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In Serbia continuano la mobilitazione e le proteste popolari contro la corruzione e per la giustizia per le vittime del crollo della tettoia della stazione a Novi Sad. Un resoconto dettagliato degli ultimi giorni
Dopo le manifestazioni studentesche e l’occupazione di scuole e facoltà, i gruppi studenteschi hanno organizzato il 24 gennaio 2025 uno sciopero generale in tutto il paese e lunedì 27 hanno bloccato lo snodo nevralgico di Autokomanda, uno dei principali incroci della capitale Belgrado.
Venerdì 24 gennaio, Belgrado e molte altre città della Serbia, hanno manifestato contro la corruzione e la mancanza di trasparenza del governo. I numeri sono imponenti: 55.000 persone circa a Belgrado, 22.000 a Novi Sad, 10.500 a Niš e altri 5.000 circa a Kragujevac, solo per menzionare le città più importanti.
Le manifestazioni sono poi proseguite il giorno seguente: Zrenjanin, Pančevo, Smederevo sono le città che hanno seguito a ruota lo sciopero generale, mentre a Novi Sad, gli agricoltori si sono uniti agli studenti, nonostante la polizia avesse tentato di impedire loro l’accesso alla città.
Le proteste, come annunciato, sono continuate lunedì 27 quando l’”Autokomanda” è stata occupata dagli studenti che hanno portato tende e cucine da campo allo scopo di presidiare l’incrocio. L’occupazione si è conclusa il giorno dopo alle 10 e non vi sono stati incidenti di rilievo.
“La corruzione uccide”
Le proteste originano dal crollo della tettoia della stazione di Novi Sad, che era stata appena ricostruita, e dai tentativi del governo e dei partiti al potere di insabbiare le indagini.
Il crollo ha innescato una serie di proteste a Novi Sad e nel resto del paese che il governo serbo finora non è riuscito a placare. Le proteste sono partite dalle facoltà universitarie, molte delle quali occupate da novembre, si sono allargate alle scuole superiori e stanno ora coinvolgendo il resto della società.
La partecipazione alle proteste tra dicembre e gennaio è stata massiccia: 100.000 persone a Slavija a fine dicembre, 28.000 di fronte alla corte costituzionale a metà gennaio e oltre 50.000 pochi giorni dopo di fronte alla RTS , solo per citare le maggiori manifestazioni di Belgrado.
Numerose proteste si sono tenute anche nel resto d’Europa grazie agli studenti che studiano all’estero. Gli studenti chiedono trasparenza e giustizia per le vittime di Novi Sad, il rispetto della Costituzione e la fine della corruzione. “La corruzione uccide” è uno degli slogan delle proteste.
A macchia d’olio
Le proteste si stanno estendendo ad altre categorie: agli studenti si sono aggiunti i professori e la scorsa settimana un sindacato di lavoratori della EPS (la compagnia elettrica della Serbia) ha dato il suo sostegno agli studenti. Oltre a loro, altre categorie tra i quali una parte dei giudici , avvocati , organizzazioni non governative, agricoltori , alcuni media e altri gruppi hanno fatto sapere che avrebbero partecipato allo sciopero in aperta solidarietà con gli studenti.
Un momento importante è stato quando alcuni lavoratori della TV di stato RTS hanno esposto uno striscione a sostegno degli studenti che protestavano di fronte alla loro sede: dopo questo episodio, la televisione di stato ha cominciato a coprire regolarmente le proteste degli studenti.
Va notato però che l’adesione alle proteste, seppur massiccia, spesso divide le varie organizzazioni: per esempio, solo una parte dei sindacati della EPS sostiene gli studenti e solo una minoranza dei giudici. Questo indica l’esistenza di una spaccatura verticale nella società serba: nonostante le proteste si stiano velocemente estendendo, molte associazioni di categoria e settori della società esitano a schierarsi apertamente contro il governo.
A riprova di questo è il fatto che lo stesso sciopero generale di venerdì scorso non si sia tramutato in una vera e propria “serrata”: molti esercizi commerciali e uffici sono rimasti aperti e hanno funzionato regolarmente, nonostante l’invito a chiudere.
La reazione dei partiti di maggioranza e i primi incidenti
La reazione del governo e soprattutto della coalizione dei partiti al potere alle proteste montanti è stata ondivaga, alternando la minaccia del bastone alla promessa della carota, ma senza spingere in nessuna delle direzioni: se da un lato il presidente Vučić ha sia velatamente minacciato gli studenti che promesso linee di credito agevolato per l’acquisto di appartamenti per i giovani, dall’altro lato il governo ha mandato le ispezioni nelle scuole e minacciato gli insegnanti. L’unico effetto è stato quello di rafforzare gli studenti nella loro determinazione.
Numerosi rappresentati dei partiti al potere hanno insinuato che le proteste facciano parte di una rivoluzione colorata e di un complotto esterno, notizia che è stata prontamente rilanciata dai tabloid filogovernativi .
Come a ribadire questo concetto, sui ponti di Belgrado sono comparsi degli striscioni con un dito medio dipinto di rosso sui quali era scritto “la risposta del popolo serbo alle rivoluzioni colorate”. Il dito medio era stato rilanciato dai membri dell’SNS. Gli striscioni erano “protetti”: per ogni striscione c’era un guardiano che allontanava in malo modo chi volesse rimuoverlo ed in alcuni casi si è arrivati allo scontro fisico .
