“È l’ora di ripensare il sistema delle pensioni”

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“È arrivato il momento di ridiscutere il meccanismo di calcolo e di accesso alle pensioni”. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, esordisce nell’intervista pubblicata oggi su Repubblica. Un lungo dialogo in cui fa il punto sui principali nodi sociali e del lavoro nel nostro Paese, dopo la conferenza stampa della premier Meloni. Con un punto fermo: la necessità di rivedere subito il sistema di previdenza.

“I lavori non sono tutti uguali – a suo avviso –. E non si può continuare ad aumentare per tutti l’età pensionabile in modo automatico sulla base dell’aspettativa di vita a prescindere dalla gravosità degli impieghi”.

Basta fare cassa

Il leader di Corso d’Italia inizia registrando la retromarcia dell’Inps: “Hanno corretto gli applicativi sull’innalzamento dell’età pensionabile solo grazie alla nostra denuncia. Ciò che è successo ci preoccupa e conferma che si vuole solo fare cassa”, dice. E aggiunge: “Si erano impegnati ad abrogare la legge Fornero e l’hanno peggiorata. Hanno fatto cassa miliardaria anche sulle rivalutazioni delle pensioni all’inflazione. Hanno stretto tutti i canali di accesso anticipato. Opzione donna quasi non esiste più. I giovani rischiano assegni poco dignitosi, per via del lavoro povero e discontinuo: altro che previdenza integrativa, c’è bisogno di una pensione di garanzia. Quest’anno poi le pensioni si riducono per via dei coefficienti di trasformazione più bassi. E ora il blitz dell’Inps”.

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Aprire una trattativa vera

I requisiti per andare in pensione crescono comunque a partire dal 2027, come suggerisce l’Istat. Così Landini: “Aspettiamo il decreto. Nel frattempo, ribadiamo la necessità dell’apertura di una vera trattativa: il tavolo delle pensioni non viene convocato da oltre un anno e mezzo. La norma sulla crescita automatica dell’aspettativa di vita risale al 2009, al governo Sacconi-Berlusconi, quello in cui Giorgia Meloni era ministra della Gioventù – fa notare –. Non siamo mai stati d’accordo con questo sistema automatico che fissa regole uguali per lavori diversi. Aumenta le disuguaglianze”.

Il governo crea lavoro povero e precario

Tra i molti passaggi della premier, il governo ha rivendicato un milione di posti di lavoro in più. “La presidente del Consiglio non dovrebbe far contento Berlusconi, che mi auguro sia in paradiso. Ma le lavoratrici e i lavoratori – afferma Maurizio Landini –. Il lavoro che si sta creando è povero e precario. La disoccupazione giovanile aumenta. Crescono i Neet. Chi può fugge all’estero. Gli inattivi esplodono. Abbiamo 6 milioni di lavoratori sotto gli 11 mila euro lordi all’anno. E 4 milioni in part-time, soprattutto involontario. Vola l’occupazione over 50, proprio perché questo governo ha peggiorato l’accesso alle pensioni. Mentre siamo vicini a una crisi strutturale dell’industria. La produzione cala da 21 mesi, aumentano le richieste di cassa integrazione e calano le ore lavorate e gli investimenti”.

Cinque milioni di italiani non si curano più

Poi la critica va ancora di più nello specifico, riflettendo sul taglio di cuneo fiscale e Irpef che è stato reso strutturale: “Gli stessi 17 miliardi di maggiore Irpef pagata lo scorso anno da lavoratori e pensionati che in pratica si sono autofinanziati quei tagli. Lo si vedrà presto nella busta paga di gennaio. I lavoratori dipendenti fino a 35 Meloni rivendica un milione di posti, ma sta creando impieghi poveri e precari”.

“Le bollette intanto aumentano, anche per la decisione del governo di superare il mercato tutelato in piena crisi energetica lasciando milioni di famiglie nelle mani del mercato”.

“Cinque milioni di italiani non si curano più – prosegue il segretario generale -: la spesa sanitaria privata già nel 2023 era a 46 miliardi. In manovra ci sono 14 miliardi di tagli su ministeri ed enti locali. Significa meno spesa sociale. E privatizzazione di scuola, sanità, previdenza”. 

Rinnovo dei contratti è cruciale

Da parte sua, la Cgil è impegnata nella trattativa per rinnovare il contratto degli enti locali e della sanità: “Non cambiamo la nostra posizione. Il consenso dei lavoratori al contratto imposto dal governo non c’è. E il motivo è semplice: propone un aumento del 6% a fronte del 17% di inflazione. Al referendum da noi proposto nei ministeri e nelle funzioni centrali hanno risposto in 40 mila e il 98% ha bocciato l’accordo raggiunto senza Cgil e Uil. Conferma la correttezza del nostro no. Il rinnovo dei contratti sarà un tema cruciale di quest’anno anche nel privato. Ne scadono di importanti, come edili, metalmeccanici, chimici. Oltre ai pubblici, come sanità, scuola, enti locali. Anziché aumentare la spesa militare, il governo dovrebbe restituire almeno l’inflazione e il drenaggio fiscale, quei 17 miliardi di Irpef in più pagati dai lavoratori dipendenti e dai pensionati”.

Non appaltiamo il futuro a Musk

Quindi un passaggio su Starlink, Meloni e Musk. “Nell’era del digitale e dell’intelligenza artificiale – riflette Landini –, la gestione dei dati è un elemento strategico per il nostro Paese e per l’Europa. Metterli nelle mani di un privato americano che li può usare a sua discrezione apre anche una questione democratica, perché la tecnologia non è neutra e non può mettere in discussione il ruolo delle nazioni e degli Stati”.

Dovremmo quindi rinunciare? “È il momento degli investimenti per rilanciare il ruolo e l’innovazione dei sistemi industriali. Senza non c’è futuro né si crea occupazione. L’autonomia ed il controllo sul futuro digitale ed energetico sono gli obiettivi che l’Italia e l’Europa devono perseguire insieme. Abbiamo competenze, intelligenze e professionalità per poterli realizzare, recuperando i ritardi accumulati. È il momento di aprire questa discussione, non di appaltare il nostro futuro ad Elon Musk”.

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Verso il referendum

Il 20 gennaio la Consulta deciderà sul referendum contro l’autonomia differenziata. “La Corte di Cassazione ha già giudicato conformi alla legge i sei referendum. Confidiamo nell’ammissibilità di tutti e sei i quesiti da parte della Consulta per affermare la libertà nel lavoro, il diritto di cittadinanza e l’unità del nostro Paese. Nelle prossime settimane lavoreremo in tutta Italia perché il diritto di voto venga esercitato. Diceva don Milani che, in democrazia, per migliorare la propria condizione il popolo ha due strumenti: lo sciopero e il voto. Li useremo con intelligenza entrambi”, conclude. 



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