Angelo Casciello a Villa Campolieto: «Un sogno realizzato» #finsubito richiedi mutuo fino 100%

Angelo Casciello padrone di Villa Campolieto. La nobile residenza vanvitelliana di Ercolano è stata invasa da oltre 60 opere, tra sculture e lavori su superficie, dell’artista di Scafati, classe 1957. Ieri l’inaugurazione di una mostra che è riassuntiva ma anche esplicativa di un percorso d’arte vissuto ad alta intensità. Le opere esposte vanno dal 1980 al 2024 e provengono tutte dalla collezione dell’artista. Sono i lavori più intimi, quelli che Casciello non ha mai voluto vendere, quelli da cui non si è staccato, rimanendo affezionato a loro sin dalla realizzazione.

L’esposizione è a cura di Stefania Zuliani ed è stata realizzata dalla Fondazione Ente Ville Vesuviane con il patrocinio della Regione e il matronato della Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee.

Era un giovane artista di buone speranze quando Casciello visitò per la prima volta Villa Campolieto. L‘occasione fu data dall’esposizione nel 1984 di «Terrae motus», la straordinaria collezione monotematica voluta da Lucio Amelio. Nacque la voglia di misurarsi con gli spazi di questa perla del Miglio d’Oro. Quel desiderio da ieri si è fatto carne. Le stanze e i cortili di Villa Campolieto si sono popolati di sculture, dipinti, disegni, bozzetti e incisioni che l’artista ha diligentemente distribuito negli appartamenti come negli spazi all’aperto. Le sue forme appartengono a una geometria vitale, si potrebbe dire biologica. Nascono dall’osservazione attenta della natura, provengono da un paesaggio rurale che si contamina con gli orizzonti dell’animo. Le sue sculture sono fatte di materie quotidiane, ci sono il ferro, la terracotta, il legno, il marmo, il forex. È un continuo ricercare forme e colori, equilibri tra i pieni e i vuoti con volumi che si lambiscono e si separano.

Angelo Casciello a Villa Campolieto: la mostra

Il percorso espositivo interno ha inizio nella ridondante galleria affrescata. Qui Casciello pone una sola scultura bianca in legno, come una sagoma discreta. «È un fantasma che accoglie i visitatori, una figura leggera che si aggira tra il turbine di colori che sono alle pareti», spiega lui. Nell’attraversare le sale si ripercorre la sua storia. Gli acrilici su tela del 1980 sono immediatamente successivi all’installazione nella galleria di Amelio a Napoli nel ‘79, linee essenziali, tracce su grandi campiture. E poi ci sono i grandi cartoni e le sculture dei primi anni ‘80, quelli che lo portarono nel 1986 a esporre per la prima volta alla Biennale di Venezia, dove poi tornerà nel 2006 e nel 2011. E poi si attraversa tutta la produzione di fine millennio e degli ultimi anni, con i lavori dedicati a Pompei, in ricordo della sua esposizione agli scavi dal 2017 al ‘18.

All’uscita dal tour una sorpresa: l’incontro con il «campo/lieto».

Il grande terrazzo è stato dipinto per l’occasione, trasformato in un wall painting orizzontale che si misura con il paesaggio architettonico.

Il catalogo edito da Paparo contiene un repertorio di foto di Fabio Donato e testi della Stefania Zuliani, di Angela Tecce e di Andrea Viliani. Apertura fino al 15 gennaio 2025.