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Per poter funzionare le imprese hanno necessità di risorse, che possono provenire da conferimenti (senza obbligo di restituzione), ovvero da finanziamenti (con obbligo di restituzione): questi ultimi provenienti sia da soggetti esterni (es.: banche), sia dall’imprenditore (impresa individuale) o dai soci di società. Proponiamo un articolo che analizza le principali criticità fiscali delle operazioni di finanziamento alle imprese.
La materia dei finanziamenti, sotto il profilo tributario e in particolare delle imposte sui redditi, si riflette sulla situazione soggettiva dei soggetti finanziatori (che spesso sono a propria volta imprese) e dei soggetti finanziati. Da un lato occorrerà verificare i presupposti di rilevanza fiscale (imponibilità degli interessi attivi / effetti sul valore fiscale della partecipazione, se si tratta di finanziamento a società consociate), e dall’altro i problemi relativi alla deducibilità, soggetta a particolari vincoli come si dirà.

Finanziamenti alle imprese: aspetti generali

finanziamenti alle impreseI finanziamenti concessi alle imprese, se a titolo oneroso, sono – a partire dallo schema civilistico del contratto di mutuo – causa di precise obbligazioni alla restituzione del capitale e alla corresponsione degli interessi, che ne rappresentano il “prezzo”.

E gli interessi passivi, sotto il profilo tributario, assumono rilevanza fiscale come componenti deducibili in sede di determinazione del reddito di impresa, anche se con taluni vincoli stabiliti dall’art. 96 del TUIR.

Secondo il comma 3 dell’art. 96 richiamato, la disciplina in esso contenuta “si applica agli interessi passivi e agli interessi attivi, nonché agli oneri finanziari e ai proventi finanziari ad essi assimilati, che sono qualificati come tali dai principi contabili adottati dall’impresa”.

Tale inciso fa sì che, quanto alla parte “qualificatoria” della disciplina degli interessi passivi, risulti applicabile il criterio della derivazione rafforzata (art. 83 TUIR).

Una volta stabilito, però, che si è in presenza di “interessi passivi”, “interessi attivi”, nonché di oneri/proventi assimilati, le previsioni dell’art. 96 (confronto interessi passivi/interessi attivi + 30% ROL) risultano applicabili sia ai soggetti OIC adopter (ITA GAAP), sia a quelli che invece adottano i principi contabili internazionali IAS/IFRS.

 

Questi gli argomenti trattati nell’articolo:

 

***

 

Presunzioni legali

Secondo il codice civile, gli interessi si computano al saggio legale se le parti non hanno determinato una diversa misura e richiede la forma scritta ad substantiam per la pattuizione di interessi in misura superiore al saggio legale (ma sempre nei limiti consentiti dalla legge).

Pertanto, quando il socio o il partecipante erogano delle somme alla società o all’ente:

  1. se non è fornita prova contraria, le somme si presumono concesse a titolo di mutuo (presunzione legale relativa);
     
  2. se è fornita prova contraria (potendo trattarsi, ad esempio, della rifusione di un prestito originariamente concesso al partecipante dalla società o dall’ente), la presunzione non opera.

Nel caso sub a), gli interessi:

  • in assenza di prova contraria, si presumono percepiti alle scadenze e nella misura pattuite per iscritto;
     
  • in presenza di prova contraria, si intendono percepiti secondo quanto stabilito tra le parti, con riferimento ai diversi riscontri documentali forniti;
     
  • mentre in mancanza di differenti accordi scritti, si presumono percepiti nell’ammontare maturato nel periodo di imposta, e la loro misura è considerata pari al saggio legale (per quanto riguarda l’anno in corso, con decorrenza 01.01.2021, il saggio dell’interesse legale è sceso dallo 0,05% allo 0,01%: cfr. D.M. 11.12.2020).

Ai fini dell’operatività della presunzione relativa, occorre guardare anche dell’iscrizione dei finanziamenti nel passivo di bilancio, alla voce “debiti verso soci per finanziamenti”.

Tale evidenza supera gli eventuali riscontri contrari che il contribuente intendesse fornire.

La presunzione può essere bloccata attraverso l’iscrizione in bilancio a titolo di “versamenti in c/futuro aumento di capitale”, oppure “versamenti in c/capitale”.

 

Tassazione

Gli interessi attivi, corrisposti o “presunti” come remunerazione del finanziamento ai sensi delle norme tributarie, sono imponibili in capo al soggetto che li percepisce, in quanto “concretamente percepiti” o in base alla presunzione di onerosità (in caso di contestazione da parte dell’amministrazione finanziaria).

Per i finanziatori persone fisiche non esercenti attività di impresa, gli interessi percepiti sui finanziamenti erogati alle società commerciali costituiscono reddito di capitale e su di essi si applica una ritenuta fiscale in base alle regole vigenti in materia di tassazione delle rendite finanziarie.

Per effetto degli artt. 3 e 4 del D.L. 24.04.2014, n. 66, convertito dalla L. 23.6.2014, n. 89, l’aliquota della ritenuta IRPEF – a titolo di acconto – sui redditi di natura finanziaria, tra i quali figurano gli interessi, è attualmente stabilita nella misura del 26%.

Se il finanziatore percipiente gli interessi ha natura di impresa, non va invece applicata alcuna ritenuta e gli interessi confluiscono, per competenza, nel reddito di impresa.

Gli interessi attivi si distinguono dagli utili, in quanto sono soggetti a tassazione per intero e non opera per essi l’esclusione dall’IRES del 95% dell’ammontare (limitata alle sole remunerazioni di azioni e strumenti similari).

Se a erogare il finanziamento è un soggetto IRES (società o ente commerciale), gli interessi attivi percepiti rientreranno nei meccanismi dell’art. 96 del TUIR in quanto concorrenti alla determinazione del “plafond” di deducibilità degli interessi passivi (gli interessi passivi deducibili nel periodo di imposta per i soggetti IRES scaturiscono infatti dal confronto con gli

 

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