di Salvino Paternò
“Ancora tu, ma non dovevamo vederci più?”
Tale sarà stato lo sbalordito pensiero dei ministri nel vedere la composizione del collegio dei giudici della corte di appello che, per l’ennesima volta, ha negato le espulsioni per i migranti trasferiti in Albania, permettendone così lo sbarco nelle coste italiche, dalle quali si disperderanno nel triste vortice dell’invisibile emarginazione.
Eppure questa volta il governo pensava di avercela fatta.
Addirittura non era neanche servita la recente sentenza di Cassazione che, in attesa della decisione della corte di giustizia europea, aveva chiarito la competenza governativa nello stabilire la sicurezza o meno di un paese.
Alla sezione immigrazione c’era un rosso ed invalicabile muro di gomma.
Nel mentre, infatti, si issavano le mura del centro in Albania, zitti, zitti, come nel gioco del Risiko, avanguardie di agguerriti sabotatori togati, premeditando la resistenza, si erano fatti trasferire a quelle sezioni.
E lì, armati di provvedimenti già preconfezionati, avevano scavato le trincee.
E da quelle trincee erano finanche riusciti a disapplicare la logica inoppugnabile dei loro colleghi della Cassazione, secondo i quali per stabilire se un paese è oggettivamente sicuro è necessario possedere approfondite conoscenze geo-politiche, contatti istituzionali, valutazione delle ambasciate, dei servizi segreti.
Per cui, essendo tale valutazione inevitabilmente politica, non può che essere formulata dal governo.
Per stabilire, invece, se un soggetto da espellere in un paese indicato come oggettivamente sicuro sia però appartenente ad una di quelle categorie che in quel paese subiscono restrizioni dei diritti civili, ebbene questa è una valutazione che dovrà sì essere sottoposta al vaglio del giudice.
Quindi un paese può essere oggettivamente sicuro per tutti, tranne per quell’immigrato specifico che, essendo, per esempio, omosessuale, in quel paese subirebbe delle restrizioni ai propri diritti.
Ma per i magistrati barricadieri se in quel paese ci sono restrizioni ai diritti per gli omosessuali, quel paese non è sicuro per nessuno.
Neanche per gli altri immigrati da espellere che omosessuali non lo sono.
Ora, è deducibile che, poiché in nessuno dei paesi da cui partono le migrazioni il riconoscimento dei diritti civili è al pari dei paesi occidentali, nessuno potrebbe mai più essere espulso.
Essendo quindi palese che le decisioni di quei magistrati più che giuridiche erano inquinate dell’ideologia politica (di cui facevano ampio sfoggio), il governo, ha fatto la sua mossa: gli ha tolto la competenza.
Ha stabilito, infatti, per legge, che la convalida dei trattenimenti non fosse più affidata alle sezioni immigrazioni dei tribunali, ma spettasse ai giudici della corte d’appello.
Ma, come nel gioco del Risiko, è partita la contromossa.
Approfittando della carenza di organico, il presidente della corte d’appello ha chiesto e ottenuto il trasferimento di una squadra di magistrati per far fronte alle nuove competenze in materia di immigrazione.
E chi si è fiondato in questa squadra di rinforzo, secondo voi?
Manco a dirlo: gli stessi magistrati avversi alla normativa.
Gli stessi che già l’avevano disapplicata.
Gli stessi delle sezioni immigrazioni.
E così, cambiando l’ordine degli addendi la somma non è cambiata.
Ora, indipendentemente da come la si pensi, mi chiedo se la certezza del diritto possa essere ridotta al Risiko, ad una partita a scacchi, o a quel giochino da bambini chiamato strike, mi domando se l’obiettiva applicazione delle norme destinate a garantire la convivenza sociale possa essere sostituta dall’abilità nel piazzare le proprie pedine al fine di sbarrare la strada all’avversario.
E poi, a voi, cari giudici girovaghi, dediti al nomadismo giuridico, voi che sgusciate da un ufficio all’altro cambiando forma ma non sostanza, vorrei porre una semplice domanda:
Se siete certi di avere ragione, allora perché non permettete che siano altri a decidere?
Il vostro parere lo conosciamo.
Lo conoscevamo ancor prima che emanaste i provvedimenti.
Lo avevate sbandierato ai quattro venti, sui social, sui giornali e ad in ogni convegno politico.
Ora, se ne siete capaci, fate un atto di coraggio e permettete per una volta che siano altri a pronunciarsi.
La migliore dimostrazione della correttezza delle vostre idee sarebbe quella che per una volta che vi facciate da parte.
Che una buona volta, vi togliate davanti…
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