Non si è ancora conclusa la lunga requisitoria per il processo Artemisia, scaturito dall’inchiesta condotta dai Carabinieri di Trapani nel 2019, che vede imputati politici, funzionari pubblici e appartenenti alle forze dell’ordine accusati di un sistema di corruzione diffuso. Una vicenda che la redazione di Tp24 sta seguendo sin dal suo sviluppo.
Anche Sabato, per oltre cinque ore, il pubblico ministero Sara Morri ha continuato la sua requisitoria, delineando uno scenario di favori, raccomandazioni e scambi di potere, in cui l’ex deputato regionale di Castelvetrano, Giovanni Lo Sciuto, risultava il fulcro di un’organizzazione che agiva come un vero e proprio “sportello unico” per risolvere problemi personali e politici.
Un sistema costruito sullo scambio di favori
L’accusa ha puntato il dito sui rapporti tra Lo Sciuto e tre poliziotti – Salvatore Passanante, Salvatore Virgilio e Salvatore Giacobbe – oltre che con il coordinatore del servizio di medicina legale dell’INPS di Trapani, Rosario Orlando. Secondo il PM, tra gli imputati esisteva un “patto” di reciproco sostegno, attraverso cui ciascuno si metteva a disposizione degli altri per risolvere questioni di interesse personale o politico. “A prescindere dall’esito delle segnalazioni, la corruzione si consumava già con la sola promessa”, ha dichiarato Morri.
Lo Sciuto, secondo le ricostruzioni, si sarebbe servito di Passanante (in servizio al Commissariato di Castelvetrano), Virgilio (alla DIA di Trapani) e Giacobbe (alla Questura di Palermo) per ottenere informazioni riservate, proteggersi da indagini e garantire vantaggi ai suoi sodali. In cambio, gli agenti avrebbero ricevuto assunzioni di parenti presso enti di formazione come l’Anfe, controllato da Paolo Genco, o agevolazioni per cooperative impegnate nell’accoglienza dei migranti.
L’ex deputato regionale avrebbe persino avuto accesso a informazioni riservate su indagini antimafia, compresi dettagli sugli sforzi per catturare Matteo Messina Denaro. In particolare, il poliziotto Virgilio avrebbe abusato della banca dati delle forze dell’ordine per raccogliere informazioni sensibili, mentre Giacobbe avrebbe rivelato a Lo Sciuto che il suo telefono era sotto controllo, trasmettendo la notizia tramite un altro imputato, Isidoro Calcara.
Lo Sciuto e i contatti politici di alto livello
Secondo l’accusa, Lo Sciuto poteva contare su contatti influenti a livello regionale e nazionale, in particolare nell’entourage dell’allora ministro Angelino Alfano. L’ex presidente dell’ARS, Francesco Cascio, avrebbe confermato a Lo Sciuto di essere a conoscenza di un’indagine nei suoi confronti già da mesi, rivelazione che l’ex deputato non prese bene: “Quel minc…ia lo sapeva e non me lo ha detto”, si lamentava intercettato.
Un altro tassello chiave del sistema era il medico Rosario Orlando, che avrebbe gestito pratiche per il riconoscimento delle invalidità presso l’INPS di Trapani in cambio di favori e supporto elettorale. Orlando avrebbe chiesto a Lo Sciuto una borsa di studio per la figlia presso l’Università di Palermo e un posto nei Beni Culturali, favori per i quali l’ex deputato si sarebbe mosso contattando l’allora rettore Roberto Lagalla e ambienti ministeriali a Roma, con il coinvolgimento del capo di gabinetto di Alfano, Giovannantonio Macchiarola, e dell’ex sottosegretaria Dorina Bianchi.
La prima parte della requisitoria del pubblico ministero Sara Morri, durata invece sei ore, aveva cominciato a delinerare lo scenario inquietante attorno al sistema di potere dell’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto, descritto dall’accusa come un politico con una “spiccata attitudine al crimine”, capace di costruire un cerchio magico in grado di influenzare nomine, appalti, finanziamenti e persino le indagini giudiziarie. “Appena uno ha un problema, gli altri si adoperano a risolverlo senza remore, tutti a disposizione dell’altro”, ha sottolineato il PM Morri, evidenziando una sorta di fratellanza, molto simile a quella massonica.
Il controllo sui finanziamenti e la formazione professionale
Uno degli aspetti centrali della requisitoria ha riguardato il settore della formazione professionale, attraverso cui Lo Sciuto e il suo gruppo avrebbero esercitato il controllo sui finanziamenti pubblici. L’ANFE di Paolo Genco sarebbe stata al centro di un sistema di spartizione di fondi, con assunzioni pilotate e favori concessi in cambio di sostegno elettorale.
Il PM ha ricordato episodi emblematici, come il caso dell’allora assessore regionale alla Formazione, Bruno Marziano, che avrebbe subito pressioni e minacce per rifare daccapo la procedura di assegnazione dei fondi. “Scateneremo l’inferno”, avrebbero detto Lo Sciuto e Genco per costringerlo a rivedere la ripartizione delle risorse.
Un altro episodio ha riguardato la preside Loana Giacalone, che avrebbe subito intimidazioni per non aver concesso aule scolastiche per un corso dell’ANFE.
Le interferenze nelle indagini e il legame con Messina Denaro
Il quadro descritto dal PM Morri si inserisce in un contesto di potere politico spregiudicato che si muoveva nel territorio di Castelvetrano, storica roccaforte del boss Matteo Messina Denaro, poi arrestato nel 2023.
La massoneria segreta e il ruolo di Gaspare Magro
Un altro punto chiave della requisitoria ha riguardato i legami con la massoneria segreta, tema che sarà approfondito nella prossima udienza. Un esempio citato è quello di Gaspare Magro, commercialista e finanziatore delle campagne elettorali di Lo Sciuto, che quando fu nominato nel collegio dei revisori dei conti dell’ASP di Trapani, decise di sospendere la sua appartenenza alla loggia massonica.
Lo Sciuto gli rispose con un commento eloquente: “Hai fatto bene, dinanzi ai teoremi e sospetti che la magistratura alimenta”, chiudendo la conversazione con un saluto tra “Fratelli”.
Un sistema basato su corruzione e clientelismo
Il PM ha descritto un sistema che non premiava la meritocrazia, ma funzionava attraverso favori e raccomandazioni in cambio di consenso elettorale. Il territorio veniva gestito con logiche clientelari, dove la pubblica amministrazione non rispondeva a criteri di trasparenza, ma alle esigenze di un cerchio ristretto di persone legate tra loro da interessi personali.
L’ipotesi della massoneria segreta
Nella prossima udienza, fissata per il 28 febbraio, il PM affronterà il capitolo della presunta loggia massonica segreta che, secondo l’accusa, operava a Castelvetrano sotto la guida di Lo Sciuto. Sette degli imputati sono accusati di aver violato la legge Anselmi, che vieta le associazioni segrete.
L’inchiesta ha svelato come il gruppo di potere attorno a Lo Sciuto fosse capace di controllare nomine pubbliche, garantire favori e influenzare le decisioni amministrative. Un sistema basato su corruzione, clientelismo e infiltrazioni nelle istituzioni, che l’accusa sta cercando di smantellare pezzo per pezzo.
Ora, con la conclusione della requisitoria attesa per il 28 febbraio, il Tribunale di Trapani si prepara alle richieste di condanna della pubblica accusa, che si preannunciano pesanti.
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