Anche in questo caso però, l’effetto è stato nullo, se non quello di associare un gesto volgare al nome del popolo serbo. Alla fine, la leadership serba si è decisa ad organizzare un contro-meeting a Jagodina, dove è stata rilanciata l’idea (già presentata due anni fa) di un nuovo movimento popolare, che potrebbe divenire la scialuppa di salvataggio del presidente Vučić se l’SNS dovesse perdere popolarità.
Lunedì sera, infine, il presidente Vučić con il primo ministro Vučević e la presidente del Parlamento Brnabić si sono rivolti al paese dichiarando che il clima attuale non giova a nessuno e che hanno capito il messaggio degli studenti e sono pronti al dialogo e a graziare gli studenti che sono sotto processo per i disordini (ciò nonostante, poche ore dopo, a Novi Sad alcuni studenti sono stati attaccati da sconosciuti con mazze da baseball).
Vučić ha anche annunciato un massiccio rimpasto di governo che coinvolgerà più della metà dei ministri.
Gli incidenti
Oltre agli scontri fisici con i “guardiani degli striscioni”, studenti e attivisti sono stati anche oggetto di attacchi da parte di sconosciuti che, in alcuni casi, sono stati identificati e arrestati dalla polizia.
Gli incidenti più seri sono però avvenuti durante le manifestazioni studentesche, in due occasioni distinte, la prima a metà gennaio e la seconda durante lo sciopero generale di venerdì delle automobili hanno letteralmente falciato una studentessa e un’addetta al servizio d’ordine: in entrambi i casi le vittime sono state ricoverate d’urgenza in ospedale con serie ferite alla festa, ma per fortuna le loro condizioni sono in rapido miglioramento.
Dopo l’arresto dei responsabili, la procura ha aperto due fascicoli per tentato omicidio. In totale il CINS (Centro per il giornalismo investigativo) ha contato circa cinquanta incidenti in tutta la Serbia.
Le forze dell’ordine
Le forze dell’ordine si sono astenute dall’interferire con le proteste degli studenti. Le proteste sono organizzate con poco preavviso e gli studenti hanno il loro servizio d’ordine che finora ha operato con grande efficacia. Tuttavia vi sono dei poliziotti in abiti civili all’interno delle proteste e la loro presenza è stata notata quando venerdì hanno prontamente arrestato la giovane donna che ha investito l’addetta al servizio d’ordine a Novi Beograd.
Se la polizia ha mantenuto una presenza discreta, la BIA, l’agenzia per la sicurezza e le informazioni, molto probabilmente, non è rimasta inattiva. Mercoledì sera (22 gennaio), dei poliziotti in borghese hanno arrestato i 13 partecipanti ad un seminario internazionale organizzato dalla Erste Foundation .
Nonostante il tema del seminario fosse la raccolta fondi per le ONG, i servizi si sono evidentemente insospettiti e dopo aver portato i partecipanti del seminario in una stazione di polizia li hanno interrogati per gran parte della notte. Il giorno dopo, i partecipanti sono stati espulsi dalla Serbia per aver messo in pericolo la sicurezza nazionale. All’espulsione è stato associato il divieto di ingresso in Serbia per un anno.
Tra i 13 partecipanti (provenienti da Croazia, Albania, Moldavia, Cechia, Macedonia del Nord, Slovenia, Slovacchia, Austria e Romania) vi erano cinque cittadine croate. L’azione è stata condannata dalle organizzazioni per i diritti umani di Belgrado e Zagabria e ha provocato una protesta diplomatica da parte della Croazia e di altri paesi europei a cui ha fatto seguito una piccata risposta della diplomazia serba .
Se da un lato è poco credibile immaginare che i tredici cittadini stranieri rappresentassero effettivamente una minaccia per la sicurezza della Serbia, dato che la Erste Foundation organizza tali seminari dal 2013, dall’altro l’arresto e l’espulsione supportano la tesi dei partiti di governo che la Serbia sia vittima di un tentativo di rivoluzione colorata da parte croata: tesi questa che mira a ricompattare i sostenitori dei partiti al governo.
I prossimi giorni
Gli avvenimenti in Serbia non hanno ancora avuto un grande risalto internazionale al di fuori della Serbia e anche in Serbia, la Delegazione della Commissione Europea si è limitata ad esprimere preoccupazione per l’incidente in cui è stata investita la prima studentessa e per l’espulsione dei membri delle ONG.
Decisamente poco se si considera che alla base delle proteste degli studenti c’è la richiesta di giustizia e il sostegno ad uno stato di diritto.
I prossimi giorni saranno decisivi: se lo sciopero generale di venerdì 24 non è stata una vera e propria serrata generale, la massiccia partecipazione in tutta la Serbia fa presagire che la crisi continuerà.
In questo caso, e dopo le contestate elezioni del 2023, è difficile che si possa andare ad consultazioni anticipate, a meno che tali elezioni non siano condotte da un governo di transizione che garantisca condizioni eque per tutti i partecipanti.
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