Covid, l’origine della pandemia è animale o da laboratorio? Che cosa dice la scienza sulle due ipotesi

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di
Cristina Marrone

La CIA americana ritiene più probabile l’incidente involontario ma a cinque anni dall’inizio della pandemia mancano le prove «schiaccianti» per entrambe le teorie

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Secondo un report della CIA statunitense, che si allinea con quanto già sostenuto dall’FBI, il virus responsabile della pandemia di Covid-19 avrebbe avuto origine più probabilmente in laboratorio. L’agenzia assegna un «basso livello di fiducia» a questa conclusione  a causa delle prove «carenti, inconcludenti e contradditorie» e non esclude l’origine naturale del virus come avvalorato finora dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Non si tratta di una decisione definitiva (la Cia continua a valutare tutti gli scenari) e neppure basata su nuove informazioni, piuttosto il risultato di una revisione degli elementi già noti raccolti in un report desecretato pubblicato su ordine del presidente Donald Trump.

La Cina respinge al mittente le accuse e ritiene «estremamente improbabile» che all’origine della pandemia ci sia la fuga di un virus da un laboratorio, citando le conclusioni a cui è arrivata l’Oms dopo diverse visite ai laboratori di Wuhan.




















































Le due teorie e l’anello mancante

Nonostante siano trascorsi ormai cinque anni dall’inizio della pandemia la comunità scientifica internazionale non è mai arrivata a una conclusione unanime sull’origine del Covid-19. Entrambe le teorie presentano argomentazioni logiche, ma anche lacune. Per sostenere la teoria dell’origine animale i ricercatori vorrebbero trovare l’ «animale ospite» che ha trasmesso il virus all’uomo. Per sostenere la teoria dell’ «origine accidentale» occorrerebbe provare che il Wuhan Institute of Virology (livello di biosicurezza 4, il più elevato), che maneggiava coronavirus, stesse effettivamente lavorando a un virus progenitore di Sars-CoV2 che ha portato all’epidemia. Nessuna delle due prove è mai stata trovata.

Le prove del salto di specie

«Per arrivare alla verità è ormai tardi. Tuttavia, da quanto pubblicato sulle riviste scientifiche, il passaggio di specie avvenuto al mercato ittico di Huanan a Wuhan sembra la spiegazione più probabile e i primi casi umani, sappiamo, sono stati circoscritti proprio in quell’area» dice Gianni Rezza, epidemiologo professore straordinario all’università Vita -Salute San Raffaele di Milano. Edward Holmes, professore di biologia evolutiva all’Università di Sidney, il primo ad annunciare al mondo con un tweet la sequenza genomica di Sars Cov-2, è fortemente convinto che il mercato di Huanan, dove nel 2019 sono transitati migliaia di animali selvatici vivi, compresi noti portatori di coronavirus come zibetti e cani procioni, sia stato il ground zero della pandemia e qui si sarebbe compiuto il salto di specie. I ricercatori, guidati dal biologo evoluzionista, hanno ricostruito la mappa genetica dei primi casi di contagio risalenti al novembre 2019, individuando nel wet market l’epicentro, e poi confermato la presenza di Sars.Cov-2 nelle gabbie di animali vivi, sui carrelli e nei campioni di acqua del mercato. Gli scienziati hanno anche isolato da subito due lignaggi diversi del coronavirus, che avrebbero avuto origine in modo indipendente. Il ceppo B, legato al mercato, si è diffuso rapidamente ed è arrivato lontano, diventando dominante in tutto il mondo, dando vita alle diverse varianti che si sono susseguite fino a Omicron. Il ceppo B, dopo l’esplosione a Wuhan, si è presto esaurito. «Se il virus fosse stato introdotto da un laboratorio sarebbe stato molto più probabile trovare un unico ceppo» riflette il professor Rezza.

I pipistrelli serbatoio del coronavirus?

Secondo Holmes i pipistrelli ferro di cavallo diffusi nel sud-est asiatico sono i principali candidati ad essere il serbatorio del coronavirus: in questi animali infatti è stato trovato il virus parente più prossimo del Sars-Cov-2, con una somiglianza del 97%. «Ma non è lo stesso virus e nessuno ha mai dimostrato la sua presenza nei pipistrelli prima del 2020. Non c’è evidenza di infezioni animali precedenti allo scoppio della pandemia nell’uomo» sottolinea  il professor Carlo Federico Perno, direttore dell’Unità di microbiologia dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma.

Wuhan si trova inoltre molto lontana dalle zone tropicali dove vivono i pipistrelli potenziali serbatoi del coronavirus, peraltro in letargo in quella fase dell’anno. 

L’assenza di un animale intermedio

«Ancora oggi non conosciamo né l’animale di partenza né quello intermedio ed è quindi difficile sostenere con certezza l’ipotesi dello spillover. Per l’influenza il percorso è chiaro: la fonte originaria sono gli uccelli selvatici e l’animale intermedio di solito il maiale; con Sars-Cov-2 non lo abbiamo ancora scoperto» aggiunge il professor Perno.

L’alta capacità infettiva 

Il nuovo coronavirus è improvvisamente comparso nell’uomo, tra l’altro con una alta capacità infettiva e una predisposizione ad infettare gli esseri umani, già al 99,5% nel dicembre 2019 secondo alcuni scienziati. Tutti elementi che portano nella direzione della fuga dal laboratorio, anche se certamente il contagio da parte di persone asintomatiche ha accelerato la diffusione del virus «Sars-Cov-2 ha dimostrato un’insolita capacità da passare da uomo a uomo, ma i virus animali non sono così veloci nel salto di specie» osserva Giorgio Palù, professore di Virologia all’Università di Padova, già presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco. «La rapidità e l’adattamento del coronavirus nell’uomo fa pensare a un incidente in laboratorio dove si stava manipolando geneticamente il virus per studiare possibili infezioni umane. È come se il patogeno fosse già pronto per colpire l’uomo».
 
La certezza finora è che tutto è nato in Cina, a Wuhan nella stessa città dove, seppur a quindici chilometri di distanza dal famoso mercato, si trova un laboratorio di massima sicurezza che studia coronavirus. Il mercato è stato l’origine della pandemia o il luogo, estremamente affollato, che l’ha amplificata? «La possibilità che il virus sia nato dal laboratorio sono sostanziose, ma non abbiamo alcuna certezza assoluta e la Cina non ha collaborato abbastanza con le tre commissioni Oms che hanno lavorato al caso» concordano i due scienziati. Saperlo prima avrebbe cambiato qualcosa? «Dal punto di vista scientifico nulla – concludono – ma l’allerta sarebbe stata più rapida e le precauzioni prese avrebbero potuto essere anticipate di uno-due mesi».

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