nuove rotte, nuovi crimini, nuove minacce”

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Trump, Putin, Xi Jinping sono interessati alla zona artica della Groenlandia. È vero che su questi territori esiste anche un interesse da parte delle mafie?

La nuova geopolitica dell’Artico e l’apertura di nuove rotte nella zona marina sono temi sempre più discussi dagli studiosi che si occupano di organizzazioni criminali di matrice transnazionale. A causa dei recenti cambiamenti climatici in atto e dello scioglimento dei ghiacciai, si svilupperanno presto nuove opportunità economiche e strategiche in quella zona di mondo. Queste dinamiche attireranno, senza dubbio alcuno, anche l’interesse di gruppi criminali di stampo mafioso che cercheranno di sfruttare l’economia emergente di quei territori e le nuove rotte per incrementare le loro attività illegali e i conseguenti profitti che ne deriveranno. 

In che modo questi due aspetti da lei citati faranno comodo alle mafie?

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L’analisi criminologica sul campo mi ha portato alla valutazione delle nuove rotte marittime in precedenza impraticabili. La rotta del Mare del Nord (Northern Sea Route) e il passaggio a Nord-Ovest (Northwest Passage) che col tempo stanno diventando sempre più transitabili, riducendo i tempi di navigazione tra Europa, Asia e Nord America. Gli interessi strategici ed economici riguarderanno le mafie di Paesi come Russia, Canada, Stati Uniti, Cina, Giappone, Italia (anche tramite il ruolo strategico della Groenlandia) che faranno affari sfruttando anche le risorse nell’Artico come petrolio, gas naturale, minerali rari e commercio di prodotti ittici. Le faccio due esempi pratici. Un collegamento da Nord, artico, permetterebbe alle mafie russe di aver controllo territoriale sulla gran parte della rotta di collegamento e alle mafie cinesi di evitare i più critici passaggi indo-pacifici, come lo Stretto di Malacca e quello di Taiwan, nonché le strozzature dell’Indo Mediterraneo. Il risparmio in termini economici e di guadagno è evidente. Con mafie che facilmente potrebbero dotarsi di navi attrezzate in grado di compiere il tragitto Oceano Pacifico-Atlantico settentrionale, si risparmierebbero migliaia di chilometri e giorni di navigazione. Per un carico di droga proveniente dall’Asia orientale (Cina, Corea del Sud, Giappone) e diretto nel Nord dell’Europa si arriverebbe a recuperare circa il 40% del tempo con un conseguente aumento delle forniture e quindi dei guadagni.

Perché secondo lei le mafie sarebbero interessate a fare nuovi affari proprio in questi territori?

L’interesse delle grandi organizzazioni criminali è palese poiché sono evidenti nuove opportunità di lucro. La praticabilità delle rotte artiche potrebbe essere sfruttata da gruppi criminali in primis per il traffico internazionale di sostanze stupefacenti (fentanyl compreso), di armi, di esseri e organi umani e altre mercanzie illegali. Queste nuove rotte de facto saranno meno controllate e la vastità della regione renderà più difficile il monitoraggio da parte delle autorità nazionali e sovranazionali. Le moderne organizzazioni mafiose potrebbero, inoltre, cercare di infiltrarsi nei settori economici in crescita nell’Artico, come l’estrazione di risorse naturali, il turismo e le infrastrutture portuali, per riciclare e reinvestire il loro denaro sporco. 

Lei parla di mafie, crede che ci saranno nuove alleanze per spartirsi gli affari in quel territorio ancora in gran parte vergine?

Non è arduo ipotizzare che si creeranno nuovi cartelli transnazionali (alleanze tra mafie) per sfruttare le nuove rotte, approfittando proprio delle debolezze dei sistemi di contrasto del tutto inesistenti nei Paesi artici. Non ho difficoltà nel riconoscere che l’Artico sarà terreno fertile per nuove attività illecite da parte delle mafie. In audizione presso il Parlamento europeo circa un anno fa dissi con grande anticipo su tanti che occorreva intensificare nell’immediato gli sforzi per monitorare e sorvegliare le rotte artiche, anche attraverso l’uso di nuove tecnologie avanzate come droni e satelliti di ultima generazione. Non fui ascoltato.

Che cosa disse in Parlamento europeo?

Avvertii l’assise europea che la crescita economica nell’Artico avrebbe generato una competizione tra investimenti legittimi e attività criminali, con future conseguenze anche per la stabilità della regione. Rilevai l’esigenza di bilanciare lo sviluppo economico con la sicurezza e la protezione ambientale, contrastando anche le infiltrazioni criminali da parte delle ecomafie. L’Artico sta diventando un nuovo fronte geopolitico ed economico, ma sarà anche terreno di azione per le mafie e il crimine organizzato di nuova generazione. 

A proposito di ecomafie, pensa che quei territori possano essere utilizzati in parte anche per commettere crimini ambientali?

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I reati ambientali sono una delle maggiori minacce non solo per gli ecosistemi e le specie protette, ma anche per l’economia e la società. Le stime dell’Interpol e di UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) hanno registrato un aumento del 5% di questi crimini nel triennio 2020-2023. I giacimenti di oro, petrolio, piombo, zinco, rame, terre rare, giacenti da secoli nel sottosuolo artico scateneranno gli appetiti delle superpotenze e delle multinazionali e le mafie saranno presenti per prendersi una fetta della “torta”. La loro presenza sarà finalizzata anche alla fase dello smaltimento degli scarti di queste materie prime. Non sono solo affare di mafia ma rispondono all’interesse di molteplici attori. Ci sarà l’imprenditore spietato che punterà a smaltire tali scarti illegalmente per pagare meno tasse, ci saranno le amministrazioni costrette a lavorare in costante emergenza, ci saranno i politici desiderosi di guadagnare consensi elettorali, e poi ci sono le mafie che tireranno le somme. Le organizzazioni criminali sfrutteranno questo contesto per infiltrarsi nella gestione degli scarti pericolosi facendo grandi affari in termini economici. 

Veniamo alla parte preventiva e repressiva. Cosa si può fare per evitare che quanto finora ha detto accada?

La cooperazione internazionale e un approccio ben strutturato alla sicurezza saranno fondamentali per gestire queste nuove sfide. Sarà necessario tenere in considerazione i legami della criminalità organizzata con la politica (corruzione) e le sue infiltrazioni nell’economia legale (riciclaggio). Gli strumenti del diritto penale di fonte internazionale dovrebbero essere maggiormente orientati alle profonde interconnessioni esistenti tra la criminalità organizzata, l’economia, la finanza e la politica, il che quando sono coinvolte grandi superpotenze diventa più difficile ad attuarsi. Bisognerebbe rafforzare anche il sistema delle misure preventive antiriciclaggio e anticorruzione sul piano internazionale e potenziare le capacità di risposta delle istituzioni internazionali nei confronti del crimine organizzato transnazionale. Le lacune delle politiche internazionali nel contrasto al crimine organizzato transnazionale sono ancora tante e bisognerà colmarle al più presto se non si vuol perdere la guerra contro queste nuove mafie.

Vincenzo Musacchio, criminologo, docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro ordinario dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni Ottanta. È tra i più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali. Esperto di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.

 



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