Il viaggio tra i veronesi illustri: Girolamo Campagna

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Choir of Santi Giovanni e Paolo (Venice) – Statue of doge Leonardo Loredan

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Non si conosce con precisione la data della sua nascita a Verona nel 1549. Il lunedì di Pentecoste del 1572 il Campagna si recò con il suo maestro a Padova per eseguire su modello del Cattaneo, l’ultimo rilievo della serie dei miracoli di s. Antonio per la cappella dell’arca del Santo (Il santo richiama in vita un giovane). Il maestro, morto nell’autunno dello stesso anno, lasciò per testamento “tutti li miei giessi et dissegni” al Campagna, il quale entrava così in possesso, all’inizio della sua carriera artistica, di una pregevole raccolta di modelli; lo stesso Cattaneo aveva poco prima ereditato il materiale della bottega di Iacopo Sansovino. Nel periodo di apprendistato il Campagna vive in un ambiente culturale che non poteva non influenzare il suo ulteriore sviluppo: sono noti del Cattaneo i suoi rapporti di amicizia con Pietro Aretino, Torquato Tasso, Iacopo Sansovino, Tiziano e Vasari. Nel luglio 1574 il Campagna ritornò a Padova, e nel corso dello stesso anno ottenne l’incarico di completare il rilievo del Santo abbozzato dal Cattaneo. Questo rilievo di grandi dimensioni è la sua prima opera firmata di cui si abbia conoscenza. Nel 1577, il Campagna deve aver iniziato il rilievo raffigurante Cristo morto sostenuto da angeli per l’altare del Sacramento nella chiesa veneziana di S. Giuliano. Nel 1579 il Campagna partecipò, al concorso per la costruzione del nuovo altare maggiore del Santo a Padova. Venne prescelto fra tutti il suo progetto benché il suo preventivo di spese fosse il più elevato. L’altare, eretto negli anni 1580-84, fu rimosso nel Seicento e scomposto nel 1895. Tra l’autunno 1588 e l’inizio del 1591 il Campagna fornì sette statue marmoree rappresentanti divinità per la balaustrata del tetto della Libreria di Sansovino (in connessione con queste appare per la prima volta documentata la collaborazione del fratello del Campagna, Giuseppe). Del 3 nov. 1590 è l’incarico per una statua colossale di Davide per l’atrio della Zecca. A quest’epoca diffidenze e gelosie con altri scultori erano fuori luogo, poiché a Venezia, alla fine del Cinquecento, le commissioni veramente importanti nel campo della plastica monumentale andavano tutte al Campagna. Nel 1604 il Campagna si trovò di fronte a un’impresa per la quale non esistevano esempi nella sua cerchia più immediata: il duca d’Urbino Francesco Maria II gli commissionò una statua di Federico da Montefeltro per il palazzo ducale di Urbino. Questo incarico diede luogo a una prolungata corrispondenza di cui fa parte anche la lettera del Campagna del 19 giugno 1604 definita una breve autobiografia dell’artista. Nelle lettere si riferisce più volte che il Campagna è il migliore scultore attivo a Venezia, secondo l’opinione espressa da varie persone. Il Campagna si mostra all’apice della sua capacità creativa nella statua di bronzo di S. Antonio abate, consegnata nel 1605 per l’altare della Scuola degli orefici in S. Giacometto di Rialto dove si avvertono rapporti con opere del Giambologna, come anche nella concezione delle figure di una Annunciazione in bronzo del 1609-10 per la facciata della loggia del Consiglio a Verona (ora nel Museo di Castelvecchio), dove la composizione del gruppo risale visibilmente a modelli del Tintoretto. Poco prima era stata commissionata, al Campagna una statua marmorea della Madonna, che venne collocata nell’agosto del 1607 in una nicchia della facciata della Casa dei mercanti a Verona. In quelle che sono le sue ultime opere, le statue in S. Petronio, a un’osservazione realistica e un po’ esteriore si accompagna un accento sentimentale o addirittura un’ombra di fanatismo religioso dove il Campagna ha trovato il punto di contatto con il barocco. Non si conosce la data esatta della morte del Campagna, da collocarsi prima del 18 giugno 1625, quando in uno scritto del capomastro Tommaso Contin, indirizzato alla Scuola di S. Rocco, si parla già del “quondam Domino Geronimo Campagna”. Non è noto il luogo di sepoltura.

Tiziano Brusco





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