Il dramma di Marco, si muove anche il ministro Tajani: «Il caos e la violenza ci hanno travolti: proiettili e terrore hanno trasformato quel rifugio»
«Noi ora siamo al sicuro, continuiamo a pregare e a sperare per chi è rimasto a Goma, per il futuro della nostra missione, del nostro centro per i bambini e bambine di strada e della nostra associazione Casa Goma». Sono parole di timore, ma anche di grande fede e speranza quelle pronunciate dal missionario laico Fidei Donum Marco Rigoldi, 29enne originario di Villaverla e fratello del pugile Luca, che da sette anni risiede nella Repubblica Democratica del Congo dove ha fondato e gestisce un’associazione no profit che si occupa di dare sostegno ai bambini, anziani, malati e persone in difficoltà.
La fuga
In seguito ai continui attacchi dei ribelli a Goma, la città dove si trova la sua missione, Rigoldi è infatti dovuto fuggire assieme alla moglie Arielle Angelique, alla 35esima settimana di gravidanza. Un viaggio costellato di insidie e grandi pericoli, anche perché la città in cui pensavano inizialmente di avere trovato la salvezza si è trasformata nel giro di pochissimo tempo in un altro teatro di guerriglia. «La situazione a Goma è degenerata rapidamente – le parole di Rigoldi -, e siamo stati costretti a cercare rifugio a Gisenyi, una città limitrofa già in territorio ruandese. Tuttavia anche questa città, che inizialmente ci era sembrata sicura, è stata attaccata ieri, (27 gennaio ndr.) attraverso spari, colpi di mortaio e svariate tipologie di bombe provenienti dal Congo. Il caos e la violenza ci hanno travolti: esplosioni, proiettili e terrore hanno trasformato quel rifugio in un inferno».
«Molti non hanno avuto la nostra fortuna»
Come raccontato dal missionario, quelli passati a Gisenyi sono stati momenti di grande apprensione, ai quali i due hanno reagito facendosi forza con le preghiere. «Dopo essere rimasti per sei ore seduti a terra – prosegue Rigoldi – con un materasso sopra la testa, nel corridoio della casa di una donna straordinaria che ci ha ospitati e aver rischiato la morte numerose volte a causa delle decine di bombe che cadevano a pochi metri da noi, sotto le continue esplosioni e le pallottole abbiamo trovato il coraggio di prendere le valigie e fuggire in macchina a tutta velocità. Con l’aiuto di questa persona, siamo riusciti a raggiungere Kigali, la capitale del Ruanda: siamo ancora scossi per quanto vissuto, ma siamo al sicuro». Adesso, almeno per il momento, per Rigoldi e la sua famiglia la situazione può dirsi di relativa tranquillità, anche se il pensiero rimane a Goma, dove sono rimasti i collaboratori di Casa Goma, che cercano di mantenere in sicurezza il centro, fornendo continue informazioni sulla situazione.
«Molti non hanno avuto la nostra fortuna – spiega il missionario – e il nostro cuore è con loro, con chi ha perso tutto e con chi vive ancora nel terrore.
Le preghiere
Al momento, non abbiamo ancora certezze sul nostro domani: a causa delle condizioni di Arielle Angelique, un viaggio in Italia sarebbe troppo rischioso, per cui prevediamo di rimanere a Kigali, almeno per ora».
La vicenda di Marco Rigoldi e della moglie Arielle Angelique è diventata un vero e proprio caso di Stato. Tra i primi ad attivarsi per la sua salvezza ci sono stati il ministro degli Esteri Antonio Tajani e l’Unità di Crisi, assieme all’ambasciatore Sabato Franco Sorrentino e l’ambasciata d’Italia a Kinshasa. Successivamente è stato il turno dell’ambasciata in Uganda, che ha competenza anche in Ruanda e si è resa disponibile a fornire supporto in caso di bisogno, mentre la diocesi di Kigali, attraverso il collegamento con quella di Vicenza che ha seguito ogni movimento fin dall’inizio di questa terribile vicenda, sta offrendo aiuto e supporto. Il pensiero di Rigoldi è andato anche a chi l’ha sostenuto con le preghiere. «A tutti voi che ci avete scritto – le sue parole -, che avete pregato per noi, che ci avete sostenuto in ogni modo: grazie di cuore. La vostra vicinanza ci ha dato forza e conforto in momenti in cui sembrava che tutto stesse crollando, che la vita stesse finendo».
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