Il silenzio di Mattarella sullo scontro tra governo e magistratura non sarà eterno

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Martedì scorso, prima di far sapere al mondo di essere stata iscritta nel registro degli indagati dal procuratore Francesco Lo Voi, Giorgia Meloni è salita al Quirinale per informare il capo dello Stato. Non era certo necessaria una visita di cortesia per far sapere al presidente Sergio Mattarella che da Piazzale Clodio era stata sganciata la bomba destinata ad aprire la voragine di un conflitto istituzionale tra poteri dello Stato. Non un semplice conflitto tra un pezzo della magistratura considerata politicizzata (le cosiddette toghe rosse) e il governo di destra, ma qualcosa di più radicale e rilevante perché di mezzo c’è una riforma della giustizia che la stragrande parte dei magistrati, a torto o a ragione, considera nefasta e propedeutica alla sottomissione del potere giudiziario a quello politico.

La presidente del Consiglio non ha detto al presidente della Repubblica quanto avrebbe curvato politicamente il suo video a proposito di Lo Voi e del processo di Palermo a Matteo Salvini. Non si è soffermata sulla vicinanza (inesistente) dell’avvocato Luigi Li Gotti a Romano Prodi. Possiamo immaginare l’espressione pietrificata di Mattarella, che comunque ha capito da quella visita non richiesta la tregenda che sarebbe esplosa. Visita non richiesta ma necessaria nella testa della presidente del Consiglio, per la quale c’è di mezzo la sicurezza nazionale, un attacco al potere dello Stato da parte di un altro pezzo dello Stato che vuole impedire a chi è stato eletto democraticamente di governare e fare le riforme ritenute opportune e necessarie.

I quirinalisti scrivono che al Colle le bocche sono cucite: un’espressione che si usa quando lo scontro è tutto politico e il presidente della Repubblica rimane a guardare, senza intervenire. Ma è proprio questo, anzi anche questo, che «manda ai matti» Meloni. È un’espressione che ha usato lei stessa in riferimento al suo lavoro volto a dare dignità e un futuro alla Nazione, ma che viene sporcato dall’inchiesta e dalla notizia rimbalzata fino al Financial Times. La manda ai matti che Mattarella non veda questo attacco eversivo al potere esecutivo. E che invece il capo dello Stato consideri lo scontro tutto politico, e assista sgomento e impotente al furore della presidente del Consiglio, che vede nemici in ogni angolo dell’orbe terracqueo.

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Sulla Stampa, Ugo Magri scrive che «il capo dello Stato non ha il potere di zittire nessuno: né i magistrati che protestano contro un disegno di legge, né i procuratori che compiono accertamenti, tantomeno la premier se si sente perseguitata o l’opposizione quando reclama un confronto parlamentare». Mattarella potrebbe invitare i belligeranti protagonisti a comportamenti più moderati, bacchettare gli eccessi. Col rischio però, osserva acutamente Magri, di ottenere l’effetto contrario, di esacerbare gli animi, gettando ulteriore benzina sul fuoco.

Infatti tace, magari per dare l’esempio di cosa significhi comportarsi con rispetto e decoro. Ma questo comportamento può essere contemplato solo nei rarefatti cieli dell’Alto Colle. Invece è stata messa in moto la macchina del fango, come ai bei tempi della tregenda berlusconiana che tanto consenso portò all’allora capo del centrodestra. E anche adesso sarà così, tanto che ieri Meloni se n’è vantata indicando i sondaggi. 

Ma qui siamo ormai all’asilo Mariuccia: Lo Voi, secondo la destra, farebbe tutto questo casino perché il sottosegretario Alfredo Mantovano gli ha tolto i voli di Stato nella tratta Roma-Palermo. E poi quell’avido avvocato Li Gotti, che sporge denuncia perché non gli è stato pagato l’onorario quando difendeva il mafioso Giovanni Brusca nel periodo a cavallo del “pentimento”. E chi presidiava la commissione che doveva decidere se rimborsare o meno le spese dell’avvocato? L’allora sottosegretario all’Interno Mantovano.

Ora, un signore palermitano di una certa età ed esperienza, tanto riservato e timido, che proprio ieri ha traguardato eroico dieci anni di presidenza della Repubblica, può farsi trascinare nella lotta nel fango? Già qualcosa comincia a uscire, un avvertimento, dalle parti dei tifosi della destra. Il giornalista Mario Giordano su La Verità ha risposto a un lettore che gli chiede perché Mattarella non sia intervenuto in difesa del governo. La risposta è illuminante: ma caro lettore in che mondo vivi, non lo sai che Mattarella è «il capo dell’opposizione, il più fermo degli oppositori».

Tace, Mattarella. Non ha taciuto però quando Elon Musk ha detto che «questi giudici devono andarsene», commentando la sospensione della convalida del trattenimento di sette migranti dal Tribunale di Roma che si è rimesso alla Corte Ue. Il presidente della Repubblica  ha ricordato al miliardario che l’Italia sa badare a sé stessa. Tace, ma sarà difficile continuare a tacere quando al Consiglio superiore della magistratura verrà aperta la pratica voluta dai cinque consiglieri laici del centrodestra che vogliono accertare se ci sono i profili disciplinari nei confronti del procuratore di Roma e, addirittura, i presupposti per l’incompatibilità ambientale propedeutica al trasferimento di Lo Voi ad altra sede. Mattarella permetterà che si arrivi a tanto?



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