In Sicilia a riforma delle province finisce ai box

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La riforma delle province va ai box, quella della dirigenza in pole position. I segretari di partito del centrodestra hanno deciso di evitare scontri istituzionali col governo nazionale e così il calendario delle leggi da portare al voto dell’Ars finisce per essere quasi obbligato.
I segretari di Forza Italia (Marcello Caruso), Fratelli d’Italia ( Salvo Pogliese e Giampiero Cannella), Mpa (Fabio Mancuso) e Noi Moderati (Massimo Dell’Utri) insieme ai leader di Lega (Luca Sammartino) e Dc (Totò Cuffaro) hanno preso atto che da Roma non sono ancora arrivate le garanzie che permetterebbero alla Sicilia di approvare una riforma che reintrodurrebbe il voto diretto per eleggere presidenti e consiglieri provinciali mandando in soffitta la formula (codificata ma mai utilizzata) dell’elezione di secondo livello che coinvolge solo sindaci e consiglieri dei Comuni del territorio.
È un passaggio molto delicato, perché dal punto di vista politico il presidente Schifani ha incassato il sostegno degli alleati alla riforma ma sotto il profilo tecnico ha dovuto prendere atto del fatto che, votandola subito all’Ars, la Regione andrebbe contro la legge Delrio, in vigore in tutto il resto d’Italia, che prevede esclusivamente le elezioni di secondo livello.
Hanno prevalso quindi le perplessità giuridiche di Fratelli d’Italia, che già il presidente dell’Ars, il meloniano Gaetano Galvagno, aveva messo sul tavolo alla vigilia di Natale annunciando che non avrebbe portato all’ordine del giorno la riforma se non fosse arrivata una legge da Roma che desse copertura costituzionale al piano della Sicilia.
Era attesa una norma nella legge di Stabilità nazionale che prevedesse un salvacondotto per la Sicilia. Ma non è arrivata. E a questo punto anche il centrodestra ha deciso di prendere tempo. La riforma non va in soffitta ma resta in stand by all’Ars fino a quando non ci sarà un paracadute nazionale che eviti impugnative da parte di Palazzo Chigi. Ed è stato lo stesso Schifani a intestarsi il mandato di aprire un confronto col ministro per gli Affari Regionali, Roberto Calderoli, e con i leader nazionali della coalizione per trovare una soluzione giuridica che permette all’Ars di votare la riforma delle Province. «L’obiettivo è quindi quello di proseguire nel percorso legislativo già intrapreso, lavorando per superare le attuali criticità e poter così restituire alle Province un ruolo centrale nella gestione dei servizi e nello sviluppo territoriale» recita la nota congiunta che i segretari e leder di partito del centrodestra siciliano hanno dettato al termine del vertice. Per far prevalere la linea dell’elezione diretta la riforma va approvata entro i primi di aprile, altrimenti non resterà altra via che avviare l’iter delle elezioni di secondo livello.
La maggioranza di governo ha contemporaneamente deciso di dare priorità all’Ars a un’altra riforma in cantiere da mesi, quella della dirigenza regionale. È un testo che, in estrema sintesi, prevede di portare tutti gli attuali dirigenti regionali in un’unica fascia invece delle attuali tre. Ciò permetterebbe al governatore di nominare dirigenti generali anche chi oggi è in terza fascia, e sono oltre 600 direttori. Un margine di manovra ampio che Schifani vuole conquistare in vista di fine febbraio, quando scadranno i contratti degli attuali dirigenti siciliani e si aprirà la partita delle nomine al vertice dei dipartimenti degli assessorati. In più, introdurre la fascia unica sbloccherebbe anche i concorsi per assumere nuovi dirigenti. Visto che, in mancanza della riforma, chi dovesse vincere una selezione con le norme attuali entrerebbe automaticamente in seconda fascia scavalcando i dirigenti di lungo corso.
Da qui l’accelerazione impressa alla riforma della dirigenza. Anche se il centrodestra, durante il vertice, non ha nascosto a se stesso alcune mine disseminate lungo il percorso. Sa, Schifani, che i sindacati sono contrari ad alcuni aspetti della riforma e che per il tramite di questi all’Ars è maturato un partito trasversale che potrebbe col voto segreto rivoltare come un calzino il testo del governo riportando il sistema ad almeno due fasce per tutelare gli attuali capi dei dipartimenti. E dunque per evitare gli agguati dei franchi tiratori Schifani ha strappato ieri ai leader alleati l’impegno a serrare le file dei gruppi parlamentari per blindare il testo.
In questo clima l’Ars martedì prossimo riaprirà i battenti dopo l’abbuffata natalizia della Finanziaria regionale.



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