Tre giovani morti nel Natisone, soccorritori indagati. La cronaca degli ultimi minuti

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Tre giovani morti nel Natisone, che negli ultimi minuti hanno fatto telefonate disperate chiedendo aiuto: “Siamo come su un’isola… l’acqua sta salendo… aiutateci, mandateci un elicottero…”, avrebbero potuto essere salvati con un altro approccio di salvataggio? Alle 14.10 i ragazzi, sorpresi dall’improvvisa piena, saranno trascinati via per sempre dalla corrente. È stato fatto il possibile per salvarli? La Procura di Udine darà risposte alle domande indagando l’operato dei soccorritori.

Le vittime della disgrazia sono state: la ventenne di Campoformido Patrizia Cormos – che spiega chiaramente al telefono che si trova bloccata con gli amici nel greto del fiume Natisone, a poche decine di metri dal ponte Romano di Premariacco, in provincia di Udine – Bianca Doros di 23 anni e Cristian Casian Molnar di 25. Alle 14.10 i ragazzi, sorpresi dall’improvvisa piena, saranno invece trascinati via per sempre dalla corrente.

Tre giovani morti nel Natisone, e una tortura di 41 minuti, quelli dell’attesa. Quelli trascorsi dalla prima richiesta di soccorso all’arrivo della piena che trascinò via i tre ragazzi, sono il “titolo” della disgrazia.

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L’elicottero è arrivato sul posto tre minuti dopo all’irreparabile. Se fosse stato allertato prima, quel velivolo avrebbe potuto giungere sul posto una decina di minuti prima, e – probabilmente – avremmo potuto avere un esito diverso per i tre giovani. I soccorritori però, inizialmente avevano chiesto l’intervento di un altro elicottero, di stanza a Venezia, più lontano, e solo dopo hanno fatto alzare in volo quello di Udine.

La Procura di Udine è giunta a questa conclusione: i 4 soccorritori, “mediante condotte colpose concorrenti per imperizia, negligenza e imprudenza, hanno cagionato la morte dei tre”, sorpresi dalla piena. Il reato è omicidio colposo ed è contestato a 3 vigili del fuoco della sala operativa di Udine e ad un infermiere della sala operativa sanità Fvg, che ora rischiano il processo.

Per gli inquirenti la prima telefonata di richiesta aiuto giunge alle 13.29, i decessi avvengono attorno alle 14.10, come testimoniano i video dei passanti, che hanno fatto il giro del mondo, con i ragazzi stretti in un tragico abbraccio. Apprese le contestazioni, il capo del Dipartimento dei vigili del fuoco Attilio Visconti ha espresso “completa fiducia nell’ operato della magistratura ai fini dell’ accertamento delle responsabilità” e “profonda vicinanza” alle famiglie” delle vittime.

Nell’inchiesta si accusano, a vario titolo, i tre vigili del fuoco della sala operativa per aver “omesso di visualizzare immediatamente le coordinate geografiche del luogo da cui era stata fatta la chiamata”, il greto del fiume: non hanno compreso l’urgenza: occorreva far decollare subito il velivolo più vicino ai ragazzi, il ‘Doppio India’ di Pasian, partito solo alle 14.07 e giunto alle 14.13, quando i ragazzi erano già stati trascinati via. Invece hanno sì inviato due squadre di terra peraltro prive di attrezzatura idonea – i pompieri ci provarono eroicamente aggrappati a delle funi, rischiando di essere a propria volta travolti – ma hanno allertato il reparto volo dei pompieri di Venezia.

Solo alle 14.02, per una incredibile dimenticanza dell’operatore, è stato inserito nella richiesta di missione l’elicottero “Drago” nel sistema informatico SO115. Decollato dal Marco Polo alle 14.05, è giunto alle 14.28. Ma anche l’infermiere della sala operativa sanitaria nella ricostruzione della Procura ha perso tempo preziosissimo: ricevuta la richiesta dei pompieri di attivazione del velivolo del 118 impiega oltre 15 minuti, con procedure “irrituali” – non usando la linea di emergenza – prima di dare il “via” alla missione.

A Premariacco, sul posto, con i mezzi a disposizione, è poi stato fatto il possibile per salvare i tre ragazzi. I vigili del fuoco hanno tentato di raggiungere Patrizia e i due amici con l’autoscala, ma i giovani erano troppo distanti dal ponte, il braccio dell’autoscala non riusciva a raggiungerli. Un pompiere si è gettato in acqua tentando di raggiungerli con un gommone ed ha rischiato a sua volta la vita, ma sullo sfondo restano gli eco delle sei telefonate chiave, che descrivevano disperatamente come aumentasse il pericolo, dalle 13.29 alle 14.10.

Cinque sono arrivate al Numero unico di emergenza 112 che le ha smistate alla centrale dei Vigili del fuoco, perché non c’erano emergenze sanitarie. La prima è alle 13.29 ed è di Patrizia Cormos. Alle 13.36 chiama nuovamente perché l’acqua continua a salire. Alle 13.38 la telefonata di una passante e alle 13.40 chiama la centrale operativa dei carabinieri di Cividale, attraverso un appuntato fuori servizio. Un altro testimone chiama alle 13.42. Alle 13.48 vi è l’ultima telefonata di Patrizia. Poi, più nulla.



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