nulle le clausole che impediscono l’assunzione del vincitore

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La Corte di cassazione con l’ordinanza n. 28330/2024, ha affrontato il caso di un vincitore di concorso per polizia locale, classificatosi al primo posto, al quale è stata negata l’assunzione a causa di una clausola del bando che consentiva al Comune di non procedere con l’assunzione.
La Suprema Corte ha dichiarato nulle tali clausole di riserva, stabilendo che, con l’approvazione della graduatoria finale, l’ente assume un obbligo vincolante nei confronti del vincitore, il quale ha diritto all’assunzione.
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Corte di Cassazione -sez. L- ordinanza n. 28330 del 04-11-2024

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1. Mancata assunzione e clausola di riserva del concorso


La controversia riguarda, in particolare, un candidato (di seguito anche “ricorrente”) classificatori primo nella graduatoria finale di un concorso bandito dal Comune di Lavello per l’assunzione a tempo indeterminato e parziale a 18 ore quale operatore di Polizia Municipale, ex categoria C1. Il candidato, nonostante l’approvazione della graduatoria finale e i ripetuti solleciti, non era stato assunto dal Comune.
Il ricorrente aveva quindi chiesto di condannare il Comune di Lavello a procedere alla sua assunzione ed a risarcire i danni subiti da esso ricorrente.
Con sentenza n. 190/2018, pubblicata in data 18 ottobre 2018, la Corte d’appello di Potenza ha respinto l’appello proposto dal ricorrente, rilevando che nel caso in esame il bando di concorso conteneva una clausola che riservava al Comune la facoltà di non procedere all’assunzione.
La Corte d’appello di Potenza ha, infine, concluso che il ricorrente, nel partecipare al concorso, aveva accettato la clausola medesima, senza peraltro neppure eccepirne la nullità. La Corte ha rilevato ulteriormente che la mancata assunzione era da ricondursi a delibere con le quali il Comune di Lavello aveva dato atto dell’assenza di risorse per dar corso all’assunzione, senza che tali delibere fossero state impugnate dal ricorrente in sede amministrativa. Per l’approfondimento consigliamo il volume Il lavoro pubblico

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2. Il ricorso alla Corte di cassazione


Il candidato vincitore ha così deciso di ricorrere alla Corte di cassazione. Il ricorso è affidato a sei motivi, riassunti di seguito:

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Saldo e stralcio

 

  • 1 – Il ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui quest’ultima ha ritenuto che la presenza, nel bando di concorso, di una clausola – la n. 14 – che consentiva al Comune di non procedere all’assunzione, rendesse legittima la condotta del Comune medesimo;
  • 2 – il ricorrente contesta che le delibere con le quali il Comune di Lavello destinava diversamente le proprie risorse economiche abbiano integrato una vera e propria impossibilità della prestazione ai sensi dell’art. 1218 c.c.[1];
  • 3 – Con il terzo motivo il ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 63, D. Lgs. n. 165/2001 e 295 c.p.c., per avere la Corte territoriale affermato che sarebbe stato onere del ricorrente impugnare in sede amministrativa le delibere del Comune di Lavello con le quali si dava atto dell’assenza di adeguate risorse economiche per procedere all’assunzione del ricorrente. Argomenta, in particolare, il ricorso che, trattandosi di controversia tra privato e P.A. datore di lavoro, rientrava nei poteri della Corte territoriale quello di esaminare i provvedimenti al rapporto di lavoro contrattualizzato, nonché di disapplicare gli atti amministrativi presupposti;
  • 4 – Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1418[2] e 1421[3] del Codice civile. Il ricorso censura la decisione impugnata per avere quest’ultima omesso di dichiarare la nullità dell’art. 14 del bando per violazione dell’art. 1355[4] c.c., nonostante la nullità fosse rilevabile d’ufficio ex art. 1421 c.c.;
  • 5 – Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la “nullità della sentenza impugnata per la violazione (…) degli artt. 101, 112, 345 c.p.c. e del principio del contraddittorio”. Deduce il ricorso che la Corte d’appello, dopo aver rilevato la nullità della clausola contenuta nel bando, avrebbe omesso di invitare le parti al contradditorio sul punto, decidendo in autonomia, peraltro sulla base dell’assenza di adeguati elementi per quantificare il danno del ricorrente;
  • 6 – Con il sesto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art.112 c.p.c. “e del principio iura novit curia[5]. Il ricorrente argomenta di avere censurato nel proprio atto di appello la legittimità – e quindi la validità della clausola – con la conseguenza che la Corte territoriale avrebbe omesso di correttamente qualificare la censura e quindi di pronunciarsi su di essa, dichiarando la nullità della clausola.

