inutile arroganza del Governo per giustificare la “Ragione di Stato”

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“E’ per mio ordine e per il bene dello Stato che il latore della presente ha fatto quel che ha fatto”: queste parole di pugno del cardinale Richelieu costituiscono il salvacondotto (al portatore) che, caduto nelle mani di D’Artagnan, ne sancisce l’ingresso nella cerchia del potere ufficiale.

La “Ragion di Stato” è sempre esistita, nella Francia del Re Luigi XIV celebrata da Alexandre Dumas e nell’Italia di oggi.  Il caso Almasri, il “generale” libico prima arrestato, poi rilasciato e trasportato con un volo di stato in Libia, potrebbe ben inquadrarsi in questo paradigma. I motivi ci sono tutti. Il problema europeo di contenere l’eccesso di flussi immigratori irregolari è stato affrontato partendo dal presupposto che vanno bloccate le partenze dalle sponde sud ed est del Mediterraneo. Per fare ciò occorre la collaborazione (ben pagata) di forze locali.

In Turchia l’interlocutore è Erdogan, Presidente di un paese strutturato e di cui ha ferreo controllo. In Tunisia l’interlocutore principale, anche se non l’unico, è il Presidente Saied. In Libia non esiste più, dalla caduta di Gheddafi, un potere centrale e bisogna trattare con una pluralità di soggetti, spesso assai discutibili secondo i nostri parametri. E’ lecito pensare, per pura deduzione logica senza alcuna conoscenza al riguardo, che Almasri, per il quale la Corte internazionale il 18 gennaio ha convalidato la richiesta di arresto, sia uno di questi soggetti.[1] E, illazione per illazione, che la sua liberazione faccia parte della strategia messa in campo dall’Italia per affrontare la questione. Il Governo avrebbe potuto dirlo subito, sostenendo semplicemente di aver agito nell’interesse della sicurezza nazionale e applicando il segreto di stato sull’insieme della vicenda. Cosa che non esclude l’informativa al Copasir (Comitato Parlamentare per la Sicurezza delle Repubblica) essendo quest’organo assoggettato a vincoli di segretezza. Ha preferito invece lanciarsi in una serie di dichiarazioni inverosimili, autocontraddittorie, giocando tutti i registri della propaganda, dall’arroganza al vittimismo.

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L’intervento della magistratura

A salvare il Governo da una brutta figura, ci ha pensato questa volta la Procura di Roma. Ricevuto un esposto dal noto avvocato Li Gotti, ha pensato bene di aprire un fascicolo a carico di mezzo Governo, trasmettendo gli atti al Tribunale dei Ministri, trincerandosi dietro la formula dell’atto dovuto. Evitiamo di scendere sul terreno delle disquisizioni dottrinali in punta di diritto. Sappiamo che i giuristi sono capaci di scrivere migliaia di pagine controverse sulla interpretazione di un comma. Resta che, a prima vista, l’esposto andava semplicemente archiviato, riguardando, nella realtà, non un fatto, ma un atto del Governo. E’ solo l’apparenza? Forse sì, ma, come diceva Oscar Wilde, “solo le persone superficiali non guardano alle apparenze”. E comunque si tratta dell’apparenza che il vasto pubblico ha colto. Con il che, di tutte le cose disinvolte e dubbie che Giorgia Meloni ha detto sull’argomento, una sola è difficilmente contestabile: “l’atto della Procura di Roma non è dovuto, è voluto”. Ancora peggio, le opposizioni (non tutte) si sono messe a ruota, facendone la madre di tutte le battaglie.

Bloccare i lavori del Parlamento perché il Governo ha fatto una cosa che probabilmente avrebbe fatto qualunque governo non è una mossa azzeccata. Al di là del merito specifico, avrebbe senso una battaglia campale se, su di una specifica materia, si registrasse nel Paese una evidente maggioranza reale diversa da quella parlamentare: non è questo il caso, anzi la maggioranza parlamentare nel Paese è più forte che mai, e proprio su questa vicenda.

L’infelice uscita del ministro Tajani

E’ un guaio, perché le mai sopite tentazioni da parte di chi è attualmente al comando di rafforzare anche formalmente la propria posizione dominante, abbattendo i principi fondanti della democrazia occidentale – la separazione e il bilanciamento dei poteri – traggono dalle circostanze nuova linfa. Per fare un esempio significativo: il Ministro degli Esteri nonché leader di Forza Italia Antoni Tajani ha dichiarato tra l’altro che “un magistrato deve pensare se la sua scelta fa l’interesse dell’Italia”. Questa frasetta è aberrante, chiede ai magistrati di fare valutazioni politiche e non tecnico-giuridiche; e lo chiede proprio chi tuona ininterrottamente contro la magistratura politicizzata. Insomma, la magistratura deve essere politicizzata, ma a favore di chi comanda. Che quanto detto da Tajani non sia motivo di scandalo generale deriva dal fatto che, ahimè, la magistratura, per tanti motivi, ha già perso credibilità per conto suo. E le opposizioni non riescono a smarcarsi dall’immagine di essere colluse con la parte politicizzata della magistratura stessa. La conclusione non è allegra.  

E’ la prima volta, a memoria d’uomo, che le opposizioni, spesso sulla scia di provvedimenti “un po’ originali” della magistratura, lavorano indefessamente per accrescere il consenso del Governo in carica. Laddove sarebbero necessarie lucidità e visione per affrontare, in alternativa alla deriva destrorsa, la tempesta perfetta che si va addensando sull’Occidente.



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