Tornano i certificati lineari | MilanoFinanza News

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Negli anni che hanno seguito la pandemia, le politiche restrittive adottate dalle principali Banche centrali per contrastare la galoppata dell’inflazione, hanno determinato un aumento generalizzato dei tassi d’interesse, che ha garantito maggiori margini d’azione anche per gli emittenti di certificati, soprattutto nella versione a rendimento cedolare. A parità di rischio, è stato cioè possibile emettere prodotti più redditizi o con scadenze più brevi. Ora che i tassi sono però tornati a scendere, c’è il rischio che anche l’industria dei certificati debba rivedere la sua proposta operativa: certo, difficilmente si tornerà a una situazione di tassi così bassi come nel decennio che ha preceduto la pandemia di Covid, ma è bene considerare che se i prodotti a rendimento cedolare non sapranno mantenersi competitivi, se non a prezzo di aumentare la numerosità dei sottostanti o comunque gli elementi di rischio coinvolti, sarà necessario intraprendere anche strade alternative. In particolare, quello che sembra ancora troppo penalizzato è il segmento dei certificati d’investimento a rendimento direzionale, cioè quelli che offrono un’esposizione diretta e proporzionale alle oscillazioni del mercato.

I benchmark, cioè i certificati più semplici, che replicano linearmente l’andamento del sottostante, sul SeDeX sono poco più di un centinaio a fronte di oltre 3.300 prodotti d’investimento quotati, mentre su Cert-X sono poco più di 60 su oltre 7.000 certificati totali. Spesso si concentrano inoltre su panieri a gestione dinamica, che non sono sempre di facile comprensione da parte dell’investitore e comunque non offrono la possibilità di puntare con immediatezza su un preciso sottostante d’interesse, come accade invece per gli Etf legati a indici.

A onor del vero, alcuni emittenti stanno provando a battere strade alternative rispetto ai certificati a rendimento cedolare e nell’ultimo mese si segnalano almeno due importanti emissioni, che vanno proprio nella direzione indicata. La più significativa riguarda i 15 Equity Protection su titoli azionari europei, quotati da Bnp Paribas a metà dicembre. Non prevedono il pagamento di alcun importo addizionale, né la presenza di alcuna opzione di esercizio anticipato e presuppongono una logica operativa di ampio respiro, considerando che le scadenze variano tra il 23 dicembre 2030 e il 23 dicembre 2031. Appartengono alla classe di certificati a capitale protetto e vantano un fattore di protezione pari per tutti al 100%: ciò significa che a scadenza garantiranno almeno il rimborso del valore nominale (100 euro) indipendentemente dallo scenario di mercato, quindi anche nel caso di un forte ribasso del sottostante. Al rialzo parteciperanno invece in modo lineare all’eventuale performance positiva che avrà maturato il titolo di riferimento, con fattori di partecipazione che vanno dal 100% al 160% e senza alcun Cap. Questi certificati permettono quindi di acquisire un’esposizione lineare rialzista su una gamma selezionata di singoli titoli azionari, con un fattore di partecipazione che contempla anche una minima leva e con una garanzia di rimborso del capitale in caso di scenario negativo. Per contro, rispetto a un investimento diretto nel sottostante, come accade per tutti i certificati d’investimento, anche gli Equity Protection non permetteranno di incassare gli eventuali dividendi che saranno staccati dai titoli in gioco nell’arco della vita dei certificati.

Una seconda emissione che va nella direzione dei prodotti a rendimento lineare è quella dei 45 Discount quotati da Société générale poco prima di Natale su 11 titoli azionari domestici, tutti con scadenza 25 giugno 2026. In questo caso la struttura prevede una partecipazione diretta all’andamento del sottostante, sia al rialzo sia al ribasso, partendo però da un prezzo “scontato” rispetto al valore iniziale del titolo, a fronte di una partecipazione al rialzo limitata dalla presenza di un Cap. Anche qui non sono previste opzioni di esercizio anticipato, né di protezione e non è previsto nemmeno il pagamento di premi periodici: molto semplicemente, partendo da un valore nominale più basso rispetto al prezzo iniziale del sottostante, ogni certificato prospetta il rimborso a scadenza di un importo esattamente pari al prezzo di riferimento finale del titolo d’interesse, a patto che tale prezzo non sia superiore a un livello massimo prefissato (Cap), che di fatto limita la partecipazione al rialzo del certificato. Anche in questo caso i dividendi eventualmente distribuiti dai titoli in gioco non potranno essere incassati. Al momento SG è l’unico emittente a proporre su SeDeX questa classe di certificati. Chissà che il nuovo anno possa portare qualche novità in questo senso. (riproduzione riservata)



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