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Per risolvere il problema della sostenibilità delle pensioni sul lungo periodo è necessario «investire sui giovani e sull’istruzione» perché così «si sostiene la crescita e l’occupazione».
Ne è convinto Ludovico Carrino, professore associato di Economia pubblica all’Università di Trieste e visiting professor al Kings College London, specializzato in Economics of Ageing, l’economia dell’invecchiamento, una branca dell’economia che parte dall’assunto che «l’invecchiamento è parte della vita» e studia i contratti tra «le persone che invecchiano e le generazioni più giovani», e dunque le pensioni, l’impatto del lavoro di cura per i cari non autosufficienti, le assicurazioni sanitarie e molto altro ancora.
Professor Carrino, in Triveneto si va in pensione prima: perché il fenomeno del lavoro in nero è meno diffuso o perché il mercato del lavoro non richiede lunghi periodi di studio?
«Il motivo è che hanno iniziato a lavorare prima e hanno raccolto i contributi necessari per uscire prima con una pensione di anzianità. Le motivazioni indicate sono entrambe plausibili. Ma c’è un’altra statistica interessante che riguarda l’età effettiva dell’uscita dal mondo del lavoro, grazie ad assegni di disabilità o altri tipi di programmi: nel 2022 di 62 anni per le donne e 63 per gli uomini, mentre l’età della pensione è molto più alta. È un problema per molti Paesi. Siamo un Paese che continua ad avere una spesa pensionistica in crescita, perché ha avuto un sistema molto – forse troppo – generoso nei decenni scorsi. Ma tutta questa generosità non è gratuita. Questi soldi vengono risparmiati da altre parti…».
«Un esempio è la spesa per l’istruzione. Nel rapporto Istat 2023 “La situazione del Paese” sono messe fianco a fianco la spesa pubblica per i giovani (cioè sull’istruzione), la spesa per la protezione sociale totale e quella per i minori. Si evince che l’Italia è molto generosa in materia di pensioni, molto meno per giovani e famiglie. Una cosa che è un problema sul lungo termine anche per le pensioni…».
«Se la sostenibilità del sistema previdenziale si può costruire nei prossimi 5 anni con piccoli ritocchi per l’età pensionabile aggiustandola sulla base della speranza di vita o incentivando a rimanere più a lungo le persone sul mercato del lavoro, nei prossimi 10-20 anni la soluzione è avere una società in cui più persone, sia donne sia uomini, lavorano di più così che più persone contribuiscano alle pensioni: se innalzassimo il tasso di occupazione sarebbe un enorme aiuto per l’Italia. E questo si può fare rendendo la nostra economia più amica del lavoro. Le generazioni si sovrappongono: se investo oggi sull’istruzione, chi è nato ora tra 20 anni avrà avuto un percorso educativo migliore, avrà più facilità a trovare lavoro, potrà anche dare il via ad aziende innovative che creano grande valore aggiunto… Tutte cose che rendono l’economia più solida in generale».
Ci sono Paesi che possono fare da modello?
«È difficile fare un ragionamento di questo tipo, perché ogni Paese ha le sue specificità. La Germania, ad esempio, spende il 10% del Pil in previdenza, noi il 16%, ma il sistema pensionistico tedesco è meno generoso del nostro e noi abbiamo una popolazione più vecchia. Certo è che investire in istruzione è una cosa sicura: è noto che il capitale umano è un driver fondamentale per guidare la produttività, e tutti i Paesi Ue investono più dell’Italia in istruzione, mentre l’Italia investe di più in pensioni. Non c’è mai stata una riforma che investa di più in istruzione, è uno dei Paesi in cui la percentuale di laureati è più bassa, e manca un sistema di alta formazione tecnica, che sta iniziando ora a strutturarsi con gli Its».
Servirà ridurre ancora la generosità del sistema?
«Guardando adesso al tasso di sostituzione (il rapporto tra l’ammontare della pensione e dell’ultimo stipendio) che è un indicatore della generosità del sistema pensionistico, con le nuove regole di oggi – con il contributivo puro – non è alto. Nei successivi decenni scenderà la spesa del sistema come effetto della riforma. Ora va rafforzata l’occupazione, e questo si fa dando la possibilità di scelta alle persone con istruzione di qualità, è difficile farlo con decreto. Certo è consigliabile per chi avrà una pensione interamente costruita con il sistema contributivo pensare a una pensione integrativa, senza essere miopi. D’altro canto, il sistema di welfare è stato progettato più di 50 anni fa, non possiamo dare per scontato che rimarrà uguale».
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