La mamma di Francesco Pio Maimone: «Deponete le armi e credete nella giustizia: la vostra strada di camorristi porta solo alla morte»

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 


«Le mamme non ce la fanno più, abbiamo partorito i nostri figli e qualche balordo ce li ha tolti. Deponete le armi e credete nella giustizia: la vostra strada porta solo alla morte, in carcere oppure in strada» ha detto Concetta Napoletano, mamma di Francesco Pio Maimone dopo la sentenza che condanna all’ergastolo Francesco Pio Valda, il baby boss 21enne che la notte del 20 marzo 2023, tra gli chalet del lungomare, sparando tra la folla, uccise il pizzaiolo 18enne che cercava di dividere i litiganti per un paio di scarpe sporcate. Il papà, Antonio Maimone ha invece fatto un appello «a tutti questi giovani: deponete le armi e credete nella legalità e nella giustizia perché percorrendo la strada sbagliata ci sono due modi: o in carcere a vita o sotto terra. Credete nella giustizia e seguite la legalità perché voi giovani siete il futuro di Napoli. Così il fratello Emanuele, con la voce rotta dal pianto: «Pregavo tutte le sere affinché avessimo giustizia. Grazie a magistrati, avvocati e polizia per le indagini».

Microcredito

per le aziende

 



Francesco Pio Maimone è infatti un’altra vittima innocente della violenze camorrista, un ragazzo completamente estraneo a quella rissa scoppiata tra gruppi di giovani legati alla mala, per i cosiddetti futili motivi: una scarpa griffata sporcata, forse da qualche goccia di un drink, forse perché inavvertitamente pestata. Pio morì tra le braccia di un suo caro amico, senza sapere neppure perché, a causa di uno dei colpi di pistola che, secondo l’accusa e secondo anche i giudici, Valda esplose all’impazzata per allontanare i suoi aggressori. 

Momenti di tensione durante l’arringa del difensore di Valda, l’avvocato Antonio Iavarone, quando ha richiamato le parole di uno dei testimoni ascoltati, il titolare di uno degli chalet teatro della tragedia, che durante il processo mise in discussione la dinamica dell’omicidio, in particolare la direzione degli spari. «È un bugiardo, state tenendo conto di quello che ha detto un bugiardo», ha urlato una voce dal pubblico. L’uomo, su ordine della presidente Teresa Annunziata, è stato identificato e allontanato dalla Polizia. Prima dell’inizio dell’udienza il pm antimafia Antonella Fratello ha depositato la sentenza con la quale una decina di giorni fa è stata sancita l’esistenza del clan Aprea-Valda del quartiere Barra di Napoli, capeggiato proprio da Francesco Pio Valda. L’autorità giudiziaria ha anche condannato altri quattro dei sette imputati, tra parenti e amici di Valda: Alessandra Clemente, la cugina 27enne, a due anni e sei mesi di reclusione; il 24enne Salvatore Mancini a quattro anni; Giuseppina Niglio, nonna di Valda, 75 anni, a quattro anni e sei mesi di reclusione e a una multa di 6mila euro; Pasquale Saiz, 23 anni, a quattro anni di carcere. Assoluzione e annullamento della misura cautelare per gli altri due imputati: la sorella di Valda, Giuseppina, e Giuseppe Perna. «È una sentenza contro la cultura camorristica, un segnale per tutti», ha concluso l’avvocato Sergio Pisani, legale della famiglia Maimone.

Prestito personale

Delibera veloce

 



Mamma Tina, a papà Antonio, nel rispetto delle istituzioni e della magistratura, sono andati oltre il dolore, riversando con le loro parole forze e impegno nella memoria di loro figlio, vittima innocente di un gesto suo di cittadinanza attiva e della furia cieca dei camorristi. Un segno di coraggio che ricorda la forza di altri genitori e familiari di giovani vittime, che nel lutto hanno trovato l’energia per trasformare la tragedia in un momento di educazione sociale e collettiva: come Gino ed Elena Cecchettin, padre e sorella maggiore di Giulia, vittima di un femminicidio: «I “mostri”» ha detto Elena «non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro». Ma anche Yehia e Farida Elgaml, genitori di Ramy, il diciannovenne morto all’alba di domenica 24 novembre a Milano al termine del lungo inseguimento da parte dei carabinieri, che tra lacrime e sgomento, intervistati in esclusiva da Famiglia Cristiana nel numero 4 del 2025, hanno detto: «Ramy era un ragazzo pieno di passioni, amava la vita in tutti i suoi aspetti. Siamo venuti in Italia dall’Egitto per dare ai nostri due figli, Tarek e Ramy, un futuro migliore. Noi ci sentiamo italiani. Amiamo questo Paese che ci ha accolti e dato grandi possibilità e ne rispettiamo le leggi». In queste settimane, la famiglia Elgaml, si è più volte dissociata da cortei, manifestazioni, disordini e gesti violenti contro le forze dell’ordine “in nome di Ramy”, chiedendo solo verità e giustizia per la morte del figlio. Nessuna vendetta: «Ramy sicuramente non avrebbe voluto questo. Sappiamo benissimo che le forze dell’ordine fanno il loro lavoro ogni giorno e ci garantiscono di vivere in un Paese e una città sicuri. Sono, eventualmente, da condannare solo coloro che hanno sbagliato, non l’intera categoria. E in ogni caso, il luogo giusto è il tribunale e i tempi corretti quelli della giustizia». 





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link