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Aborto libero e sicuro. Torino, in tante contro le «stanze dell’ascolto» #adessonews

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«Ma quale Dio, sul mio corpo decido io». Questo e altri slogan si sono alzati da numerose piazze italiane ieri, 28 settembre, Giornata internazionale per l’aborto libero e sicuro. Milano, Torino, Trieste, Perugia, Firenze, Pisa e Roma alcune delle città che hanno ospitato presidi e manifestazioni. Proprio mentre nelle stesse ore Papa Francesco, durante la sua visita in Belgio, omaggiava re Baldovino, il sovrano cattolico fervente, noto per aver abdicato per trentasei ore nel 1992 pur di non firmare la legge sulla legalizzazione dell’aborto, definita dal Pontefice «una legge omicida».

MA A MARCIARE contro l’autodeterminazione delle donne non basta la Chiesa rappresentata dai Movimenti per la Vita che da decenni fanno la lotta alle scelte altrui, c’è anche una politica di destra e centrodestra complice. Le regioni sono ormai da anni laboratorio di sperimentazione di leggi che rendano sempre più difficoltoso l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza: le mozioni per la vita, i cimiteri dei feti, il contrasto alle linee guida per l’aborto farmacologico e in ultimo i fondi alle associazioni anti-abortiste. Iniziative giudicanti del volere delle donne finanziate da soldi pubblici, mentre intorno il welfare patisce.

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IN QUESTO IL PIEMONTE, governato da Alberto Cirio, Forza Italia, al suo secondo mandato, sta attuando uno dei piani più severi contro la 194: la regione infatti è in prima fila nell’erogare finanziamenti agli anti scelta. Prima di tutto con la creazione del Fondo di Vita Nacente – che in due anni ha raggiunto due milioni di euro – che finanzia tutte quelle associazioni «a sostegno della vita» che nella pratica sono realtà per statuto contrarie all’aborto in ogni sua forma. Ed oggi con l’apertura a inizio settembre della «stanza dell’ascolto» all’interno del Sant’Anna di Torino, il principale ospedale ostetrico e ginecologico della regione che effettua metà delle Ivg del Piemonte.

Ed è proprio qui che ieri si sono incontrate centinaia di persone, con un presidio che ha raccolto numerose realtà femministe e della società civile che chiedono a gran voce la cacciata degli antiabortisti dagli spazi pubblici. Donne accolte da decine di agenti antisommossa disposti intorno agli ingressi dell’ospedale, «a protezione dei pazienti», hanno spiegato le forze dell’ordine.

Durante la manifestazione indetta da “Non una di meno” (Nudm) è stata denunciata una realtà che tra non molto potrebbe interessare anche tutti i consultori italiani: è stata infatti approvata a fine aprile una norma fotocopia a livello nazionale che permetterà l’ingresso di «soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità», norma che secondo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, non è in contrasto con la legge 194.

LA «STANZA DELL’ASCOLTO» del Sant’Anna di Torino è uno spazio affidato ai movimenti per la vita che in tutta autonomia danno informazioni – molte volte propaganda senza un reale riscontro scientifico – sull’Ivg, proponendo anche finanziamenti in denaro perché non venga effettuato l’aborto. Si parla di personale non medico, ma volontari, che agisce a fianco dei sanitari, in una pratica da sempre campo di battaglia e di propaganda per una parte politica.

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«QUESTI GRUPPI hanno come unico scopo quello di intercettare persone che hanno già scelto di abortire – spiega Martina Carpani di Nudm – provano a convincerle a tornare sui propri passi, di fatto forzando quello che prevede la 194, cioè di rimuovere gli ostacoli di natura economica che portano all’interruzione di gravidanza. Tutto mentre l’ospedale stesso denuncia mancanza di attrezzature e locali fatiscenti». A questo si aggiunge la situazione critica dei consultori italiani, non abbastanza finanziati, mentre decine di essi hanno chiuso negli ultimi anni.

Già dal suo annuncio, ormai più di un anno fa, contro il servizio si sono mossi Cgil Piemonte e il movimento femminista “Se non ora quando?” che nell’ottobre 2023 hanno presentato ricorso al Tar per violazione dei principi della legge 194, finora senza risposta.

A SOSTENERE I MANIFESTANTI si sono affacciati anche un gruppo di infermieri e medici che sostengono la protesta: «Non siamo d’accordo con quanto sta succedendo all’interno dell’ospedale, è inammissibile che esista uno spazio così, oltretutto finanziato con soldi pubblici», spiega un medico. «Il personale ospedaliero è quasi tutto contrario a questa situazione e imbarazzato da quanto sta accadendo. Era stata anche iniziata una raccolta firme, ma poi è caduta nel vuoto». Voci interne infatti confermano un clima teso in corsia: si ha paura di ripercussioni lavorative.

Dall’ospedale è stato poi calato uno striscione «Sant’Anna occupato», proprio come successe nell’autunno del 1978, quando dopo l’approvazione della 194, il Movimento delle donne pretese che venisse applicata la legge, mentre gli ospedali si rifiutavano.



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