Ex idroscalo. Dalla Difesa il bando per la sua riqualificazione, valorizzazione… sfruttamento economico #adessonews

Non solo idroscali ma anche ville, palazzi storici, ex caserme, vecchi depositi per munizioni e carburanti, un grande centro logistico a Roma: sono ben 33 gli immobili in diverse città (più alcuni fari) che la società in house del Ministero della Difesa, con l’ultima iniziativa, intende dare in concessione nell’ottica di “gestire, recuperare e valorizzare il patrimonio immobiliare e territoriale” di sua proprietà, la mission per cui nel dicembre 2009 è stata creata la Difesa Servizi spa, una società che costa al contribuente (anche ai ‘civili’!) centinaia di migliaia di euro di compensi per i componenti degli organismi interni (solo l’amministratore delegato ha compensi annuali che dal 2020 hanno oltrepassato la soglia dei duecentomila euro).

Continua così, con periodici bandi, l’incessante opera di dismissione del patrimonio pubblico iniziata da tempo. Beni demaniali, società di stato, non importa: basta far cassa. Qualcuno la chiama razionalizzazione, valorizzazione, recupero immobiliare. Per altri è la prova dell’incapacità degli organismi statali di utilizzare i beni pubblici mettendoli a disposizione delle comunità. Più facile, veloce, conveniente lasciare tutto in mano ai privati. E spesso il tornaconto non si limita all’incasso dei soldi. C’è tanto altro su cui probabilmente sarebbe utile sollevare il velo.

A noi ovviamente non piace. Sono scelte che andrebbero ponderate, differenziate, calibrate volta per volta alla luce degli interessi superiori della collettività e se può accadere che si vada verso questa direzione virtuosa, è perché dietro ci sono i rari amministratori lungimiranti e saggi, una precisa forte volontà politica tesa al rispetto delle esigenze dei cittadini, della reale convenienza ‘pubblica’.

Ma la normalità è invece che tutto vada in un calderone senza alcuna attenzione per le eventuali richieste dei territori. Le roboanti retoriche parole di circostanza che accompagnano queste operazioni come utili, necessarie e opportune, mascherano per lo più business di basso profilo, una ricca speculazione edilizia, un appetitoso affare per gli immobiliaristi.

Agli inizi del 2000 ha iniziato il ministro dell’economia, quello della finanza creativa, Giulio Tremonti, a pensare alla cartolarizzazione degli immobili pubblici: un valore di vendita pari a 11 mld per risanare il deficit di uno Stato sprecone. Dieci anni dopo è stata la volta del ministro della difesa Ignazio La Russa e del sottosegretario Guido Crosetto. Sono proprio loro ad aver fortemente voluto la società per azioni Difesa Servizi per la (s)vendita del patrimonio appartenente al demanio militare: centinaia di immobili di diversa tipologia per decine di miliardi di euro. Edifici non più utilizzati pronti ad avere una nuova, e più proficua, destinazione d’uso. E la concessione per cinquant’anni è di fatto una vendita.

Quest’ultimo bando, pubblicato il 17 luglio, con termine ultimo di presentazione delle domande alle ore 12 del 15 novembre prossimo, chiede agli investitori interessati di formulare una proposta di finanza di progetto ‘per la riqualificazione, valorizzazione e sfruttamento economico’ degli immobili selezionati dal Ministero e divisi in quattro diversi gruppi, a seconda della possibilità di ‘riqualificazione’: gli edifici del primo gruppo, per esempio, possono diventare strutture turistico-ricettive, quattro immobili di un altro gruppo complessi sportivi, altri ancora potrebbero essere aree logistiche, depositi e magazzini.

Gli ex idroscali per i quali è prevista la ‘riconversione’ (!) sono sei: a Cagnano Varano in provincia di Foggia, Desenzano del Garda in Provincia di Brescia, Bracciano in Provincia di Roma, a Taranto, e infine, i siciliani, a Marsala e a Siracusa, il De Filippis.

L’obiettivo dichiarato è “sviluppare un’iniziativa diffusa su scala nazionale per la valorizzazione degli ex idroscali, con l’obiettivo di recuperare il patrimonio storico e realizzare una rete che consenta il collegamento aereo, mediante idrovolanti, per finalità turistiche, culturali, sportive e ricreative” ricorrendo a capitali privati. E se la proposta riguarderà più di un idroscalo, maggiore sarà il punteggio riconosciuto.

Non si tratta di nulla di inedito, di straordinario. L’avioturismo ha preso piede da tempo in Italia, e ovviamente parliamo di un turismo di elite, riservato a pochi (anche se si propaganda come la possibilità di trasportare i passeggeri in modo più rapido, economico e sostenibile), un settore in grande crescita anche nel campo delle innovazioni: la progettazione di velivoli anfibi (a decollo verticale, elettrici in grado di trasportare fino a 19 persone, con le ali detrattili), l’allestimento di idrobasi e idrosuperfici, la creazione di compagnie aeree e la formazione di piloti e di nuove figure professionali, come emerge nei convegni che si organizzano in alcune città (a cui in genere partecipa – serve dirlo – l’Autorità di Sistema Portuale del luogo). Se poi ci aggiungiamo la previsione di utilizzare fondi europei les jeux sont faits.

Perché quindi non anche a Siracusa? Perché i Siracusani da tempo su quest’area hanno fatto altri progetti, di interesse pubblico, perché vogliono riappropriarsi di un’area di grande pregio nel cuore della città “con diretta utilizzazione a beneficio della collettività territoriale”, perché la si sta consegnando invece a un’ennesima speculazione privata a vantaggio di pochi (come sempre). 

(prima parte)

https://www.lacivettapress.it/2024/09/21/idroscali-dalle-generiche-finalita-turistiche-culturali-sportive-e-ricreative-al-libera-tutti-e-tutto/     (seconda parte)

https://www.lacivettapress.it/2024/09/21/ex-idroscalo-de-filippis-nelle-proposte-del-comune-solo-destinazioni-duso-aperte-non-statiche-che-dovranno-tassativamente-prevedere-la-pubblica-fruibilita/    (terza parte)