L’impresa Alfa opera nel settore terziario, del commercio al pubblico di prodotti alimentari. Applica il CCNL Commercio Confcommercio.
Alle dipendenze della predetta impresa opera un lavoratore che beneficia di permessi ex art. 33 c. 3 lege 104/92 per assistenza del suocero.
Nei giorni 4, 11, 16 ottobre 2024, 6 e 23 novembre 2024 il lavoratore si assentava per fruire dei permessi.
Da indagini svolte dal datore di lavoro, risulta che il lavoratore abbia dedicato al suocero soltanto un’ora al giorno, impiegando tutto il resto della giornata in altre attività insieme alla moglie.
Nelle ore di permesso rientra il tempo impiegato dal lavoratore per recarsi presso l’abitazione dell’assistito e il tempo di rientro presso la propria abitazione.
Il datore di lavoro ha accertato che il tempo complessivamente dedicato al familiare disabile era stato pari ad ore 16 o 17 in cinque giorni, quindi pari al 40/42% del totale.
Vi sono i presupposti per intimare un licenziamento per giusta causa nel caso in cui un dipendente che benefici dei permessi ex lege 104/92 trascorra meno della metà del tempo con il parente assistito, in mancanza di ulteriori informazioni inerenti al tipo di attività svolta durante i permessi?
È, inoltre, possibile negare tali permessi nelle giornate richieste dal dipendente e concordarne delle altre?
Quadro normativo
Secondo la Giurisprudenza di Cassazione più recente (Cass. 17 gennaio 2025 n. 1227) ai fini dell’interpretazione dell’art. 33 c. 3 Legge 104/92, la nozione di diritto al permesso per assistenza a familiare disabile (e quella correlativa di “uso distorto” o “abuso del diritto” al permesso) implica un profilo non soltanto quantitativo, bensì anche – e soprattutto – qualitativo.
Sotto il profilo quantitativo va tenuto conto non soltanto delle prestazioni di assistenza diretta alla persona disabile, ma anche di tutte le attività complementari ed accessorie, comunque necessarie per rendere l’assistenza fruttuosa ed utile, nel prevalente interesse del disabile avuto di mira dal legislatore. In questo senso rileveranno le attività (e i relativi tempi necessari) finalizzate ad esempio:
- all’acquisto di medicinali,
- al conseguimento delle relative prescrizioni dal medico di famiglia,
- all’acquisto di generi alimentari e di altri prodotti per l’igiene, la cura della persona e il decoro della vita del disabile,
- o infine alla possibile partecipazione di quest’ultimo ad eventi di relazione sociale, sportiva, religiosa etc.
Sotto il qualitativo vanno valutate portata e finalità dell’intervento assistenziale (da parte del dipendente) in favore del familiare disabile, tenuto conto del complessivo contesto, anche relazionale, rispetto ad eventuali strutture sanitarie, pubbliche o private, presso le quali sia necessario espletare accertamenti o effettuare ricoveri.
Posta questa nozione, costituita dalle due componenti (quantitativa e qualitativa), soltanto qualora sia evincibile un abuso – nel senso tecnico-giuridico di “abuso del diritto” – potrà configurarsi un “uso distorto” dei predetti permessi.
Orbene, a prescindere da calcoli più o meno esatti – che si traducano in determinate percentuali riferite al tempo totale pari alla somma del tempo di ciascuna giornata in cui il dipendente ha fruito dei permessi – la prossimità del tempo dedicato all’assistenza almeno alla metà di quello totale, specie se a quella quantità di tempo si aggiungono i tempi necessari di percorrenza dalla propria abitazione a quella del disabile, si è in presenza di un esercizio del diritto che può essere sussunto nella nozione legale di assistenza al familiare disabile. In tal caso va quindi esclusa la sussistenza di una condotta di “abuso del diritto“, contraria ai principi di buona fede e correttezza.
Ne consegue che il c.d. abuso del diritto potrà configurarsi soltanto quando l’assistenza al disabile sia mancata del tutto, oppure sia avvenuta per tempi così irrisori oppure con modalità talmente insignificanti, da far ritenere vanificate le finalità primarie dell’intervento assistenziale voluto dal legislatore (id est la salvaguardia degli interessi del disabile), in vista delle quali viene sacrificato il diritto del datore di lavoro ad ottenere l’adempimento della prestazione lavorativa.
Resta in ogni caso fermo che il datore di lavoro, salvo diverso accordo tra le parti sociali, non può sindacare la scelta dei giorni in cui fruire di tali permessi, rimessa esclusivamente al lavoratore e soggetta solo ad obbligo di comunicazione, né può contestare la prestazione dell’assistenza in orari non integralmente coincidenti con il turno di lavoro, la quale pertanto non costituisce “abuso del diritto” (Cass. ord. n. 26417/2024).
È, inoltre, ammesso (Corte di Cassazione n. 4984 del 2014) il diritto del datore di lavoro di indagare sulle modalità di fruizione dei permessi anche tramite agenzie investigative se sussiste il sospetto di un abuso.
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