Per quanto concerne i motivi secondo e terzo del ricorso, esaminati congiuntamente, contestano la seconda ratio decidendi della sentenza impugnata, che attribuisce all’odierno ricorrente l’onere di impugnare in sede amministrativa le delibere comunali che dichiaravano l’assenza di risorse per l’assunzione, ritenute giustificative della condotta del Comune di Lavello. Tale conclusione è errata.
La sentenza impugnata non ha compiuto alcuna valutazione di merito sull’effettiva idoneità del vincolo di spesa a impedire l’assunzione del ricorrente, limitandosi a ritenere precluso ogni esame per mancata impugnazione delle delibere in sede amministrativa. Tale affermazione contrasta con l’art. 63, comma 1, del D. Lgs. n. 165/2001, secondo cui la giurisdizione ordinaria è competente a sindacare gli atti successivi alla conclusione della procedura concorsuale, compresa l’eventuale disapplicazione di atti amministrativi lesivi di diritti soggettivi.
In merito all’eventuale operatività del tetto di spesa di cui all’art. 1, comma 557, L. n. 196/2006, la decisione impugnata non contiene alcun riferimento, e il controricorrente non ha rispettato il principio di autosufficienza. Quest’ultimo principio richiede che il ricorrente, pena l’inammissibilità della censura, indichi in quale atto del giudizio di merito tali questioni siano state dedotte, essendo preclusa la prospettazione in sede di legittimità di temi nuovi non trattati in precedenza.
I motivi del primo e quarto del ricorso, esaminati congiuntamente, contestano l’affermazione della Corte territoriale secondo cui la clausola del bando di concorso del Comune di Lavello, che riservava la possibilità di non procedere all’assunzione del vincitore, avrebbe giustificato la condotta dell’amministrazione. Tale affermazione è ritenuta erronea poiché, in materia di concorsi pubblici, l’approvazione della graduatoria genera un diritto soggettivo del vincitore all’assunzione e un obbligo correlato dell’amministrazione, salvo casi di impossibilità della prestazione ai sensi dell’art. 1218 c.c.
La Corte territoriale ha errato nel ritenere valida la clausola di riserva del bando e nel distinguere tra clausole inserite nel bando e quelle poste nell’atto di approvazione della graduatoria. Tale distinzione non è giuridicamente rilevante, essendo comunque inammissibile una clausola che subordina l’assunzione a future determinazioni dell’amministrazione. Tale clausola è nulla, in quanto consente una revoca sostanziale del bando senza il rispetto dei requisiti formali, integrando un abuso di autotutela in carenza di potere.
Inoltre, la tesi della tacita accettazione della clausola da parte del candidato, derivante dalla partecipazione al concorso, è infondata. La clausola nulla non può legittimare l’esercizio di una facoltà discrezionale illegittima da parte dell’amministrazione.
Si deve, in conclusione, ritenere che il diniego o ritardo dell’Amministrazione nel procedere all’assunzione del vincitore di una procedura concorsuale non possa trovare legittima giustificazione nella presenza, all’interno del bando, di una “clausola di riserva” che consenta alla stessa Amministrazione di non procedere comunque all’assunzione, dovendosi ritenere tale clausola nulla, in quanto tale da integrare una mera facoltà discrezionale di annullare o revocare il bando, tale da integrare un contrarius actus illegittimo – e come tale passibile di disapplicazione da parte del giudice ordinario – in quanto privo dei requisiti di forma ed integrante una forma di autotutela esercitata in carenza di potere, in virtù dell’insorgere del diritto del vincitore del concorso ad essere assunto, ormai regolato dal disposto di cui all’art. 1218 del Codice civile.
L’accoglimento dei primi quattro motivi di ricorso comporta l’assorbimento del quinto e del sesto motivo. Di conseguenza, la decisione impugnata viene cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Potenza in diversa composizione, che dovrà conformarsi ai principi espressi e regolare le spese del giudizio di legittimità.

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Note


[1] Il debitore che non esegue esattamentela prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
[2] Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente.
[3] Salvo diverse disposizioni di legge la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
[4]  È nulla l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell’alienante o, rispettivamente, da quella del debitore.
[5] “il tribunale è a conoscenza delle leggi”.



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