.

A rinforzo, si sottolinea ancora una volta che non spetta al comune, bensì al destinatario dell’ordine di demolizione che invochi l’applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva, dare piena prova della sussistenza dei presupposti fissati dall’art. 34 del dpr 380/2001 per poter procedere con la fiscalizzazione.

In particolare, l’istante deve dimostrare – con idonea documentazione – il pregiudizio sulla struttura e sulla fruibilità arrecato alla parte regolare dell’immobile dalla demolizione della parte abusiva, e che tale ‘rischio’ sia evitabile solo con la fiscalizzazione.


LA SENTENZA E’ SCARICABILE IN ALLEGATO

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